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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONS. FAUSTINO SAINZ MUÑOZ

OMELIA DEL CARDINALE AGOSTINO CASAROLI*

Domenica, 18 dicembre 1988 


 
 
«L'anima mia magnifica il Signore!»

Il grido di esultanza, uscito dal petto della Vergine Maria sulle alture di Giudea, continua a ripercuotersi nei secoli, nei posti più dissiti della terra. Le pianure, le valli, le montagne di ogni Continente ne ripetono l'eco; genti di ogni origine e di ogni lingua lo fanno proprio e continuano ad innalzano ogni giorno al cielo.

Tutti i cristiani, con partecipazione di figli, si allietano senza stancarsi con Maria, prestando la loro voce alla gioiosa meraviglia dell'umile fanciulla di Nazareth, innalzata alla gloria di Madre di Dio.

Davvero profetica è stata la previsione di Maria: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata».

Beata la chiama oggi la Chiesa, all'approssimarsi della commemorazione del mistero della nascita del Signore, e con lei ripete: «L'anima mia magnifica il Signore … Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente: santo è il suo nome!».

2. «Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente”.
Ogniqualvolta il cristiano è oggetto anche lui di qualche straordinario segno della benevolenza di Dio, queste parole gli vengono spontaneamente alle labbra; e il cantico di ringraziamento della Madre si trasforma, con un passaggio quasi naturale, nell'inno di riconoscenza dei figli.

La nostra anima magnifica oggi il Signore per il grande dono che il Signore ha fatto ad un figlio di questa terra, e in lui alla Chiesa, chiamandolo all'onore e all'onere dell'episcopato, per prestare i suoi servizi a colui che della Chiesa è il primo servitore, il Papa.

Stretti attorno a Mons. Faustino Sainz Muñoz, nel momento solenne nel quale lo Spirito sta per scendere su di lui e trasformarlo con la sua Grazia in sommo Sacerdote del Nuovo Testamento, esultano insieme la comunità diocesana dal cui seno è uscito, con il suo Pastore, l'Em.mo Cardinale Angel Suquia Goicoechea, esultano i suoi familiari, in particolare i suoi venerandi genitori, ed i suoi compagni ed amici, in rappresentanza anche di quelli che, tanto numerosi, si è conquistati durante il suo pellegrinare nel Senegal, nelle Nazioni scandinave, infine a Roma e nei Paesi che di qui ha visitato, per ragione del suo servizio, delicato e importante, alla Santa Sede. Esulta la Spagna che, fedele nei secoli alla Cattedra di Pietro, fiera, giustamente, di offrire ancora una volta al suo ministero universale un frutto eletto del quasi bimillenario albero della vita cristiana nella antica Iberia.

Ed a questa esultanza non è estranea la Chiesa di Cuba, le cui radici affondano nel terreno fertile e generoso del cristianesimo spagnolo ed alla quale è ora mandato, come Rappresentante Pontificio, un figlio della amica Spagna.

Esulta la Chiesa Cattolica, sparsa su tutta la terra, e con essa la Sede Apostolica. Quella è arricchita di un nuovo Vescovo, questa acquista un nuovo Collaboratore qualificato e responsabile.

3. Un Vescovo. Un Rappresentante Pontificio.

Oltre alla festa per un fratello di fede a noi tutti, per diversi titoli, caro ed amico, noi celebriamo oggi qui, nella sua persona, la apostolicità e l'unità della Chiesa Cattolica, eretta sul fondamento degli apostoli e dei profeti e che ha come pietra angolare Gesù, il Cristo.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II (cfr Lumen Gentium, 19) ci ricorda come Gesù elesse dodici uomini, che Egli chiamò «apostoli», cioè «inviati»: perché - precisò - «come il Padre ha inviato me, io invio voi»

Un gruppo unito attorno al Signore, distinto, nella sua inconfondibile individualità, dagli altri discepoli. Molti, fra questi, furono talvolta inviati anch'essi da Gesù, come i 72 dei quali parla ma solo essi, i dodici, erano gli inviati, gli Apostoli.

Essi sono i testimoni costanti della sua vita e della sua parola, i depositari del suo insegnamento, i confidenti dei suoi nascosti disegni: «A voi è dato di conoscere i misteri del Regno di Dio, che agli altri è proposto in oscure parabole, sicché pur vedendo non vedano . . .»

Essi i portavoce della sua dottrina: «Chi ascolta voi ascolta me».

Ad essi, alla vigilia della sua Passione, Gesù confida il mandato, esteso poi ai sacerdoti loro collaboratori, di perpetuare il memoriale perenne del suo Sacrificio redentore, come più tardi il potere di rimettere i peccati.

Ad essi, infine, assegna il compito di conquistare il mondo. Lui, che aveva affermato «Non sono stato inviato se non alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24) e che, durante la sua vita aveva raccomandato ai suoi di non andare fra i pagani (cfr Mt 10,5), prima di lasciarli per salire al cielo, affida loro l'incredibile missione: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mt 16,15). «Fate mie discepole tutte le Nazioni».

4. Che dite mai, Signore?

Come potrà questo pugno di Galilei, incolti e spauriti, lasciare i limitati orizzonti della loro terra e lanciarsi per il mondo in un'avventura insensata?

Non conoscete voi la distesa dei deserti, la superbia delle montagne, l’immensità dei mari che dovranno attraversare? La diversità delle genti da affrontare e la molteplicità dei loro linguaggi? Non vi date conto delle resistenze di culture, altezzose come quelle della Grecia e di Roma, o quelle rozze e feroci delle tribù barbariche che assediano i confini dell'Impero dei Cesari? E che dire dei Paesi ancora sconosciuti, che la loro audacia apostolica dovrebbe scoprire e aprire al vostro Vangelo?

Certo voi li rassicurate: «Sarete rivestiti di potenza dall'alto» (Lc 24,49), «dallo Spirito Santo che scenderà su di voi» (At 1,8). Ma potrà questa forza rendere i loro anni sufficienti alla impresa che voi chiedete loro, di essere, cioè, i vostri testimoni «sino agli estremi confini della terra» (At 1,8)?

5. Gli Apostoli hanno però compreso bene il senso delle parole del Signore. E sanno che, quando Gesù assicura: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo» (Mt 28,20), non è alle loro sole persone che Egli pensa, ma a tutti coloro che essi avrebbero avuto come successori nel mandato apostolico, «sino alla fine del mondo».

Questi sono i Vescovi.

Il piccolo gruppo iniziale si è progressivamente ingigantito, nello spazio e nel tempo: tale un albero vigoroso che à andato man mano coprendo sempre più ampiamente della sua ombra - e arricchendo dei suoi frutti - la faccia della terra.

Ma l'unica, comune radice resta quella apostolica. Da essa continua a sgorgare la linfa vitale che fa dei Vescovi – riuniti in un unico corpo o collegio, in modo analogo a quello personalmente costituito da Gesù con i dodici Apostoli da Lui prescelti – i Pastori della Chiesa di Cristo.

La «successione apostolica» – criterio fondamentale per giudicare della legittimità di questo titolo – non è soltanto un fatto giuridico. Non si tratta, cioè, soltanto di un passaggio di poteri operato legalmente per assicurare il governo legittimo dell’istituzione ecclesiastica. Si tratta piuttosto della trasmissione, da una generazione di Vescovi all'altra, del mandato di «pascere il gregge di Dio», in nome e con l'autorità di Cristo stesso, mediante il conferimento di quella «potenza dall'alto», di quella speciale effusione dello Spirito, che era stata assicurata agli apostoli e fu poi loro concessa il giorno di Pentecoste.

L'imposizione delle mani, mediante la quale, insieme con l'orazione consacratoria, tale trasmissione viene effettuata non è un semplice rito simbolico. Si tratta invece di un Sacramento, ossia un dono di Grazia, che segna indelebilmente del suo carattere l'animo di chi lo riceve e gli dà la garanzia degli aiuti necessari per l'esercizio della sublime missione che gli viene in quel momento affidata da Dio stesso, tramite la Chiesa: di essere cioè, nel popolo di Dio, ministro di santificazione, maestro, guida.

6. Molti sono i Vescovi della Chiesa. Molti e differenti i popoli fra i quali svolgono il loro ministero. A ciascuno di essi l'unico Vangelo è annunciato nella propria lingua: il prodigio della Pentecoste si ripete e si rinnova. E con la diversità delle lingue, la diversità delle culture, delle tradizioni, delle affinità storiche, geografiche, spirituali, che danno al volto della Chiesa una ricchezza di forme e di espressioni che, come in una sinfonia di voci, celebrano l'unico Mistero della nostra Redenzione.

Però il contatto, nel corso dei secoli e nell'ampiezza degli spazi, con differenti sistemi di pensiero e di vita avrebbe potuto e potrebbe dar luogo a forme o a tentativi di simbiosi che mettono in pericolo la genuinità e l'unità della fede e della comunione che fa della nostra Chiesa, non un mosaico, o una federazione, di Comunità di credenti in Cristo, ma l'unica Chiesa di Cristo: la sua Chiesa, come Egli l'ha chiamata.

A questa unità devono vegliare in modo speciale i Vescovi sparsi nell'Orbe, individualmente e nelle antiche o nuove forme di cooperazione collegiale.

Ma Cristo l'ha voluta ancora più saldamente assicurare: non solo mediante l'unità dello spirito che tutta la Chiesa pervade come l'anima il Corpo, ma dandole, Lui, il vero ma invisibile Capo di questo Corpo, un suo Vicario, quale visibile operatore e fondamento di unione.

Che altro ha inteso significare con quella solenne arcana promessa rivolta a Simone, figlio di Giovanni, il primo degli Apostoli: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 18,26)? Una pietra, una Chiesa.

E a lui, prima di lasciare questa terra, dopo avergli chiesto una triplice professione di amore, lascerà il mandato: «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle» (cfr Gv 21, 15-17). Fedeli e pastori siano ugualmente oggetto delle tue sollecitudini. Per questo ti ho domandato se mi ami, se mi ami più degli altri miei Apostoli: sia prova del tuo amore pascere il grande gregge di Cristo.

Pascere nell'amore. Pascere nella verità: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22, 31-32). Ancor oggi continua la preghiera del Signore per Pietro

Roccia Supremo Pastore. Garante della fede dei suoi fratelli. Questo è Pietro, il Papa.

Senza di lui la Chiesa di Cristo non sarebbe la sua Chiesa.

In lui e con lui tutti, Pastori e fedeli, compongono quella grande comunità che è il popolo di Dio, il mistico corpo di Cristo, pellegrinante verso il cielo, ma che tanto ha da fare anche al servizio dell'umanità nella sua vita terrena.

7. Ed è qui che si trova il significato, la missione, la giustificazione, se si vuole, dei Rappresentanti che il Sommo Pontefice invia nelle varie parti del mondo: presso le Chiese, innanzitutto, e, in numero che è andato sempre crescendo, presso le società civili corrispondenti.

I Rappresentanti Pontifici - Delegati o Nunzi Apostolici che siano - non sostituiscono il Papa, ma, come dice il loro stesso nome sono incaricati di renderlo in qualche modo presente nei vari Paesi.

Sono tramite di comunione: non l'unico, è vero, ma particolarmente importante per rendere più continuo e completo il rapporto vitale fra il Supremo Pastore e le Chiese particolari nella ricerca dell'unità di pensiero, di intenti e di azione nella Chiesa.

Certo, oggi, tanti mezzi rendono possibile un contatto diretto più frequente fra il capo e i membri della grande famiglia cattolica. I viaggi verso la Sede di Pietro divengono sempre più facili e rapidi; e il Papa moltiplica le sue visite anche nei Paesi più lontani da Roma. Ma tutto ciò non basta ad assicurare un dialogo che deve penetrare nel fondo dei problemi della Chiesa nelle diverse parti del mondo.

Come San Paolo, il Vicario di Cristo può giustamente parlare della sua preoccupazione quotidiana, la sollecitudine per tutte le Chiese e per tutta la Chiesa.

Essa, d'altra parte, nulla toglie all'esercizio dell'autorità e delle responsabilità che, per diritto divino, spettano ai Vescovi nella propria diocesi e, per diritto ecclesiastico, alle Conferenze e alle altre Assemblee territoriali dei Pastori.

I Rappresentanti Pontifici, senza per nulla impedire il fiducioso contatto diretto dei fedeli, dei sacerdoti, delle famiglie religiose e specialmente dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali con il Pastore Supremo, sono al servizio del Papa con la missione di favorire e rendergli praticamente possibile l'esercizio di questa quotidiana sollecitudine, che non può conoscere tempi vuoti e si estende dall'Europa al nuovo Mondo, dalle terre africane alle antiche regioni dell'Asia, alle distese dell'Australia e ai vasti spazi dell'Oceania.

Ovunque vive, prospera o lotta una comunità cattolica, là, se circostanze avverse non lo impediscono, il Papa procura di essere presente, non solo con il suo cuore e la sua preghiera, ma anche attraverso una persona da lui scelta, che sappia condividere il suo amore e le sue sollecitudini: per conoscere nella concreta realtà della vita giornaliera le gioie e le prove, gli sforzi e i buoni risultati o le delusioni, le difficoltà e forse i problemi della Sposa di Cristo nel suo cammino verso il Regno, per manifestare costantemente la sua partecipazione ed essere interprete della sua volontà di sostegno, di incoraggiamento, di incitamento; per essere tramite di un dialogo più continuato e al bisogno, intervenire, con quella suprema autorità che gli à stata conferita per edificare e non per distruggere».

Grande è l'onore che viene così fatto ai Rappresentanti Pontifici. E grande la responsabilità.

Per ben rappresentare il Papa, essi debbono procurare di farne proprio lo spirito: che è spirito di amore e di servizio; aperto alla comprensione e alla collaborazione, responsabilmente coscienzioso e oggettivo nel vedere e nel valutare, fraterno verso i confratelli nell'episcopato, animato di profonda stima ed affetto per il popolo e il Paese nel quale sono inviati, per la sua storia, per i suoi valori culturali le sue ricchezze spirituali.

Tutto questo senza dimenticare quello che essi debbono essere e fare per ben rappresentare la Santa Sede come diplomatici accreditati presso i Governi, in Nazioni cristiane o non cristiane, tutte accomunate, al di là degli eventuali problemi bilaterali, nelle preoccupazioni che angustiano oggi l'umanità.

Le doti naturali, la preparazione specifica e l'esperienza sono, certo, di indispensabile aiuto per i Rappresentanti del Sommo Pontefice.

Ma noi, soprattutto pensando ai loro compiti nella Chiesa, siamo consapevoli che il più grande aiuto deve venire loro da quello Spirito che abbiamo or ora invocato e che su loro scende con l'imposizione delle mani.

8. Queste considerazioni si indirizzano, oggi, in modo del tutto personale a te, Fratello, da molti anni stretto collaboratore nel servizio e nel lavoro in un delicatissimo settore e perciò meritevole di tanta maggiore stima e riconoscenza da parte mia.

Il campo che ormai si schiude davanti a te è più limitato nello spazio, ma ad esso dovrai dedicare tutta la ricchezza e la profondità del tuo cuore di Vescovo e di Rappresentante del Vicario di Cristo.

La stella che brilla solitaria sulla bandiera di Cuba ti invita ad affrettarti verso il cielo luminoso delle Antille, alla terra che ne è considerata la perla, ad un popolo al quale ti sarebbe difficile non affezionarti, ad una Chiesa per varie ragioni storiche indebolita, ma ricca di volontà di vivere e di servire.

Ti accompagnano i nostri voti e la nostra preghiera: che rivolgiamo in particolare a Colei che, dal suo Santuario della Carità del Cobre, veglia sulla Chiesa e sull'intero popolo di Cuba.

Al suo patrocinio affidiamo il tuo ministero!


*Archivio dell’Associazione – Centro Studi Card. A. Casaroli, Bedonia.

 

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