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SECONDA COMMISSIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

Punto 12 all'ordine del giorno :
Rapporto del Consiglio economico e sociale : il nuovo ordine economico
 

INTERVENTO DEL Rev. JAMES P. NIECKARZ*  

Mercoledì, 11 dicembre 1974

 

Signor Presidente,

non vi può essere alcun dubbio circa la fondamentale intenzione per una collettiva ricerca da parte dei Membri di questa Commissione per un nuovo ordine economico. E’ molto semplice instaurare un equilibrio di giustizia e di equità nel mondo economico, il quale oggi è seriamente stravolto, ma che le comuni forze dedite al lavoro nei mercati mondiali non riusciranno a stabilire di comune accordo. Nonostante gli incrementi senza precedenti registrati nel commercio mondiale negli ultimi due decenni, nonostante il rapido aumento della produzione mondiale di merci e servizi, lo squilibrio fondamentale largamente ereditato dal periodo coloniale rimane invariato.

Nel proporre che siano adottate specifiche misure per migliorare le condizioni dei Paesi sottosviluppati, le risoluzioni adottate nella 6a Sessione speciale dell’Assemblea Generale dell’Aprile scorso riguardanti l’istituzione di un nuovo ordine economico sono particolarmente adatte all’economia mondiale molte delle iniziative già adottate nell’ambito delle economie locali in via di sviluppo e perfino in quelle che non lo sono, differenze inaccettabili tra ricchezze e disponibilità dei cittadini. Il nuovo «ordine economico» è in essenza uno sforzo sostenuto e razionale di far fruire all’intera società quelle istituzioni di giustizia che noi accettiamo nell’ambito delle nazioni. Ugualmente il diritto degli stati sviluppati ad una più larga partecipazione nella decisione di istituire società internazionali, riflette unitamente il principio legittimo che quelli che subiscono le conseguenze delle decisioni dovrebbero dire qualcosa in proposito. In breve non stiamo proponendo nulla di nuovo, semplicemente tentiamo che i princìpii di giustizia sociale siano ora applicati alla vasta società mondiale.

Ma dobbiamo riconoscere, mentre ci accingiamo a discutere sui princìpii e sulle strutture di lavoro basate su un ordine nuovo, che l’ostacolo principale al progresso, non è tanto la generalità delle idee, benché siano ancora piuttosto astratte, né l’opposizione a mutarle, che tende però ad essere invariabile tra coloro i quali traggono maggiori profitti dalle situazioni attuali. L’ostacolo maggiore per un’azione fattiva ora - od anche per una fruttuosa discussione su possibili iniziative - è la precarietà della situazione mondiale e lo stato in cui le nostre attuali condizioni di instabilità economica premono assai pesantemente sui paesi sottosviluppati, specialmente per ciò che riguarda il problema della fame.

Così l’interrogativo che si pone oggi all’Assemblea per instaurare un nuovo ordine economico è molto semplice; intraprendere il primo passo essenziale per la sua creazione - e questo passo garantisca che i fondi necessari per affrontare la crisi attuale siano reperibili e siano devoluti in tempo per essere distribuiti a coloro i quali sono maggiormente provati. Se non si realizzerà questo fondamentale atto di solidarietà, i passi rivolti verso un ordine più equilibrato, procederanno verso una prospettiva di una paurosa crisi economica ed agitazione sociale.

E’ questo risultato infatti, che desiderano i governanti ed i politici. Il primo passo per instaurare un nuovo ordine deve essere quello di non far morire di fame le popolazioni – inutilmente – nel 1975. Ad una effettiva campagna collettiva per scongiurare questo disastro altri cambiamenti più moderni a lunga scadenza e più importanti devono essere attuati. Un ambizioso programma di investimento nell’agricoltura del Terzo Mondo deve essere varato. Prezzi più stabili devono essere escogitati per sviluppare le materie prime delle nazioni e intraprendere un programma collettivo per facilitare il potere di acquisto di combustibili e di fertilizzanti. Con buona volontà, tali misure possono essere adottate unitamente per svolgere il «Grande Disegno» di nuove relazioni e nuovi sbocchi di investimento e di commercio.

Ma non raggiungeremo queste ottimistiche prospettive se mancheremo di fare il primo passo e non  forniremo del necessario il Segretario Generale con risorse sufficienti per scongiurare il pericolo della fame alle popolazioni mondiali. La carestia non può essere la base di nessun ordine sociale. Giochi politici con milioni di vite umane non sono soltanto pericolosi alla sicurezza e alla pace del mondo, ma sono un insulto morale.

E se siamo impegnati all’idea di un mondo fraterno dove tutti gli uomini e le donne sono fratelli e sorelle appartenenti ad una sola famiglia della terra, ciò richiederà di educare i cittadini dei singoli Paesi alle reali e globali dimensioni dell’attuale problema della fame.

Parlando sull’argomento della fame il Papa Paolo VI disse ai Delegati riunitisi alla Conferenza di Roma (9 Novembre, 1974): «Non si può arrivare a questo punto (di crisi) senza aver commesso gravi errori di orientamento anche se talvolta soltanto per negligenza o omissione. E’ veramente ora di scoprire dove i meccanismi non hanno funzionato, in modo che la situazione possa essere corretta, o piuttosto riordinata completamente».

La Santa Sede si rivolge ai Governi e ai loro Rappresentanti per esercitare il loro potere ed autorità al servizio dei poveri e degli affamati. Se questo non verrà attuato vedremo presto quelle conseguenze irreparabili, che derivano dall’egoismo. La famiglia è minacciata. Perciò la famiglia deve agire in una reciproca solidarietà per fortificare i membri più deboli del suo nucleo in modo da recuperare la sua piena dignità.


*L’Osservatore Romano, 18.12.1974 p.2.

 

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