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INTERVENTO DI MONS. EMANUELE CLARIZIO
ALLA CONFERENZA NAZIONALE SU L'EMIGRAZIONE
ORGANIZZATA DAL GOVERNO ITALIANO
*

Martedì, 25 febbraio 1975
 

 

Signor Presidente, Signori Delegati,

La Delegazione della Santa Sede è molto sensibile all’onore che le è concesso dl presenziare a questa Conferenza nella quale autorevoli e qualificati esponenti del mondo migratorio italiano dibattono con rappresentanti del Governo temi di fondamentale importanza per i milioni di concittadini che all’estero, idealmente e realmente, prolungano i confini della patria.

A questa distinta assemblea non ci sentiamo estranei. E questo sia per le Vostra cordialità, sia per gli antichi e persistenti vincoli che legano la Sede Apostolica all’emigrazione di tutto il mondo, e specialmente a quella italiana.

In verità, le premure della Chiesa si sono rivolte inizialmente ai migranti Italiani, fin dai momenti in cui il fenomeno cominciava a pronunciarsi al tramontare del secolo scorso, con una sollecitudine tradottasi in presenza concreta nelle missioni cattoliche all’estero. Nomi celebri, di pionieri quali il Vescovo di Piacenza, Mons. Giovanni Battista Scalabrini, Mons. Geremia Bonomelli di Cremona, madre Francesca Cabrini, appartengono ormai alla storia dell'emigrazione, nella quale hanno lasciato solchi a voi ben noti nel campo della promozione umana e della elevazione sociale, prima ancora che nel campo della religione.

La Santa Sede ha sostenuto e valorizzato la loro opera, dispiegando essa stessa un'attività intensa e sempre rinnovata, sforzandosi di approntare, nell’ambito che le è proprio, gli strumenti adeguati allo sviluppo ed ai caratteri assunti dall’emigrazione con il passare del tempo.

Voi non ignorate certamente i numerosi interventi susseguitisi periodicamente, dal Sommo Pontefice Leone XIII a Sua Santità Paolo VI, che costituiscono una trattazione sempre più aggiornata e completa dei problemi dell'emigrazione; un vero patrimonio dottrinale, in materia sociale e giuridica, che configura non solo il diritto di emigrare, ma anche il diritto a non dover emigrare, e a ricevere in patria le necessarie fonti di degna sussistenza.

Ne derivano, in primo luogo e fondamentalmente, la tutela e la valorizzazione della dignità umana del migrante, l’esigenza di eque condizioni di lavoro, di alloggio, di protezione e previdenza sociale, di formazione e perfezionamento professionale, e la legittimità delle sue aspirazioni al pieno godimento di diritti civili, sindacali e culturali.

Perché queste enunciazioni non siano soltanto buona e giusta teoria, la Santa Sede si adopera attivamente nelle sedi opportune, perché la concezione umana del fatto migratorio possa tradursi in realtà, e dispiega molto volentieri o con forza di convinzione il suo influsso morale.

Ancor recentemente, nel novembre scorso, la Santa Sede ha partecipato alla conferenza ad hoc sull’educazione dei migranti a Strasburgo, dove è stata sostenuta caldamente l'importanza che siano riconosciuti con strumenti internazionali i diritti alla riunione della famiglia o all’educazione dei figli degli immigrati, secondo le loro oggettive esigenze.

Valga la rievocazione di queste cose a sottolineare la profonda e solidale simpatia della Santa Sede verso l'uomo migrante, quella stessa simpatia che cordialmente sono lieto di esprimere ora alla vostra assemblea, auspicando che dai lavori e dai dibattiti di queste giornate possano scaturire concrete indicazioni coerenti con le aspettative della grande famiglia degli italiani all’estero, tenendo particolarmente presenti le legittime necessità dei lavoratori costretti al ritorno in Patria.

È ovviamente preoccupazione della Sede Apostolica curare che le Chiese locali, in ogni Paese del mondo, nello spirito della universale e cristiana fraternità, siano sempre più fattivamente sensibili agli aneliti di giustizia che mirano a fare dell’emigrazione un fenomeno degno dell’uomo.


*L’Osservatore Romano 26.2.1975 p.1.

 

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