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INTERVENTO DI S.E. MONS. ERNESTO GALLINA,
AL CONSIGLIO ESECUTIVO DELL'UNICEF*

Roma - 27 aprile 2010

 
 
 

Signora Presidente, Signor Direttore, Signore e Signori.

1. Alla Delegazione, che ha l’onore di rappresentare la Santa Sede a questa sessione romana del Consiglio Esecutivo dell’UNICEF, è gradito porgere il saluto rispettoso e cordiale alla gentile Presidente del Consiglio Esecutivo, al simpatico e dinamico Direttore Esecutivo e ai suoi collaboratori, alle Autorità d’Italia che con squisita finezza ci ospitano e a tutti i partecipanti, con un pensiero ugualmente augurale ai rispettivi nobili Paesi di cui qui portano l’immagine e la voce.

Alla Delegazione della Santa Sede è riuscito questa volta molto facile il compito, perché è stato lo stesso Santo Padre a rivolgere un’allocuzione alla distinta Assemblea, nel corso dell’udienza che molto volentieri le ha ieri concesso, accogliendo la richiesta cortesemente rivoltagli. A domanda di molti, abbiamo subito messo a disposizione di tutti il testo del discorso pontificio.

2. Le parole del Santo Padre hanno reso esplicito e chiaro l’impegno di sempre dell’intera Chiesa cattolica, sparsa nei vari Paesi di ogni continente e presente nelle grandi metropoli come nei più piccoli villaggi, a collaborare con tutti gli uomini e con tutte le organizzazioni di buona volontà nella fatica immane e urgente a favore dei bambini del mondo.

D’altra parte, dalla lettura dei documenti e dall’ascolto delle relazioni in questa sessione è apparsa evidente la finalità prioritaria dell’UNICEF di oggi e di domani: salvare ogni giorno la vita di diecine di migliaia di bambini, con l’invenzione, l’adozione e la coordinazione di nuove tecniche e mezzi che sono stati definiti «rivoluzione per la sopravvivenza del bambino».

La salvezza della vita è il cuore del messaggio cristiano. Sono queste rivoluzioni di amore e di vita che il cristianesimo accetta e proclama.

3. Dall’allocuzione del Santo Padre e dalla posizione ora assunta dall’UNICEF sembrano derivare alcune conclusioni che possono aprire la prospettiva meravigliosa di una più fruttuosa collaborazione.

La Chiesa Cattolica e la Santa Sede, suo centro, facendosi anche interpreti delle comuni esigenze morali dell’umanità, trasformano in atto di fede la commozione poetica di fronte al miracolo della vita: come la nascita di un fiore è il segno che un deserto sta diventando un giardino, così la nascita di un bambino è il segno pasquale che sulla morte vince sempre la vita.

Ogni vita è un tesoro. Ogni vita va difesa sin dall’inizio, sin dal concepimento. Occorre una visione profonda della vera natura della persona e un rispetto completo e convinto di quanto ad ogni persona è necessario per il suo sviluppo integrale, da avviarsi sin dai primi anni, nelle sue dimensioni fisiche, psico-sociali, ed etico-spirituali.

Nel rispetto pieno della santità dell’amore e della vita, occorre far convergere gli sforzi di tutti per assicurare la fioritura della vita di ogni piccola creatura umana, senza sconvolgerne le sorgenti, ma facilitandone il corso.

La Chiesa Cattolica ama tanto la vita da non comprendere il diritto di vivere senza il diritto di nascere; così come ama tanto la natura da non accettare il ricorso a mezzi di sopraffazione artificiale per una ragionevole programmazione delle nascite.

La questione del «hild spacing» va posta e risolta nel rispetto delle oggettive esigenze morali e nel rispetto del diritto inalienabile dei genitori a decidere liberamente in conformità con le loro convinzioni religiose e tradizioni culturali.

L’amore della vita e l'amore della natura sono per la Chiesa Cattolica il segreto del suo rispetto per le leggi della vita e per le leggi della natura che trovano la loro prima e più importante applicazione nella costruzione umano-divina della famiglia.

E’ ai genitori e specialmente alle mamme che spetta il contributo fondamentale per la realizzazione di qualsiasi programma a favore dei bambini. E bisogna formarli ed aiutarli perché possano dare questo contributo.

4. Non da ieri la Chiesa Cattolica svolge la sua missione in tanti Paesi dove i problemi sono più penosi e drammatici che altrove. Pensiamo in modo speciale a tanti Paesi della nostra cara Africa. Per alcuni di questi Paesi, più crudelmente colpiti dalle avversità climatiche e di altro genere, è stata recentemente creata dalla Santa Sede un’apposita Fondazione di soccorso: la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel.

Abbiamo centinaia di migliaia di donne e uomini che della loro vocazione religiosa hanno fatto il sogno della loro vita. E dappertutto essi, con le chiese, costruiscono scuole e dispensari: per educare alla vita, per curare la vita, per elevare la vita.

E’ il contributo più grande della Chiesa Cattolica alla causa dello sviluppo. E se lo sviluppo è il nuovo nome della pace, queste donne e questi uomini sono gli artefici della pace, sono gli eroi della nuova storia.

Il Direttore Esecutivo, nella sua relazione iniziale del primo giorno; ha parlato di volontari religiosi che sono già sul posto e la cui opera preziosa può essere integrata nel quadro dell’UNICEF, valorizzando in pieno il contributo di tutte le istituzioni — piccole e grandi — già operanti in seno alle varie comunità umane con la ricchezza della loro esperienza e della loro passione.

La Chiesa Cattolica, avvalendosi della sua esperienza e della sua passione bimillenaria offre queste donne e questi uomini suoi, queste sue istituzioni, anche alle nuove esperienze dell’UNICEF e vi dice: collaborate con loro, accettate la loro collaborazione, per la causa della vita dei bambini perché essi sono lì, sono dappertutto per la vita e non per la morte.

Oggi più che mai sta suonando l’ora di una mobilitazione generale per la vita.

A questi appelli la Chiesa Cattolica, e per se stessa la Santa Sede, hanno sempre risposto e continueranno sempre a rispondere presentandosi in prima linea.

Stringiamoci le mani, nel reciproco rispetto, al di sopra di ogni frontiera e di ogni divergenza.

Salvare la vita di un bambino, assicurare il sorriso di un bambino vale più di qualsiasi vittoria, perché è la vittoria più grande, perché è la sola vittoria.


*L'Osservatore Romano 30.5.1984 p.6.

 

 

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