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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA III CONFERENZA
DEI MINISTRI EUROPEI RESPONSABILI DELLO SPORT

INTERVENTO DI MONS. ANTONIO INNOCENTI*

Palma de Maiorca, 9 avril 1981


Signor Presidente,

Mi associo di tutto cuore a quanto hanno detto gli oratori che mi hanno preceduto, per quel che riguarda la Sua elezione e la magnifica organizzazione di questa Conferenza.

A nome della Santa Sede esprimo la mia gratitudine per la cordiale accoglienza che ci è stata offerta e per la possibilità che ci è data di portare ora il contributo di alcune idee intorno al punto 21, al quale la Santa Sede sente di dovere prestare una speciale attenzione.

Senza entrare nel merito di questioni tecniche, già ampiamente trattate, mi riferirò in generale alla persona umana – soprattutto alla donna – e alla famiglia.

1. Quanto alla persona umana, non solo si può dire che essa ha un corpo, ma anche che «è» un corpo. Per questo, lo sport va considerato – soprattutto nell'età dello sviluppo – come espressione di tutta la persona, in quanto parte costitutiva di questa importante tappa della sua evoluzione come essere totale. Se ne deduce che, nel promuovere lo sport per la donna, conviene non perdere mai di vista quello che la caratterizza come tale. Senza dubbio è indispensabile superare ogni discriminazione di tipo sessuale. Questo non deve d'altra parte significare la negazione, bensì piuttosto l'affermazione del «femminile» anche nello sport e attraverso lo sport.

2. Lo sport in gruppi misti non deve dunque mai condurre a una perdita della femminilità, con il pretesto di cercare uno sport «non sessualizzato». Deve invece favorire l'autoaffermazione del «femminino», in quanto reciprocità con il «mascolino». Particolarmente durante la pubertà uno sport che non sia orientato in questa prospettiva correrebbe il rischio di nuove discriminazioni di fatto, data la situazione particolare in cui si trovano le ragazze in confronto coni ragazzi per quanto riguarda la correlazione tra «rendimento » e «risultati».

3. E' dunque più che opportuno il riferimento alla pubertà come periodo che richiede particolare attenzione. Esso significa che si deve porre particolare cura e impegno affinché lo sport – precisamente in questo periodo decisivo – sia orientato allo sviluppo armonico di tutta la persona. Ogni manipolazione che tenda a forzare il ritmo o a influire indebitamente sul tempo dello sviluppo allo scopo di ottenere determinati risultati, non può considerarsi autenticamente sportiva.

4. In questo contesto, limitarsi a dire che le giovani debbono essere aiutate a superare il conflitto che potrebbe sorgere tra la loro identità femminile, e la loro «identità sportiva» sembra inadeguato e risente di una visione dello sport che non rispetta la realtà dell'adolescenza per la quale lo sport deve essere soprattutto un gioco. L'«identità sportiva» ha da essere considerata in funzione della «identità personale» integrale, ossia, dell’identità femminile concreta del giovane.

5. Il riferimento che si fa alla famiglia meriterebbe uno sviluppo più ampio non solo nel senso della adeguata informazione sulla pubertà, ma anche per tutto quel che riguarda la stessa attività sportiva delle adolescenti. Sebbene la famiglia non possa essere quella che costruisce e organizza le strutture sportive, si rende indispensabile il suo intervento in quelle distinte forme che meglio corrispondono alle diverse situazioni, se si vuole che le adolescenti pratichino in modo veramente personale lo sport.

6. Nel parlare di sport delle adolescenti, non si devono assolutamente trascurare i valori di comunicazione d’incontro e di aspetto festivo che devono caratterizzarlo. Quando questi valori sono realmente presenti diventa più facile evitare l'errore di uno sport nel quale l'aspetto competitivo dei risultati fa la parte del leone lasciando in secondo piano la stessa realtà personale di coloro che lo praticano.

Signore e Signori, come si è potuto constatare, ho limitato il mio intervento alla donna, agli adolescenti, alle famiglie. Intendo riferirmi a tutte le famiglie, quelle della campagna e quelle delle grandi città; ma specialmente quelle degli emigranti o quelle che abbiano nel loro seno membri emarginati o invalidi. Tutti gli uomini, infatti, hanno uguali diritti anche in questo campo dello sport, tanto decisivo nella tappa della crescita e dello sviluppo della personalità.


*L'Osservatore Romano 13.6.1981 p.2.

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Mgr Antonio INNOCENTI

Intervention à la 3e Conférence des ministres européens des Sports**

Palma de Majorca, 9 avril 1981

 

 

Without going into technical questions which already have been amply dealt with, I will refer in general to the human person – woman particularly – and to the family

1. As for the human person, not only can it be said that he "has» a body, but also that he "is» a body. For this reason, sport must be considered – particularly in the age of development – as an expression of the whole person since it is a constituent part of the important stage of his evolution as a complete being. It can be deduced that, in promoting sport for woman, it is opportune never to lose sight of what characterizes her as such. Unquestionably, it is indispensable to overcome all discrimination based on sex. On the other hand this must not mean the negation, but rather the affirmation of "femininity'' also in sport and through sport.

2. Sport in mixed groups, therefore, must never lead to a loss of femininity, on the pretext of seeking “non-sexualized" sport. It must on the contrary promote the self‑affirmation of the "feminine" since it is reciprocity with the "masculine". Especially during puberty, a sport that is not geared to this perspective would run the risk of new discriminations in actual fact, in view of the particular situation of girls compared with boys with regard to the correlation between "performance" and results ".

3. It is more than opportune, therefore, to refer to puberty as the period that requires particular attention. It means that particular care and commitment must be shown so that sport – precisely in this decisive period – may be geared to the harmonious development of the whole person. All manipulation that tends to force the rhythm or to have undue influence on the time of development in order to obtain determined results, cannot be considered truly sportsmanlike.

4. In this context, to limit oneself to saying that girls must be helped to overcome the conflict that might arise between their feminine identity and their «athletic identity» seems inadequate and suffers from a view of sport that does not respect the reality of adolescence, for which sport must be above all a game. The "athletic identity" has to be considered in terms of the complete "personal identity” that is, the concrete feminine identity of the young person.

5. The reference to the family would deserve a more ample development, not only in the sense of adequate information on puberty, but also for everything that regards girls' sporting activity itself. Although the family cannot be the one that constructs and organizes sporting structures, its intervention is indispensable in those distinct forms that better correspond to the various situations, if it is desired that adolescent girls should practise sport in a truly personal way.

6. Speaking of sport for girls, the values of communication, meeting and festive aspect that must characterize it, absolutely must not be neglected. When these values are really present, it becomes easier to avoid the error of a sport in which the competitive aspect of results has the lion's share, relegating to the background the very personal reality of those who practice it.

Ladies and Gentlemen, as you have been able to note, I have confined my intervention to woman, girls and families. I intend to refer to all families, those in the country and those in the large cities – but especially those of emigrants or those who have in their midst underprivileged or disabled members. All men, in fact, have equal rights even in this field of sport, which is so decisive in the stage of growth and the development of the personality.


**L'Osservatore Romano. Weekly Edition in English n.27 p.7.

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Mgr Antonio INNOCENTI

Intervention à la 3e Conférence des ministres européens des Sports***

Palma de Majorca, 9 avril 1981

 

 


Señor presidente:

Me adhiero de todo corazón a cuanto han dicho los oradores que me han precedido, con referencia a su elección y a la magnífica organización de esta Conferencia.

Agradezco en nombre de la Santa Sede la cordial acogida que se nos ha dispensado y la posibilidad de aportar ahora algunas ideas en torno al tema segundo, al que la Santa Sede quiere prestar una especial atención.

Sin entrar en cuestiones técnicas, ya largamente tratadas, me referiré en general a la persona humana – sobre todo a la mujer – y a la familia.

1. La persona humana no sólo podemos decir que "tiene" un cuerpo, sino también que "es" un cuerpo. Por esto es necesario que el deporte se contemple – sobre todo en la edad del desarrollo –como expresión de toda la persona, formando parte constitutiva de esta importante etapa de su evolución como ser total. De aquí se deduce que, al promover el deporte en la mujer, conviene no perder nunca de vista lo que la caracteriza como tal. Es indispensable, por supuesto, superar toda discriminación de tipo sexual. Pero esto nunca debe significar la negación, sino más bien la afirmación de "lo femenino" también y por medio del deporte.

2. Por esto, el deporte en grupos mixtos nunca debe conducir a una pérdida de la feminidad, en búsqueda de un deporte "no sexuado". Debe más bien propiciar la autoafirmación de "lo femenino", en cuanto reciprocidad con lo "masculino". Particularmente en la pubertad, un deporte no proyectado con esta perspectiva correría el riesgo de nuevas discriminaciones de hecho, dada la situación particular en que se encuentran las muchachas en comparación con los chicos, en cuanto se refiere a la correlación entre "rendimiento" y "resultados".

3. La referencia a la pubertad, como época de particular atención por sus peculiares exigencias es, por tanto, muy oportuna. Ello debe significar un particular cuidado y empeño en que el deporte se oriente – precisamente en este período decisivo – al desarrollo armónico de toda la persona. Toda manipulación que tienda a forzar el ritmo o a influir indebidamente en el tiempo del desarrollo con el fin de obtener determinados resultados, no puede considerarse auténticamente deportiva.

4. En este contexto, limitarse a decir que hay que ayudar a las jóvenes a superar el conflicto que pueda surgir entre su "identidad femenina" y su "identidad deportiva", parece inadecuado y se resiente de una visión del deporte que no respeta la realidad de la adolescencia, para la cual el deporte ha de ser, ante todo, un juego. Conviene que la "identidad deportiva" se considere en función de la "identidad personal" integral, esto es, de la identidad femenina concreta de la joven.

5. La referencia que se hace a la familia, merecería un desarrollo más amplio, no sólo en el sentido de la adecuada información sobre la pubertad, sino en todo lo que se refiere a la misma actividad deportiva de las adolescentes. Aunque la familia no pueda ser la que construya y organice las estructuras deportivas, es indispensable que intervenga en ellas de distintas formas que correspondan lo mejor posible a las diversas situaciones, si se quiere que los adolescentes practiquen de manera verdaderamente personal el deporte.

6. Es urgente, cuando se habla del deporte de los adolescentes, una referencia a los valores de comunicación, encuentro y aspecto festivo, que le son propios. Cuando estos valores están realmente presentes es más fácil evitar el error de un deporte en el cual el aspecto competitivo y de resultados se lleven la parte del león, haciendo pasar a un segundo plano la misma realidad personal de quienes lo practican.

Señoras y señores: Como ustedes han podido comprobar, he limitado mi intervención a la mujer, a los adolescentes, a las familias. Quiero referirme a todas las familias, a las del campo y a las de las grandes ciudades; pero especialmente a aquellas de los emigrantes o que puedan contar con miembros marginados o minusválidos. Porque todos los hombres tienen igualdad de derechos, también en este campo del deporte tan decisivo en la etapa de su crecimiento y del desarrollo de su personalidad.

Nada más. Gracias, señor presidente. Gracias, señoras y señores.




***L'Osservatore Romano. Edición semanal en lengua española n.25 p.11.

 

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