The Holy See
back up
Search
riga

INCONTRO SUPPLEMENTARE DELL'OSCE SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA
(Dialogo religioso e prevenzione dei conflitti)

INTERVENTO DI MONS. IVAN JURKOVIČ*

Vienna - Lunedì, 22 marzo, 1999

 

Signor Presidente,

Mi sia permesso di esprimere alcune considerazioni relative al primo punto della presente riunione dedicata al tema «Dialogo religioso e prevenzione dei conflitti». Si tratta di materia, infatti, che, a causa delle profonde differenze culturali, etniche e anche religiose dei Paesi Membri dell’OSCE, è sempre di viva attualità.

Come è noto, la Santa Sede non ha mancato, sia attraverso la sua partecipazione a fori internazionali, sia mediante la presenza della Chiesa cattolica in vari Paesi, di difendere con fermezza il pieno rispetto della persona umana e, in maniera particolare, il suo diritto alla dimensione spirituale assicurata efficacemente con la promozione della libertà religiosa, a cui ha dedicato tanta attenzione anche la nostra Organizzazione.

Il pieno rispetto della libertà religiosa ha un suo significato particolare anche in rapporto alla vita sociale e per la costruzione di una convivenza pacifica e duratura tra le nazioni.

Pertanto, per raggiungere gli alti ideali di sicurezza e di cooperazione internazionale, non è sufficiente solo la promozione del dialogo politico, ma è necessario che esso venga accompagnato da altri dialoghi capaci di aumentare la stima e il mutuo rispetto tra le nazioni e garantire la pace sociale, indipendentemente dall’appartenenza etnica e nazionale. Tra questi dialoghi sono da mettere in rilievo anzitutto l’importanza e la potenzialità di un sincero ed aperto dialogo inter-religioso.

La Chiesa cattolica cerca con sincerità tale dialogo con le altre Chiese e con le altre religioni, perché lo considera anche un «segno dei tempi» i quali richiedono dai credenti, forse più che nel passato, la testimonianza che l’autentica fede religiosa non può essere causa di discordia o di tensione, ma, al contrario, fonte di un autentico rispetto della persona umana.

Mi sembra utile fare un breve riferimento all’ormai lunga prassi della Santa Sede di promuovere un dialogo continuo con altre Chiese cristiane, per esempio le riunioni con il Patriarcato di Mosca (due volte all’anno); con il Patriarcato di Costantinopoli (due volte all’anno) e con le altre Chiese Ortodosse. Molto frequenti sono anche i contatti con gli Anglicani, con i Luterani, gli Evangelici e con i Pentecostali.

In occasione del conflitto nei Balcani, hanno assunto un particolare significato i seguenti incontri: la riunione tenutasi nel luglio 1997 a Belgrado tra la Chiesa Ortodossa serba e una Delegazione cattolica guidata dal Cardinale Pulic di Sarajevo, seguita, nel mese di marzo 1998 da un’altra riunione svoltasi nella residenza del Vescovo ortodosso di Tuzla, in Bosnia ed Erzegovina, durante la quale sono state avanzate anche alcune iniziative specifiche di collaborazione. Inoltre, nel novembre dell’anno scorso, si è avuto a Zagabria un significativo incontro tra la Chiesa cattolica in Croazia e il Patriarcato di Belgrado.

Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso promuove contatti attraverso il Christian Muslim Liaison Committee, a cui partecipano assai note organizzazioni islamiche come p.es. World Muslim League, World Muslim Conference, Internationai lslamic Council for Dawah and Relief, lslamic Social, Economic and Scientific Cultural Organization.

I temi di tali dialoghi non si limitano solo alla sfera strettamente religiosa, ma toccano anche il ruolo delle religioni nella società umana, per la promozione di fraternità, solidarietà, cooperazione, giustizia e pace, e altre questioni che riguardano il benessere generale della società. Inoltre, detti incontri mettono in evidenza anche l’impegno delle religioni di rifiutare ogni forma di fanatismo religioso e di discriminazione.

In questo contesto, però, è necessario anche sottolineare che il dialogo interconfessionale e interreligioso, esattamente perché fa riferimento alla dimensione religiosa della persona umana, anche nel suo aspetto comunitario, possiedono caratteristiche e obiettivi specifici e si svolgono secondo metodi, vie e modi propri.

La mancanza di rispetto di tali parametri può diventare causa di abusi che certe forze politiche fanno della dimensione religiosa, quando cercano di utilizzare il sentimento religioso per promuovere il nazionalismo esagerato e l’intolleranza. Qualche volta si tratta di persone che sono esse stesse completamente estranee alla vita religiosa, qualche volta anche aggressivamente antireligiose, capaci di danneggiare gli equilibri sociali raggiunti e consolidati da lunghe tradizioni di rispetto della dimensione trascendentale della persona. Come in tanti altri campi di vita umana, la sfera religiosa richiede una sua propria autonomia, e tocca alle medesime Chiese e gruppi religiosi di promuovere e sviluppare i contatti ed il dialogo inter-confessionale attraverso i propri rappresentanti e i propri fori.

In conclusione, mi sia permesso di citare le parole che il Segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, Arcivescovo Jean-Louis Tauran, ha pronunziato in corso della sua Conferenza dedicata al tema «Santa Sede e il Medio Oriente» tenuta alla Catholic University of America il 9 marzo scorso: «What the Holy See has always tried to make understood to its partner in dialogue is that if God is one, this requires that all should consider themselves brothers. And when you truly experience such brotherhood you are more inclined to benevolence, to helping each other, to respect, to forgive and to co-operate. Believers thus have a special responsibility for peace building. Religious leaders should make one of their main priorities the promotion of an authentic «pedagogy of peace»:

- never consider other person an enemy to attack or someone to convert;
- consider the other person a travelling companion, a partner with whom you can build a society and a world in which it Is good to live».

Grazie, Signor Presidente.

 

 

 

 

top