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RIUNIONE DELLA COMMISSIONE REGIONALE DELL'UIOOT

INTERVENTO DI P. GIOVANNI ARRIGHI, O.P.*

Roma, maggio 1974




In occasione della recente riunione della Commissione Regionale Europea de l’Union Internationale des Organismes Officiels de Tourisme (UIOOT) sono stati trattati argomenti connessi in gran parte col turismo sociale quali l’interscambio turistico tra i Paesi d’Europa, lo scaglionamento delle vacanze, la crisi energetica, il turismo giovanile.

A prima vista potrebbe apparire che la Delegazione della Santa Sede, non avesse particolari ragioni per partecipare all’incontro. Ma una tale visione dimentica non solo come con l’insegnamento dei tre ultimi Pontefici e in particolare col Concilio Vaticano II, la dignità delle persone e il significato profondo delle loro attività costituisco il fondamento del rapporto tra Chiesa e mondo (cfr. Gaudium et Spes 40) ma altresì dimentica come la stessa Chiesa peregrinante cammini insieme all’umanità sperimentandone la medesima sorte terrena, quale fermento ed anima della società, per rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia (cfr. Ibidem). Peraltro la Chiesa, sa bene che «soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può essere saziato pienamente dai beni terreni» (Gaudium et Spes 41). Ma essa è anche consapevole della necessità che le deriva dalla sua natura missionaria di essere presente nel mondo (cfr. Ibidem) che è chiamata a salvare non a condannare, e che vuole quasi «rincorrere» (cfr. Paolo VI, AAS, 58–1966– pp.54,55,56) tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno» (Gaudium et Spes 42).

Sempre in forza della sua missione e della sua natura, la Santa Sede, da parte sua, non essendo legata ad alcuna forma particolare di Cultura o di politica proprio per la sua universalità può concorrere, mediante la partecipazione delle sue Delegazioni ai più diversi incontri internazionali, specie se di carattere sociale, a costituire quasi un punto di contatto o addirittura un legame tra le rappresentanze di diverse comunità umane e nazioni, nel rispetto di tutto ciò che, di vero, di buono, di giusto si trovi nelle istituzioni che l’umanità continua a creare (cfr. Ib). Non a caso ad esempio, già nel 1972 su queste colonne il problema dello scaglionamento delle vacanze era stato raccomandato quale rimedio ai vari eccessi che si constatano nei mesi estivi, e nell’ormai lontano 1967 in occasione dell’«Anno Internazionale del turismo» si ricordava agli operatori del settore e ai Governi la necessità di assumersi le rispettive responsabilità in ordine ad un fenomeno sociale di smisurata ampiezza (pensiamo ai 215 milioni di persone che nel 1973 hanno trascorso le ferie all’estero, oltre un terzo dei quali nella sola Europa!) per evitare speculazioni oltraggianti, tra l’altro, l’ecologia, spreco di denaro perché non speso per il perfezionamento fisico culturale della persona e, quindi della società, o quel turismo «mercenario» (o di tipo coloniale) che si vorrebbe giustificare con una superiorità di beni e di cultura.

Questa volta la Delegazione della Santa Sede ha insistito su due argomenti: il turismo dei giovani e la responsabilità dei Governi. Quanto al primo di essi la Delegazione ha inteso mettere in evidenza come la Chiesa, lungi dal non riconoscere i valori di un sano turismo (cfr. Direttorio Peregrinans in terra, nn. 8-11), ritiene che, per una sua umana fruizione, occorre assicurare quella formazione che il Concilio Vaticano II ha raccomandato (Act. Ap. 14), onde il progresso, e quindi anche il turismo, si traduca in un fattore realmente positivo e di nuove esperienze, anziché in mere evasioni, perdite di tempo, spreco di denaro, insulto alla miseria, ricerca di ciò che la morale vieta (cfr. Direttorio cit. n. 13). Il turismo è un mezzo di educazione ed elevazione sociale, (cfr. Paolo VI, OR. 7.8.64) solo se degnamente vissuto; di qui la responsabilità di tutti gli educatori, affinché l’educazione dei giovani tenda «ad un più ampio livello culturale (e susciti persone) di forte personalità, come è richiesto fortemente dal nostro tempo» (Gaudium et Spes 31); educazione che favorisca una necessaria maturità onde promuovere anche quei valori naturali che giovano al bene di tutta la società (cfr. Grav. Ed. 2) ed un maggior senso di responsabilità per l’elevazione ordinata della propria vita nel godimento della vera libertà: il turismo esige scelte consapevoli (cfr. Gaudium et Spes 18). Ciò tanto più che «l’avvenire della società stessa è intimamente connesso allo sviluppo intellettuale dei giovani» (Grav. Ed. -10). Solo con la coscienza della loro propria responsabilità, i giovani potranno vivere e godere della comune appartenenza ad una sola famiglia umana e a una sola terra, nonché apprezzare i valori umani e i beni creati come dono da utilizzare ordinatamente per loro sviluppo personale (cfr. Presb. Ord. 17). E di qui scaturirà, «quella discrezione spirituale che consente di mettersi nel giusto rapporto con le realtà terrestri» (cfr. Ib). Occorre infine da parte degli educatori uno sforzo più efficace perché i giovani pur nel rispetto delle persone, dell’indole di ciascun popolo o ambiente, siano altresì capaci di riconoscere le frequenti e gravi disparità economiche che ancora angustiano gran parte dell’umanità, affinché riflettano sulla necessità del riconoscimento dei diritti individuali e di più eque condizioni sociali, in un’ansia di pace e solidarietà con tutti gli uomini (cfr. Act. Ap.. 3). È il Signore che desidera dilatare il suo regno anche per mezzo dei laici (cfr. L.G. 36): «regno del verbo, di vita, di santità e grazia, regno della giustizia, dell’amore e della pace (Prefazio, Messa di Cristo Re)».

Il nostro mondo tende a divenire, e ciò è un bene immenso, una sola grande famiglia. Perciò nessun suo membro può agire astraendosi dagli altri: di qui la necessità di una politica turistica che tenga il debito conto degli interessi e delle possibilità delle varie nazioni. Il turismo internazionale pur in presenza della crisi energetica continua a rappresentare una delle principali componenti degli scambi sociali ad economici della società odierna: e ciò esige ci sembra il coordinamento e l’integrazione da parte specialmente dei Governi, onde evitare una specie di anarchia nello sfruttamento delle risorse e nei flussi turistici. Il che non può essere negato solo che si consideri come i1 fenomeno in questione è la più grande forza oggi esistente per superare quei pericolosi «isolazionismi» di cui parla la Populorum Progressio per sopprimere le barriere materiali e spirituali, tra i popoli ed è la sola realtà economica che mette in diretto contatto, se così si può dire, l’esportatore ed il cliente, con la loro reciproca testimonianza (positiva o negativa, a seconda della loro formazione) e i loro valori culturali e religiosi.

Basti riflettere sulla vasta gamma degli operatori turistici e al milione di persone che lavorano alle loro dipendenze per intuire la complessità del fenomeno, le sue ramificazioni, la necessità di quadri professionali adeguati (cfr. Paolo VI, O.R. 1.9.1963). Ma si rifletta altresì all’impatto che le correnti turistiche, sempre più massicce, provenienti da Paesi diversi per religione, cultura e civiltà, provocano nel contesto dalle comunità riceventi, le quali esigono, quindi, una preparazione non solo intesa a mantenere salde le loro tradizioni degne di tale nome, ma anche a testimoniarle con un’ospitalità attiva» (Act. Ap.  11). Dal canto loro le statistiche sono in aumento: ricordiamo qui ad esempio il caso della Spagna, la cui trasformazione economica è in gran parte dovuta al turismo, o il caso del Canada dove la valuta pregiata proveniente dal turismo internazionale nel 1973 non è stata inferiore a quella derivante dalla vendita di tutti i prodotti agricoli o di tutta la produzione mineraria, petrolio compreso, o infine il caso del Kenia, le cui entrate in moneta estera grazie al turismo risultano superiori al totale ricavato dall’esportazione del caffè.

Che dire poi dell’importanza del turismo nella diffusione delle informazioni, delle nuove mentalità e dei nuovi costumi (cfr. Paolo VI, O.R. 18-19.7.1966), nella razionalizzazione dei flussi migratori (cfr. Direttorio cit. n.9), e che dire della valorizzazione – intendiamo qui la valorizzazione razionale nel rispetto dell’ecologia – di luoghi che altrimenti mai sarebbero valorizzati, inclusi i necessari finanziamenti, senza il turismo?

Ora ci sembra che il turismo mondiale sia – come dire – una nave troppo grande e troppo carica perché le sia consentito di navigare senza uomini responsabili al timone. La cooperazione internazionale a livello tecnico professionale non basta più. Occorre che i Governi assumano le loro concrete responsabilità nei confronti dei loro amministrati circa le incidenze, positive e negative, che il turismo comporta: il che pretende un’attività specifica di orientamento, di coordinamento, di pianificazione; e ciò per evitare soprasaturazioni improvvisazioni, insulti all’ecologia e quindi all’uomo, ospitalità deteriore. Abdicare a tale responsabilità significa trascurare uno dei problemi più attuali che non esistono solo nel Paesi industrializzati, ma che si riversano prepotenti su quelli in via di sviluppo. Peraltro le relazioni umane sempre più strette che si realizzano anche col turismo, a parte le esigenze tecniche ad esso collegate, richiamano da parte loro la vigilante attenzione degli educatori e dei responsabili dell’ordine sociale.

Perciò la Santa Sede nel 1973, ha già dato le sua adesione ufficiale ai nuovi statuti che trasformeranno l’attuale UIOOT in Organizzazione Mondiale du Tourisme (0MT) avente carattere intergovernativo, rispondente quindi alla piena maturità» (Paolo VI, O.R. 7.6.64) cui è giunto il fenomeno con la sua espansione a scala planetaria (cfr. Paolo VI, O.R. 22.4.1967).

A tutt’oggi su 105 Stati Membri effettivi dell’UIOOT, 53 hanno ratificato i predetti statuti: la modifica è quindi in corso.

E se non è senza amarezza constatare come taluni Paesi dell’opulenza sono ancora titubanti di fronte alle responsabilità ed impegni ufficiali che l’OMT, comporterà, è comunque confortante per i cristiani e – crediamo – per tutti gli uomini di buona volontà rilevare come la Santa Sede desiderando «consolidare le giuste associazioni umane» (Gaudium et Spes 42) – e favorire «una coscienza della solidarietà universale e della responsabilità» (Gaudium et Spes 90) intenda da parte sua che lo sviluppo mondiale di un fenomeno umano – il quale è prodromo di unità per l’umana famiglia – non sia abbandonato allo svolgersi quasi meccanico dell’attività economica o ad una incontrollata ed eccessiva speculazione privata.

La Delegazione ha infine ribadito quanto già annunciato nel 1973 all' Assemblea Generale dell’UIOOT (Caracas) circa gli scopi eminentemente spirituali e penitenziali dell’Anno Santo, col conseguente impegno di rinnovamento e riconciliazione. Ma – ha aggiunto sulla base della Bolla Pontificia «Apostolorum Limina» – si tratta di un Anno Santo «aperto al mondo intero», che si varrà dell’industria turistica come una sua causa strumentale. Chi ha fede progetta un rinnovamento a immagine di Gesù e vi pone a fondamento la riconciliazione con Dio che porti con sé ogni altra. Ma dovrebbe esser chiaro per tutti, «compresi coloro che non hanno fede nel Cristo», che l’umanità potrà fare progressi verso un futuro più umano solo se saprà vincere i conflitti in spirito di dialogo e in tensione di permanente riconciliazione e di pace.


*L'Osservatore Romano 20.6.1974 p.2.

 

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