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MESSAGGIO DEL CARDINALE
ANGELO SODANO IN OCCASIONE DELLA 
XXXVIII ASSEMBLEA GENERALE DELLA 
CONFERENZA NAZIONALE DEI VESCOVI DEL BRASILE 


27 Aprile 2000 

 

 

Eminentissimi Signori Cardinali,
Eccellentissimo Signor Presidente
della Conferenza Episcopale del Brasile,
Eccellentissimi Signori Arcivescovi
e Vescovi,
Tutti voi, cari Fratelli nell'Episcopato,

"La gratitudine fa parte della giustizia", insegna san Tommaso d'Aquino. Sento quindi come un dovere di giustizia ringraziare per il gentile invito a partecipare all'apertura della Trentottesima Assemblea Generale dell'Episcopato brasiliano, che coincide con la solenne Eucaristia commemorativa dei cinquecento anni dalla prima Messa in Brasile a Santa Cruz de Cabrália.

Come Legato del Santo Padre, chiamato a presiedere queste celebrazioni, non posso non elevare la mia azione di rendimento di grazie a Dio per l'opportunità che mi è stata data di presenziare questo evento storico destinato, senza dubbio, a restare negli annali della vita della Chiesa non solo in Brasile ma anche in tutto l'orbe cattolico.

Sua Santità mi ha affidato il grato compito di essere foriero del suo Messaggio di solidarietà con tutta questa Nazione, identificandosi profondamente con la gioia del suo popolo in festa, nel quale ripone tante speranze, in questo secolo che sta per iniziare.

1. Un momento storico

L'opportunità di essere qui, alla presenza della maggior parte dell'Episcopato brasiliano, come pure di Vescovi e Arcivescovi di altre nazioni, mette in risalto l'importanza del momento che stiamo vivendo, e si estende al di là del tempo e dello spazio, aprendo a tutti prospettive di una rinnovata consapevolezza della propria missione evangelizzatrice alla quale, come successori degli Apostoli, i Vescovi sono chiamati.

Quest'anno di intense e commoventi celebrazioni giubilari, oltre a ricordarci il bimillenario della Nascita di Nostro Salvatore Gesù Cristo, ci ricorda il fondamento della nostra consacrazione episcopale in quanto i Vescovi "con i presbiteri, loro cooperatori, hanno innanzitutto il dovere di annunziare a tutti il Vangelo di Dio", di dispensare la "grazia del supremo sacerdozio specialmente nell'Eucaristia" ed esercitare "in nome di Cristo" questa podestà "propria, ordinaria e immediata" sulle loro Chiese locali (Catechismo della Chiesa Cattolica, 888, 893-895).

Cristo - ha detto il Papa nella Tertio Millennio adveniente, "come lievito divino, penetra sempre più profondamente nel presente della vita dell'umanità diffondendo l'opera della salvezza da Lui compiuta nel Mistero pasquale. Egli avvolge inoltre nel suo dominio salvifico anche tutto il passato... A lui appartiene il futuro:  "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 13, 8)" (n. 56). Perciò la nostra missione di Pastori e la riflessione che ci viene richiesta è di continuare, sotto l'azione dello Spirito Consolatore, l'opera che Cristo ha portato al mondo per rendere testimonianza della verità (cfr Ibidem).

2. Uno sguardo al passato

Sono certo che tutti concorderanno con me sul fatto che sia giusto e salutare onorare in primo luogo la memoria delle figure dell'Episcopato brasiliano e di tutti coloro che si sono dedicati, anima e corpo, all'opera iniziale dell'evangelizzazione, garantendo il futuro cristiano di questa terra.

Vi è un documento pontificio che meriterebbe di essere inciso in oro negli annali della storia della Chiesa in Brasile:  la Bolla Super specula militantis Ecclesiae, che ha istituito l'Episcopato in Brasile.

Quando nel 1550 mediante questo atto di Papa Giulio III fu eretta la prima sede episcopale, suffraganea della metropoli primate di Funchal, famosa per la sua estensione, poiché abbracciava regioni dei continenti d'Africa, d'Asia e d'America, non se ne potevano intravedere ancora, attraverso i secoli, i meravigliosi effetti.

Oggi, tuttavia, contemplando questa distinta assemblea, il valore del documento ci appare con un'evidenza luminosa e gloriosa. Sono realmente insondabili le vie della Provvidenza:  dalle prime lettere apostoliche, quanto cammino è stato percorso! Nel 1676 fu costituita la Provincia Ecclesiastica del Brasile, con la metropoli nello Stato di Bahia. Attorno a Bahia, come suffraganee, si raggrupparono le Diocesi di Rio de Janeiro, Pernambuco, Maranhão e nel secolo successivo quelle di Grão-Pará, São Paulo e Mariana, con le Prelature di Cuiabá e Goiás.

Mi appello alla vostra comprensione se non cito i nomi di quella immensa gamma di Pastori che da qui gettarono le basi della fede in fedele e generosa unione con la Sede di Pietro. Molti di essi la difesero con ardore al momento di far valere i diritti dei cristiani nella cosiddetta "questione religiosa".

Alcuni, alla fine del XIX secolo, furono convocati a Roma da Leone XIII per partecipare al Concilio Plenario dell'America Latina, evento di vitale importanza per il rafforzamento della pietà cristiana e dell'attività pastorale nelle loro Diocesi.

La diffusione del Vangelo proseguì in queste terre mediante l'azione dello Spirito Santo. I suoi Pastori assomigliavano a pionieri penetrati in questo immenso territorio per piantare, senza lesinare sforzi, il Buon Seme del Regno. Ci ricordano quel passaggio di Carlos Drumond de Andrade:  "quando nulla accade, vi è un miracolo che non stiamo vedendo". Nel silenzio della fede di tanti eroici Vescovi, sacerdoti diocesani e religiosi, di religiosi e religiose e di un'innumerevole schiera di catechisti, il seme della fede fu piantato, spesso al prezzo del proprio onore, del conforto del focolare domestico, nelle avversità delle privazioni e nella penuria dei mezzi, al punto, quando fu necessario, di versare il proprio sangue per l'edificazione della Chiesa.

3. La situazione attuale

Pensate che quando fu istituita la Repubblica nel Paese vi era un solo Arcivescovado, fondato più di due secoli prima. Oggi assistiamo al prodigioso effetto moltiplicatore delle cifre:  264 Circoscrizioni Ecclesiastiche per oltre 300 membri dell'Episcopato, fra Arcivescovi e Vescovi.

Il tempo non può cancellare la memoria di tanti Pastori originari del Brasile e dei molti venuti dall'estero, che si dedicarono esclusivamente a piantare i Semi del Verbo. Come potremmo dimenticarci e non riconoscere il merito di tante congregazioni religiose che vollero inviare il delicato fiore delle loro vocazioni per formare ed educare questo popolo con tanto amore e dedizione?

Possiamo forse dimenticarci dei francescani, dei domenicani, degli agostiniani, dei benedettini, dei gesuiti, dei salesiani, dei lazzaristi, dei comboniani, dei presbiteri "fidei donum"? Non ho citato tutti, lo so, ma Dio conosce il lavoro nascosto, silenzioso e benemerito di ognuno dei religiosi e delle religiose che, nel passato e nel presente, ha contribuito ad edificare l'anima cristiana del brasiliano.

Riconosciamolo e rendiamo grazie a Dio, perché nel silenzio e nella dedizione disinteressata la Città di Dio è cresciuta e l'albero frondoso della Chiesa ha recato i suoi frutti di bene e di grazia.

Riconosciamolo pure, e non in ultimo luogo, ricordando tutti i sacerdoti diocesani, i cappellani militari - e anche religiosi - e i loro Arcivescovi dell'Ordinariato Militare, i diaconi permanenti, i catechisti, gli agenti di pastorale e l'immensa schiera di laici e di laiche che, nel loro agire quotidiano, si santificano, santificando la loro Chiesa. Gratias tibi deus, gratias tibi!

4. La comunione ecclesiale

Rendiamo grazie infine per la fedeltà e l'amore al Successore di Pietro, che non ha avuto altro obiettivo che quello di confermare i suoi fratelli nella fede. Il Papa, sia direttamente sia attraverso il suo Rappresentante Pontificio, cerca di stare vicino a tutti voi, accogliendo le vostre instanze, conformemente alle norme stabilite, suggerendo, con il suo Magistero ordinario, le direttive dell'evangelizzazione, cercando, per quanto possibile, di incoraggiarvi nell'opera missionaria, confortandovi nelle avversità dell'impresa. Del resto la missione del Nunzio Apostolico è destinata a proseguire mantenendo il rapporto fraterno con la Presidenza della CNBB, come pure con tutto l'Episcopato nazionale. Sono anche certo che saprete sempre fondarlo sulla sua azione imprescindibile di rafforzamento dei vincoli di amicizia fra la Chiesa e lo Stato.

5. Il messaggio di Porto Seguro

Converrete con me che "amor con amore si paga" e che, grazie alla totale dedizione di tanti eroici cristiani, possiamo raccogliere la loro esperienza per trasmetterla agli altri. Non è possibile cancellare la memoria di questi gesti; è necessario farli fruttificare. Vicino a questo locale, dove si riunisce l'Assemblea della CNBB, è nata, per Provvidenza divina, la Chiesa in Brasile. Penso che, accanto al segnale che indica la scoperta del Brasile ne esiste, nella nostra immaginazione, un altro, quello del nostro impegno di Vescovi, scolpito con la nostra croce pettorale che dobbiamo portare sempre, come i coniugi portano l'anello della fedeltà coniugale.

Non si tratta di una croce qualunque, ma della Croce di Nostro Salvatore, la croce del nostro impegno di fedeli dispensatori della grazia di Dio, che, nel gesto di benedire, santifica colui o ciò che è benedetto. È la croce del nostro abnegato sacrificio per il bene delle anime, la croce del nostro lavoro pastorale. Questa croce è il più grande testamento dei Vescovi lasciato qui come testimonianza della propria fedeltà alla Chiesa e al Papa.

6. Amore per la Chiesa

Nei giardini del Vaticano, Papa Pio XI, di venerata memoria, volle collocare una statua di Santa Teresa di Gesù Bambino, Patrona delle Missioni. Lo stesso Papa dispose che fossero incise, in francese, ai piedi della statua, le parole pronunciate dalla Santa carmelitana:  "J'aime l'Eglise ma mère", amo la Chiesa, mia madre.

È un messaggio che ci viene ripetuto ancora oggi, invitandoci a vedere la Chiesa come una Madre, coltivando per essa gli stessi sentimenti che un figlio nutre per colei che le ha dato la vita e l'ha educato con amore.

La Chiesa è veramente nostra Madre perché ci ha generati alla vita e perché non cessa di alimentarci e di accompagnarci lungo la via che ci conduce al Regno del Padre. Perciò san Cipriano diceva:  "Non può avere Dio come Padre colui che non ha la Chiesa come Madre (De catholicae Ecclesiae unitate, 6; PL 4, 502).

La Chiesa è nostra Madre poiché ci ha dato e continua a darci Gesù, nostro Salvatore.
Henry Lubac ha scritto nel suo libro "Paradosso e mistero della Chiesa" (Milano, Jaca Book, 1997):  "In quali sabbie si perderebbe, non il ricordo o il nome, ma la sua viva influenza, l'azione del suo Vangelo e la fede della sua Persona divina, senza la visibile continuità della sua Chiesa? Se la prima comunità cristiana, nel fervore della sua fede e del suo amore, non avesse costituito l'ambiente appropriato per lo Spirito che suscitò gli evangelisti; se questa comunità, di generazione in generazione, non si fosse conservata spiritualmente identica...; se non fossero sorti, al momento opportuno, uomini di Chiesa, grandi dottori, capi intrepidi e umili testimoni che hanno conservato inalterati i dogmi nel loro rigore e nella loro semplicità...; se i grandi Concili non avessero fissato per sempre l'ortodossia cristologica..., che sarebbe oggi Cristo per noi? Senza la Chiesa, Cristo scompare, si distrugge o addirittura si perde" (p. 7).

Il Salmista contemplava Sion come la Madre dei popoli, al punto che poteva dire legittimamente che tutti erano nati lì.

"Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei!...
et de Sion dicetur:  hic et ille natus est in ea"
(Sal 86, 3-5).

Ancora oggi la Chiesa è Madre. Non si è attenuato in essa il potere di generare nuovi figli. Invece di chiudersi in se stessa, contempla il mondo in modo accogliente e sereno. Quanto più la sua funzione materna diviene non solo immensa, ma impossibile e sconfortante, tanto più essa si appoggia al suo Sposo (cfr Ibidem p. 9).

A volte avviene che i suoi figli possono dimenticarsi della madre e giungere addirittura a schiaffeggiarla. Tuttavia lei continua ad amarli e a seguirli. Questa è la sua grandezza.

7. Madre di santi e di peccatori

Nel corso dei secoli, la Chiesa è diventata Madre feconda di figli che hanno raggiunto le vette più elevate della santità. Noi proclamiamo, proprio nel Simbolo degli Apostoli, la nostra fede nella "santa" Chiesa cattolica, che, come Madre feconda, ha generato ed educato molti figli, anche alla meta della santità eroica.

I teologi hanno spiegato bene come la Chiesa sia santa, pur essendo composta da peccatori. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ha sintetizzato recentemente questa dottrina in poche pagine, illustrando l'articolo 9 del Simbolo Apostolico, ossia il "credo nella Santa Chiesa Cattolica" (nn. 823-829).

Sì, noi crediamo che la Chiesa sia indefettibilmente santa. Unita a Cristo, essa è da Lui santificata e, attraverso di Lui, diviene a sua volta santificante, raggiungendo ognuno dei suoi membri, per purificarlo e trasformarlo.

Papa Paolo VI, di venerata memoria, ha detto nel suo Credo del Popolo di Dio:  "Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia:  appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come sottraendosi alla sua vita cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo" (n. 19).

Del resto, questo non è altro che l'insegnamento del Concilio Vaticano II che nella Costituzione Lumen gentium parla di una Chiesa "indefettibilmente santa" (n. 39), ma "sempre bisognosa di purificazione", "simul sancta et semper purificanda" (n. 8).

8. Il primato dell'amore

Il Profeta Isaia dice che "non est abbreviata manus Domini" (59, 1), non è diventata più corta la mano di Dio:  Dio non è oggi meno potente di quanto lo fu in altre epoche, né il suo amore per gli uomini è meno vero. La sua azione, attraverso lo Spirito Consolatore, non è una credenza vaga nella sua presenza nel mondo; è un'accettazione grata dei segni e delle realtà che Egli ha voluto vincolare alla sua forza.

Cristo ha dato alla sua Chiesa la sicurezza della dottrina, si è preoccupato che vi fossero persone che orientassero con la loro luce, che guidassero e ricordassero costantemente il cammino da Lui tracciato. Disponiamo di un tesoro di scienza infinito:  la Parola di Dio, conservata dalla Chiesa, la grazia di Cristo, affidata ai suoi Pastori, attraverso l'amministrazione dei Sacramenti. Come non ricordare qui la testimonianza e l'esempio di quanti vivono rettamente al nostro fianco, che hanno saputo costruire con la loro vita un cammino di fedeltà a Dio?

Questa è la Chiesa di Cristo, venerabili Fratelli nell'Episcopato, che ci ha generati e che ora ci accompagna, perdonando i nostri peccati ed esortandoci a una vita nuova, confidando in Colui che "è veramente risorto" (Mt 28, 6).

A questa Chiesa è inevitabile dimostrare il nostro amore e la nostra venerazione. È l'atteggiamento naturale dei figli verso la propria madre. Ai suoi Pastori spetta un amore di predilezione, una dedizione senza limiti, un servizio abnegato, sentendosi capaci di rinunciare a qualsiasi interesse personale per vivere con la stessa obbedienza con cui Cristo soffrì dall'alto della Croce.

Una Chiesa che insegna, una Chiesa che santifica e che conduce i suoi figli nella carità all'amore del Padre, portandoli ad amarsi reciprocamente, a perdonarsi e a comprendersi, può solo essere amata così come l'amò il suo Fondatore.

Amando la Chiesa, certamente si amano tutti i suoi membri, benché i poveri e gli emarginati abbiano bisogno della nostra più completa solidarietà, perché soffrono a causa della giustizia. Tuttavia, amando la Chiesa, si amano tutti coloro che, in modo particolare, assicurano la struttura e l'unità del suo Corpo Mistico e vegliano su tutti indistintamente. Fra questi, al primo posto vi è il Successore di Pietro:  "il dolce Cristo in terra" come diceva Santa Caterina da Siena. Amare il Papa è amare i suoi insegnamenti e compierli fedelmente. Amare il Papa è desiderare di "sentire con la Chiesa", qui e in qualsiasi parte del mondo.

Suona provocatoria oggi la regola dettata da sant'Ignazio da Loyola nei suoi esercizi spirituali:  "Per non ingannarci in tutto, dobbiamo avere sempre questo criterio:  ciò che per me è bianco lo faccio nero, se è la Chiesa gerarchica che lo dice. Di fatto, noi crediamo che quello Spirito che governa e guida le nostre anime verso la salvezza, è anche in Cristo Nostro Signore, lo Sposo, e nella Chiesa, sua Sposa" (Esercizi Spirituali, Ed. ADP Roma 1991, n. 365, p. 313). È il grande principio del "sentire cum Ecclesia" o anche del "sentire in Ecclesia", lasciato dal Fondatore della Compagnia di Gesù, in un momento difficile per la vita della Chiesa.

9. Memoria e perdono

Nel corso della sua storia bimillenaria, la Chiesa, costituita da uomini e donne peccatori, ha visto spesso offuscato il suo volto dalle miserie dei suoi figli. Indubbiamente essa è una "Ecclesia semper reformanda", ma questa riforma si realizza solo con un profondo amore per Cristo e per i membri del suo Corpo Mistico.

In questa ottica spirituale, Papa Giovanni Paolo II ci ha invitati, durante il Grande Giubileo dell'anno 2000, a compiere un atto di umiltà, inginocchiandoci dinanzi a Dio misericordioso e implorando perdono per tutti i peccati passati e presenti di tutti noi, figli della Chiesa. Perciò il Santo Padre ha autorizzato la pubblicazione del noto Documento:  "Memoria e riconciliazione:  La Chiesa e le colpe del passato", affinché la "confessio peccati", fondata sulla verità della fede che rende liberi, sia per tutti noi cristiani una "confessio laudis", rivolta a Dio, lasciandoci riconciliare da Lui e con Lui in Gesù, unico Salvatore del mondo.

A ciò si riferiva Pio XII nell'Enciclica Mystici Corporis, quando affermava che se nella Chiesa si percepisce qualcosa che denota la debolezza della nostra condizione, non si deve attribuire alla sua costituzione giuridica, ma alla deplorevole tendenza di ogni membro al male, tendenza che il divino Fondatore permette di suscitare persino nei membri più importanti del suo Corpo Mistico, affinché venga messa alla prova la virtù sia delle pecore sia dei pastori e, in tutti, si accumulino i meriti della fede cristiana (29 giugno 1943).

In definitiva, è questo il senso fondamentale dell'atto realizzato ieri nella solenne Celebrazione Eucaristica dei 500 anni dell'Evangelizzazione del Brasile, che riguarda anche i suoi Pastori. Grazie alla sua provvidenziale coincidenza, il Giubileo ci fa sentire vicini e solidali fra noi, come pure con i nostri fratelli del passato, affinché tutti ci inginocchiamo dinanzi al Dio della misericordia, implorando che ci purifichi e ci rinnovi.

Auspico che la 38º Assemblea Generale della CNBB possa soddisfare le aspettative e gli aneliti di tutta la comunità cattolica del Brasile, che vede in questo anno giubilare un fervente desiderio "di conversione e di rinnovamento personale" (Tertio Millennio adveniente, n. 42), di tutti i fedeli e in modo particolare dei Pastori di questo immenso gregge. Quella purificazione della memoria, preconizzata dal Papa nella Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente, richiede "un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani" (Incarnationis Mysterium, n. 11). Faremo nostre queste parole del Successore di Pietro nella misura in cui sapremo assimilare, con fede e carità, le parole che Sua Santità ha voluto affidarmi affinché le trasmettessi a tutti. "Questa celebrazione è una buona opportunità non solo per evocare la sua memoria, ma anche per servire da stimolo per un maggiore significato religioso, una fede più salda e propositi più decisi, alla luce dei lodevoli ed edificanti esempi del passato".

Che sia questa la grazia che invochiamo dall'Onnipotente, con l'intercessione della Senhora Aparecida, a maggiore gloria e lode di Dio e per il bene della Chiesa! Grazie.

 

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