The Holy See
back up
Search
riga

PROLUSIONE DEL CARDINALE ANGELO SODANO, 
SEGRETARIO DI STATO, 
PER L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO ACCADEMICO 
DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE 

Mercoledì, 8 novembre 2000

"Vassene il tempo e l'uom non se ne avvede", esclamava Dante nella sua "Divina Commedia" (Purgatorio, IV, 9).

In realtà, quest'anno giubilare volge al suo termine, dopo il susseguirsi continuo di eventi grandiosi, e quasi stentiamo a renderci conto dell'evento di grazia di cui siamo stati testimoni.

Consapevole del valore straordinario di questo Giubileo, il Papa Giovanni Paolo II, fin dal 10 novembre del 1994, ci aveva indicato il cammino per viverlo degnamente. Con la Lettera Apostolica "Tertio Millennio adveniente" il Successore di Pietro chiamava la Chiesa intera a prepararsi all'Anno 2000, tracciando l'itinerario per la preparazione e lo svolgimento del Grande Giubileo.

1. Un evento straordinario

Con tale documento il Papa chiamava i cristiani del mondo intero a meditare sull'importanza di quest'ora storica, scoccata sul quadrante della storia dell'umanità:  sono due millenni della venuta di Cristo in mezzo a noi!

La Chiesa doveva ritornare a meditare sulla profondità del mistero dell'Incarnazione, sul valore cosmico dell'evento successo poi a Betlemme duemila anni fa, come sulla missione di salvezza di Colui che è venuto in mezzo a noi come Salvatore del mondo.

È questo, in fondo, il punto essenziale per cui il Cristianesimo si differenzia dalle altre religioni, nelle quali si esprime la ricerca di Dio da parte dell'uomo. Nel Cristianesimo non è soltanto l'uomo a cercare Dio, ma è Dio stesso che viene in persona a cercare l'uomo, mostrandogli la via sulla quale è possibile raggiungerlo.

Chiamando gli uomini d'oggi a celebrare le meraviglie dell'Incarnazione, il Papa intende poi portarli a riconoscere le meraviglie della Redenzione attraverso il sacrificio di Cristo, in cui è contenuta la vittoria sul male, sul peccato e sulla stessa morte.

2. Il senso del Giubileo

La Lettera Apostolica "Tertio Millennio adveniente" giungeva così a definire il Grande Giubileo del 2000 come "una grande preghiera di lode e di ringraziamento soprattutto per il dono dell'incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione da Lui  operata"  (Ibidem, n. 32).

Tale preghiera di lode di fronte all'amore del Padre, che ci ha dato il suo Figlio, "perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16), doveva poi portare i cristiani, secondo l'appello del Papa, a ringraziare Cristo per il dono della sua Chiesa, destinata a perpetuare la sua presenza salvifica in mezzo a noi.

Il carattere cristologico del Grande Giubileo veniva così ad assumere anche un carattere eminentemente ecclesiale, invitando tutti a meditare sulla realtà della Chiesa fondata da Cristo 2000 anni fa, per portare il suo messaggio di salvezza a tutti gli uomini, fino alla consumazione dei secoli.

3. Un'intensa preparazione

Nei tre anni che hanno preceduto la celebrazione del Grande Giubileo del 2000 vi è poi stata una fase intensa di preparazione. Nell'arco triennale che va dal 1997 al 1999, la Chiesa è stata chiamata a riflettere sul mistero trinitario, svelatoci da Cristo.

Certo il Giubileo doveva essere incentrato in Cristo. Per questo il suo tema generale, il "logo" delle sue manifestazioni esterne, il "leit-motiv" della sua ispirazione interiore è stata ed è la nota affermazione ispirata della Lettera agli Ebrei:  "Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre" (Ebr 13, 8).

Ma Cristo si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo:  e così, dopo l'anno dedicato a Cristo stesso, vi è stato nel 1998 l'anno dello Spirito Santo, per dilatare poi, nel 1999, la nostra meditazione verso il "Padre che è nei Cieli" (Mt 5, 45), dal quale il Verbo è stato mandato fra noi ed al quale è ritornato (cfr Gv 16, 28).

4. I momenti del Giubileo

Siamo così giunti, dopo un triennio di preparazione, alla celebrazione del Grande Giubileo.

Nel corso di quest'anno di grazia, tutti noi siamo testimoni della fede con la quale il popolo cristiano sta vivendo la celebrazione del grande evento dell'Incarnazione e della Redenzione.

Ognuno di noi è stato colpito da qualche aspetto particolare. Chi è stato più scosso dalla grande fede dei giovani d'oggi, riuniti a Roma nel mese d'agosto per le Giornate Mondiali della Gioventù. Chi ha ricevuto un messaggio forte dai genitori cristiani venuti a Roma per il Giubileo delle Famiglie. Tutti noi, poi, siamo stati profondamente commossi di fronte al Papa Giovanni Paolo II che va pellegrino a Nazareth per celebrare là nella casa di Maria, il 25 marzo scorso, il grande mistero dell'Incarnazione, e poi a Gerusalemme, per inginocchiarsi sui luoghi santi testimoni della nostra Redenzione.

Tutti noi abbiamo ammirato la figura ieratica del Santo Padre che ci ha guidato nelle varie tappe di questo Giubileo, additando al mondo intero Colui nel quale solo c'è salvezza.

5. Nei diversi Continenti

Anche dai vari angoli della terra giungono notizie consolanti sullo svolgimento di questo Grande Giubileo. E ciò costituisce un motivo di speranza per l'inizio del Terzo Millennio cristiano.

In estate mi è arrivata una lettera del Parroco della piccola Isola di Pasqua, sperduta nell'Oceano Pacifico, a metà strada fra il Cile e la Polinesia, ove vive una piccola comunità cristiana. Lo zelante Pastore di quella comunità mi descriveva il fervore di quegli aborigeni nel cantare nella loro lingua l'inno del Giubileo:  "Gloria a Te, Cristo Gesù, / oggi e sempre Tu regnerai. / Gloria a Te, presto verrai, / sei speranza solo Tu".

È questa la consolante realtà del Giubileo! È un'ora di grazia per le varie Chiese particolari sparse nei cinque Continenti.

6. Una prima prospettiva:  una nuova evangelizzazione

Guardando al futuro, sorge inevitabile la domanda:  quali prospettive si aprono ora di fronte alla Chiesa del Terzo Millennio?

Una prima prospettiva è la seguente:  bisogna riproporre alle nuove generazioni il  mistero  di Cristo, in tutta la sua  grandezza  ed  in  tutto il  suo  fulgore.

Di fronte al grande evento che gli angeli avevano loro annunziato, i pastori di Betlemme si dissero tra loro:  "Andiamo fino a Betlemme e vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere" (Lc 2, 15).

Di fronte a questo fatto inedito della storia umana, noi dovremo chiamare gli uomini d'oggi a considerare quest'avvenimento straordinario della venuta di Cristo in mezzo a noi. Si, dovremo ripetere:  "Transeamus usque ad Bethleem et videamus hoc verbum quod factum est".

Il Rettore Magnifico di quest'Università, S.E. Mons. Angelo Scola, ha pubblicato nello scorso mese d'ottobre il testo di una sua conferenza, dedicata proprio a questo tema, con il titolo:  "Chi è il cristiano. Duemila anni, un ideale senza fine" (Editrice Cantagalli, Siena 2000).

Ivi ben si ricorda come Gesù di Nazareth, "quel singolare irrepetibile uomo che duemila anni fa si dichiarò Figlio di Dio e si propose ad un pugno di pescatori come la via alla verità ed alla vita" non è un sogno, non è un'utopia. È una realtà vivente, presente in mezzo a noi.

Ce lo proclama sempre la Chiesa nel Vangelo di S. Giovanni:  "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria di Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1, 14).

La Chiesa esiste per annunciare tale mistero di Cristo. La Chiesa esiste perché gli uomini vivano inseriti in Cristo. È questa l'unica sua ragione d'essere. Una Chiesa che non sia missionaria non è Chiesa, già proclamava il Papa Paolo VI nell'Enciclica "Evangelii Nuntiandi". Ed il Papa Giovanni Paolo II ci ha ricordato tale realtà nella sua Enciclica "Redemptoris missio" sulla permanente validità del mandato missionario (cfr A.A.S. 82, 1991, pp. 249-340).

Uno sguardo d'insieme ai due millenni di storia cristiana ci dimostra che la missione che Cristo ci ha lasciato è ancora agli inizi. Ognuno di noi deve, pertanto, ripetere con San Paolo:  "Per me non è un vanto predicare il Vangelo, per me è un dovere:  guai a me se non evangelizzassi!" (1 Cor 9, 16).
"Difficoltà interne ed esterne hanno indebolito lo slancio missionario della Chiesa verso i non cristiani - annotava con dolore il Santo Padre Giovanni Paolo II nell'Enciclica citata - ed è un fatto, questo, che deve preoccupare tutti i credenti in Cristo. Nella storia della Chiesa, infatti, la spinta missionaria è sempre stata segno di vitalità, come la sua diminuzione è segno di una crisi di fede" (Ibidem, n. 2).

Importante, adunque, è questa prima prospettiva che si apre dinanzi a noi, con la celebrazione del Grande Giubileo del 2000:  è la necessità di presentare Cristo alle future generazioni, con la parola e con la testimonianza della vita di veri discepoli di Cristo.

7. Una seconda prospettiva:  un rinnovamento morale

In ogni Anno Santo si apre poi dinanzi a noi una seconda prospettiva:  è la necessità di un profondo rinnovamento spirituale della nostra società, riaffermando così la signoria di Cristo sulle vicende della storia umana. In fondo, anche il significato ultimo dell'indulgenza legata al Giubileo è proprio questo:  aiutarci a riconciliarci con Dio, purificandoci dalle nostre colpe e disponendoci a vivere come figli di Dio.

L'ideale cristiano è certo grande, ma dovremo pur sempre ricordare agli uomini d'oggi, sovente fragili ed esposti a mille prove, che più grande ancora è la grazia del Signore.

È ciò che faceva dire a Sant'Agostino:  "Da quod jubes et jube quod vis", "donaci la grazia di fare ciò che comandi e comanda ciò che vuoi" (Conf, X, 29, 40).

Nella cultura moderna soffiano venti di relativismo morale. Sempre attuale è però il monito rivolto dall'apostolo Paolo ai Romani:  "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo", "Nolite conformari huic saeculo" (Rom 12, 2). Era la tentazione di ieri ed è la tentazione di oggi. Per questo Paolo rivolge anche oggi a noi le parole che dirigeva a Timoteo:  "Ti scongiuro davanti a Dio ed a Gesù Cristo che verrà a giudicare i vivi ed i morti... Annunzia la parola, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutandosi di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero" (2 Tim 4, 1-5).

Oggi si è giunti ad esaltare la libertà a tal punto da farne un assoluto, quasi che essa fosse in se stessa la sorgente della verità. Negando però la dipendenza della libertà dalla verità, è scomparsa ogni valutazione morale degli atti umani:  ognuno diventa così regola per se stesso. E ne abbiamo visto e ne vediamo i frutti amari.

L'uomo è certamente libero, dal momento che può accogliere o rifiutare i comandi di Dio. Ma la sua libertà non è illimitata, non ha il primato sulla verità, non ha una sovranità assoluta. I cristiani dovranno sempre proclamare, anche di fronte agli uomini d'oggi, la maestà di Dio, a cui tutti apparteniamo e che solo ha il potere di decidere del bene e del male.

Restaurare, quindi, il senso morale nell'uomo d'oggi è una delle grandi sfide che ci attendono, al sorgere del Terzo Millennio cristiano.

8. Una terza prospettiva:  una civiltà cristiana

Richiamando gli uomini ad un rinnovamento morale, la Chiesa si apre poi verso una prospettiva più ampia:  è la prospettiva di infondere nella civiltà umana il lievito del Vangelo di Cristo.

Certo, perché una civiltà sia veramente tale, essa deve già essere permeata dai valori fondamentali della legge naturale. La civiltà è un fatto "umano", è propria dell'uomo, che, a differenza dell'animale, sa impostare la propria relazione con gli altri non sull'istinto, ma sulla ragione, che gli fa riconoscere i diritti di ogni membro della comunità. Il grado di civiltà sarà poi tanto più alto, quanto più i diritti di ognuno saranno rispettati.

Dovere dei cristiani nel nuovo Millennio non sarà solo quello di costruire nel mondo un alto grado di civiltà, ma sarà anche loro impegno di far sì che tale civiltà sia permeata dei valori cristiani. Solo così una civiltà potrà dirsi cristiana.

E una civiltà cristiana potrà dirsi tale se si ispirerà ai principi che il Vangelo pone a base della convivenza umana, la dignità di ogni persona umana, la sacralità della vita, il senso religioso della famiglia, la dignità del lavoro, la solidarietà con gli altri.

Non per nulla il Papa Paolo VI definì la civiltà cristiana come "la civiltà dell'amore" e Giovanni Paolo II con il suo luminoso magistero è ritornato sovente su tale esigenza.

In Europa, poi, se vogliamo che la civiltà dei molti popoli possa continuare e fregiarsi di tale nome, occorrerà lavorare nel Millennio che sorge perché i valori morali che hanno permeato la storia del passato continuino ad essere la base anche del futuro.

In molte Nazioni del vecchio continente il Vangelo di Cristo ha costituito il motore della civiltà. Si può anzi dire, parlando dell'Europa in generale, che il Cristianesimo è stato il grande fattore del sorgere della democrazia negli Stati moderni. Un recente studioso inglese attribuiva al concetto della dignità di ogni persona umana, sviluppato dal Cristianesimo nei popoli d'Europa, l'origine del sistema democratico moderno. È la tesi di Larry Siedenkop nel suo recente libro "Democracy in Europe" (The Penguin Press, London 2000).

A tale riguardo sono state molto profonde le relazioni tenute da alcuni eminenti studiosi nel corso di un Simposio organizzato l'anno scorso dalla Pontificia Accademia delle Scienze e dedicato appunto al seguente quesito:  "Può esistere una vera democrazia senza il fondamento di autentici valori?". I risultati di tali riflessioni sono stati poi pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana, per iniziativa del Cancelliere della medesima Accademia, Mons. Sánchez Sorondo, professore di Filosofia in quest'Università (Cfr Democracy, some acute questions, Vatican City 1999).

La nostra civiltà ha avuto dei regressi spaventosi nel secolo XX con due guerre mondiali, che hanno lasciato dietro a sé milioni di morti. L'ideologia nazista, l'ideologia comunista hanno lasciato dietro a sé la triste eredità di terribili persecuzioni, con forme aberranti mai viste in passato.

Come è stato possibile tutto ciò? La risposta è semplice:  ciò è stato possibile per aver dimenticato quei valori che erano alla base della nostra civiltà. Si era voluto organizzare la società senza Dio, ma alla fine si è organizzato una società contro l'uomo.

È il monito di Giovanni Paolo II nella sua Enciclica "Centesimus Annus":  "se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si trasforma facilmente in un totalitarismo aperto o subdolo, come è dimostrato dalla storia" (n. 46).

Grazie a Dio, le tragedie del secolo XX sono passate. I cristiani però dovranno impegnarsi sempre più perché il Vangelo di Cristo ritorni a permeare la nostra civiltà, sì che possa ritornare a fregiarsi del titolo di cristiana.

9. Conclusione

Il Grande Giubileo dell'Anno 2000 sta volgendo al termine, spalancando però di fronte a noi prospettive nuove di lavoro apostolico.

In questa mia conversazione con voi, docenti e discenti della Pontificia Università Lateranense, ho creduto opportuno indicarvene tre:  l'esigenza di nuova evangelizzazione, la necessità di un rinnovamento morale della nostra società, l'urgenza di ritornare ad immettere il lievito del Vangelo nella civiltà odierna.

A tutti gli uomini di buona volontà la Chiesa continuerà a riproporre il Vangelo di Cristo, in cui solo c'è salvezza.

È questo, del resto, il significato della Porta Santa, attraverso la quale sono già passati milioni di credenti. Questi volevano passare per la Porta della salvezza che è Cristo. Ed il nostro popolo cristiano lo ha ben presente, anche senza aver letto la recente Dichiarazione "Dominus Iesus" su Cristo nostro unico Salvatore. In realtà, come recentemente annotava con arguzia un prete romano, tutti sanno bene che il Colosseo ha mille porte, ma che per entrare in Paradiso vi è una Porta sola, è quella di Cristo Gesù.

          

top