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 INTERVENTO DEL CARDINALE ANGELO SODANO 
AL SIMPOSIO INTERNAZIONALE 
PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO 
PER GLI OPERATORI SANITARI

Venerdì, 30 novembre 2001

 

Cari Congressisti,

nelle celebrazioni dell'Anno Internazionale dei Volontari proclamato dall'ONU, si inserisce la voce della Santa Sede, che, con questo Convegno, intende dare tutto il suo appoggio all'importante iniziativa delle Nazioni Unite.

Il mio intervento presenta alcuni temi di riflessione sul volontariato come risorsa per la missione della Chiesa, testimonianza tangibile di carità e presenza attiva per la difesa della vita in ambito sanitario.

1. Le associazioni di volontariato:  una testimonianza cristiana

Il primo anno del Terzo Millennio ci sta offrendo l'occasione per riflettere su quale potrebbe essere l'avvenire della civiltà umana sottoposta a tensioni di segno opposto che, da una parte, ci spingono verso le più elevate conquiste scientifiche e, dall'altra, ci precipitano in tragiche esplosioni di violenza.

In questo scenario vi sono persone ed Associazioni che hanno scelto di lavorare per il miglioramento della qualità della nostra storia e per lo sviluppo della civiltà:  sono i volontari.

Essi hanno abbracciato la bandiera della misericordia - ci sono antichissime gloriose Associazioni che ne portano persino il nome - e si propongono di ascoltare le urla del silenzio, la voce dei senza parola, il grido della terra per trovarvi una risposta "finché è possibile".

Interpretando uno dei compiti più impegnativi del Cristianesimo, i volontari hanno deciso di mettere la propria vita al servizio degli altri per costruire una "civiltà dell'amore". Mossi da fede religiosa o perché credono nella possibilità di un mondo più civile, essi vogliono dare una mano a chiunque stia vivendo una situazione di disagio. Partendo dall'organizzazione di quel creativo microcosmo che è la Parrocchia o dalla spinta di movimenti umanitari, i volontari lottano contro le deleterie conseguenze delle discriminazioni razziali, contro le esclusioni sociali legate alle molteplici forme di povertà, promuovono campagne di difesa del diritto alla tutela della dignità umana in ogni contesto storico e geografico.

Seguendo la visione cristiana della vita, molti si interessano degli "ultimi" che sono i privilegiati del Regno di Dio.

La Chiesa ha intuito subito la forza insita nel movimento del volontariato come portatore di civiltà nella cura delle persone anziane, dei bambini abbandonati, dei malati cronici, dei disabili, dei senza tetto e degli immigrati. Una presenza, questa, che vuole creare, proprio in favore degli ultimi, condizioni di vita più umane per rispetto a Dio, unico Padre di tutti gli uomini.

Mi sono accorto che, quasi inavvertitamente ho indicato gli ambiti del vostro servizio, il campo di lavoro per quanti tra voi fanno scelte coraggiose di accogliere in casa i poveri, di mettere in comune le poche risorse finanziarie disponibili, di accompagnare chi da solo non ce la fa più. E siete tanti!

Quando riflettiamo sulle svariate attività promosse dai volontari avvertiamo subito un senso di ammirazione, ma anche un certo timore, perché ci si chiede come possano i volontari adempiere i compiti che la società oggi affida loro. La Chiesa, che ha generato e nutre nel suo seno molte delle associazioni, indica nella coerenza morale e nella promozione dei valori cristiani il punto di riferimento irrinunciabile e l'ispirazione di ogni attività sociale, come è possibile dedurre dalle encicliche "Centesimus annus" e "Evangelium vitae" del Santo Padre Giovanni Paolo II. Forti dell'appartenenza a questa solida struttura interiore, i volontari cattolici con la loro azione possono dare un'anima alla civiltà del terzo millennio e incoraggiare il progresso di tutti senza ricadere nella disumanizzazione brutale di cui tante guerre hanno dato prova. Parlando di possibili regressi non dobbiamo però cedere al pessimismo perché, come possiamo costatare felicemente, oggi esistono i volontari che sono stati definiti "il fiore all'occhiello" della comunità ecclesiale per il nuovo millennio.

La Chiesa guarda con speranza al volontariato, che rappresenta l'anima della solidarietà e, indipendentemente dalle possibili e varie interpretazioni di tale fenomeno, è impegnata a guidare spiritualmente tanti suoi figli, sostenendone l'organizzazione, formandone le coscienze, incoraggiando l'esercizio della gratuità in favore del prossimo.

2. Il volontariato:  testimonianza di carità

La vostra è dunque un'attività che vuole irradiare, nel mondo della sofferenza, la luce ed il calore del "Vangelo della carità" alla sequela della buona novella che ha segnato i due millenni dell'era cristiana.

Per individuare le caratteristiche di questo unico messaggio d'amore vissuto in secoli e contesti diversi, ne voglio ripercorrere insieme a voi alcune tappe salienti.

La sorgente di questo fiume di carità per i fratelli è il Signore Gesù. Prima di tornare al Padre, Egli, sul Monte degli Ulivi si congedò dai discepoli ed assicurò loro: "Avrete forza dallo Spirito santo... e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (At 1, 8). Dal drappello iniziale degli Apostoli, alle comunità cristiane delle origini sino ad oggi, quest'impegno, che contraddistingue i credenti, accompagna la vita della Chiesa.

Questa testimonianza, proprio perché investe l'intera esistenza dei cristiani, spinse i Dodici ad essere "agenti" di un profondo rinnovamento umano e sociale. Così è avvenuto all'inizio del cristianesimo, così è e sarà nel corso dei secoli. I santi, infatti, furono e sono tuttora fari di alta spiritualità e di autentica umanità, seguendo fedelmente il comando di Gesù e diffondendo con la loro vita il dono dell'amore di Dio.

Ciò fu ben compreso dalla primitiva comunità credente, che fece dell'amore fraterno la regola di vita e del servizio ai poveri un suo impegno costante. Ci dice il libro degli Atti degli Apostoli che "la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola... e ogni cosa era fra loro comune" (At 4,32), aggiungendo, al cap. 6, che l'esigenza di accudire ai poveri e alle vedove spinse all'istituzione dei sette diaconi. Bastano questi pochi cenni per porre in luce l'importanza della testimonianza della carità nella vita dei primi cristiani.

San Basilio considerava la filantropia come parte integrante della vocazione cristiana e per questo fondò a Cesarea un vasto complesso di istituzioni caritative, ospedali, orfanotrofi e ricoveri per i poveri il cui modello fu imitato in Oriente e Occidente. Mi pare utile ricordare che un Padre della Chiesa come Gregorio di Nissa, confidente di san Basilio scrisse:  "È grande la moltitudine dei nudi, dei senza tetto che i nostri tempi ci hanno portato. Una quantità di prigionieri sta davanti alla porta di ciascuno. Non mancano gli stranieri, gli esuli e ovunque si vedono mani tese a supplicare. Per costoro la casa è il cielo, l'alloggio sono i portici, gli angoli isolati delle piazze. Il loro vestito sono panni laceri; il loro vettovagliamento la buona volontà dei misericordiosi. A costoro o tu che digiuni provvedi. Sii generoso verso le sventure dei fratelli. Ciò che sottrai al tuo ventre, porgilo a chi ha fame. La tua elargizione non è certo una perdita. Non temere:  il frutto dell'elemosina germoglia rigogliosa. Semina le tue elargizioni e riempirai la tua casa di bei covoni" (L'amore per i poveri, 1).
Sono parole di una struggente attualità e ci spingono a tradurre l'amore di Dio in servizio ai poveri, che come disse Gesù "Li avete sempre con voi" (Gv 12, 8).

Durante il Medioevo accuratissima fu l'elaborazione di un'etica, che promanasse dalla carità e molte furono le fondazioni in favore dei bisognosi. Citiamo, tra gli altri, l'Ordine dei Trinitari, fondato da san Giovanni de Matha (+ 1213) per il riscatto dei cristiani incarcerati e per il servizio umile dei poveri. Né si può dimenticare la grande epopea degli Ordini mendicanti, fondati da san Francesco, san Domenico e altri santi.

Nella penisola iberica, durante il secolo XVI, visse ed operò un laico ex soldato dell'esercito che, dopo la conversione si consacra agli infermi ed ai poveri abbandonati di Granada, girando per la città a questuare con una grande sporta e due pentole:  è san Giovanni di Dio (+ 1550), fondatore dell'Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli. Il suo motto era proprio "Fate bene, fratelli per amore di Dio a voi stessi". E non posso dimenticare, su questa scia, un altro gigante dell'amore per il prossimo, san Camillo de Lellis (+ 1614), fondatore dell'Ordine dei Ministri degli Infermi. Egli, secondo le parole di Papa Benedetto XIV, diede inizio ad una "nuova scuola di carità". Sua vocazione, secondo le sue stesse parole, era di servire con ogni perfezione i poveri infermi. Mi piace sottolineare che la sua azione caritativa inizia da laico:  egli era infatti "maestro di casa", una specie di economo, dell'ospedale San Giacomo in Roma.

San Vincenzo de' Paoli (+ 1660), inoltre, può essere considerato quasi un erede di questi due "giganti della carità". Egli, infatti, in mezzo ai poveri, ai malati, ai sofferenti della sua Francia, diede inizio ad un grande movimento di evangelizzazione fondato sulla testimonianza autentica dell'amore cristiano. Ispirandosi a lui, il giovane Federico Ozanam (+ 1853) - laico, studente e oggi beato - a soli 20 anni di età, diede inizio alla prima "Conferenza di Carità", un movimento destinato ad accogliere i laici, al fine di testimoniare la fede cristiana attraverso il servizio personale e generoso ai fratelli poveri e bisognosi.

In Italia, nel secolo XIX, san Giuseppe Benedetto Cottolengo divenne il simbolo dell'accoglienza dei poveri e degli ammalati deformi, rifiutati da tutti.

Tra le eroiche figure di laici impegnati, vi è poi Bartolo Longo (+ 1926) il quale costruì una vera e propria città della carità con asili, orfanotrofi, ospizi e scuole sorte all'ombra della Vergine di Pompei.

Insieme con il beato Bartolo Longo ricordiamo Don Guanella, Don Orione, Padre Pio e l'interminabile schiera di santi e sante della carità che, in molti Paesi, hanno tenuto acceso il fuoco della speranza ed anticipato la vittoria definitiva dell'amore.

Vorrei chiudere questa rassegna accennando ad una donna, scomparsa da pochi anni, minuta nel fisico ma gigantesca nello spirito:  Madre Teresa di Calcutta. Nel cuore della Chiesa rimane indimenticabile testimone dell'amore che si fa servizio concreto e incessante ai fratelli più poveri e emarginati, attraverso il contributo di numerosissimi volontari. Fu madre dei poveri poiché essi, secondo le sue parole, sono i favoriti di Gesù. Io ho accettato l'onore di presiedere i suoi funerali a Calcutta e, nel grande stadio di quella città, ho visto campeggiare una sua espressione: "Le opere di amore sono opere di pace". Con la fatica quotidiana delle sue mani, Madre Teresa ha varcato i confini delle differenze religiose, culturali ed etniche, insegnando che vi è più gioia nel dare che nel ricevere. Ottimo insegnamento per i volontari!

E quante altre donne si sono eroicamente votate al servizio dei sofferenti! Basti ricordare, nei tempi moderni, due figure care agli italiani:  santa Francesca Saverio Cabrini e la beata Vanini.

L'esempio di tali testimoni della carità deve essere per tutti i credenti stimolo a vivere il tempo presente in maniera profetica e ispirare i volontari a trovare sempre nuove forme di solidarietà per ridare la speranza ai poveri.

                

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