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DISCORSO DEL DECANO DEL
CORPO DIPLOMATICO
PRESSO LA SANTA SEDE,
 
S.E. GIOVANNI GALASSI,
AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO,
A SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Lunedì, 7 gennaio 2008



Santissimo Padre,

A nome del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, sono lieto, ancora una volta, di formularle i miei più ferventi auspici per il Nuovo Anno.

Già all'inizio del 2007, lei, Santità, ci aveva esortato a lavorare insieme per lo sviluppo di un autentico umanesimo integrale, che è l'unica via per costruire un mondo nuovo, più giusto, più pacifico e più solidale.

A distanza di un anno, bisogna costatare, con tristezza, ma anche con sincerità, che, nella realtà presente, il mondo è ancora pericolosamente instabile a causa di gravi ed evidenti contrasti che ostacolano la coesistenza pacifica. Fra questi contrasti, bisogna menzionare: il divario persistente ed enorme fra i paesi ricchi, che beneficiano della maggior parte delle risorse del pianeta, con un atteggiamento consumistico sempre nuovo ma mai appagato, e i paesi poveri o in via di sviluppo, che sono annientati dalla fame, dalla sete, da catastrofi naturali e da epidemie devastanti; la diffusione di un sistema capitalistico cieco e deviante che, ponendo il profitto finanziario quale finalità specifica, induce a considerare il denaro come unico ideale di vita, e che conduce una grande parte degli uomini a una schiavitù poco diversa da quelle imposte, in passato, da altre ideologie aberranti; l'odissea drammatica e spesso tragica dei migranti mossi da bisogni fondamentali; l'utilizzazione sconsiderata delle risorse del pianeta con la conseguenza di gravi sconvolgimenti climatici; i conflitti di ordine etnico e quelli legati all'intolleranza religiosa e a un fanatismo nichilista che sprofondano spesso nell'assurda strategia del terrorismo; gli scontri armati ricorrenti e pesanti in numerosi paesi dell'Africa, dell'Asia, in Medio Oriente e anche in Europa; lo sfruttamento sistematico delle persone più deboli e delle persone indifese, con la diffusione dell'uso di droghe e il commercio vergognoso di essere umani, persino attraverso internet, che è indegno di qualsiasi società che si consideri civile; il traffico internazionale di armi, tradizionali e nuove, con l'utilizzazione di risorse finanziarie considerevoli, stornate da progetti di sostegno umanitario più importanti; il persistere di regimi totalitari che impediscono qualsiasi libertà di religione e che tendono anche a distruggere i luoghi di culto, non solo in paesi lontani, ma anche nella vicina Europa; i tentativi ricorrenti di togliere ogni legittimità alla famiglia e al suo ruolo di cellula fondamentale di ogni società ordinata; una visione deformata della scienza e della tecnologia, che non è più legata a imperativi etici, ma che è impregnata di un delirio di onnipotenza, ben lungi dai valori trascendenti dell'esistenza umana.

Dinanzi a tanti preoccupanti fattori, Santità, la sua voce si è sempre levata con autorità e coraggio e, in diverse occasioni, con speranza, lei ha ribadito l'invito alla fraternità e alla pace fra gli uomini.

In quanto Pastore della Chiesa universale, si è recato in Brasile, dove, dopo la canonizzazione del primo santo originario di questo Paese, ha conferito un nuovo slancio evangelico alla quinta Conferenza dell'Episcopato latinoamericano, ad Aparecida.

Ad Assisi e nel suo recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, ha rinnovato il suo appello, con insistenza, affinché il mondo possa edificare un'unica famiglia umana, secondo il criterio del bene di tutti e della legge morale naturale.

Pellegrino in Austria, nel Santuario di Mariazell, ha mostrato con determinazione che l'Europa potrà acquisire una migliore consapevolezza di se stessa solo se assumerà la propria responsabilità nel mondo, il che corrisponde alla sua tradizione spirituale singolare, preoccupandosi dell'importante interdipendenza fra fede, verità e ragione.

A Napoli, infine, la sua voce, Santità, si è levata, determinata e convincente, per un risveglio della società civile contro la violenza, che snatura l'uomo e la sua esistenza, e ha auspicato con forza una trasformazione delle coscienze e una rivoluzione dei cuori, con l'arma potente della preghiera.
In questa prospettiva, le siamo grati, Santissimo Padre, per la sua ultima Enciclica, Spes salvi, che potrà illuminare il nostro cammino terreno, come è già accaduto con la sua Enciclica precedente, Deus caritas est.

Ci permettiamo di ricordare con semplicità che la formazione di un'unica famiglia umana non sarà realizzabile se, al progresso tecnico e scientifico, non corrisponderà un progresso equivalente nella formazione etica dell'uomo, poiché, per riprendere il concetto da lei sviluppato nell'Enciclica Spes salvi la ragione del potere e del fare senza il giudizio del cuore e senza Dio, che è Amore, resta priva di speranza. Questa speranza obiettiva, e non soggettiva in quanto speranza individuale, si amplia in speranza per tutti gli uomini in modo da esistere «con» e «per» i nostri simili.

Questa speranza si traduce nella vita sociale in un potere che non è sinonimo di dominio, ma di servizio gli uni agli altri (cfr n. 23).

Nell'anno che sta iniziando si celebrerà il sessantesimo anniversario della Dichiarazione solenne dei Diritti dell'Uomo: formuliamo l'auspicio ampiamente condiviso che tali diritti, strettamente legati alla dignità umana, divengano ovunque effettivi per un futuro migliore.

In una simile speranza, malgrado le nubi minacciose che oscurano il nostro presente, ci sostengono alcune prospettive quali: il progresso verso la normalizzazione delle relazioni fra la Corea del Nord e la Corea del Sud; la nuova fase di negoziazioni fra Israeliani e Palestinesi, avviata ad Annapolis; la promulgazione del nuovo Trattato europeo, firmato a Lisbona; gli sforzi messi in atto per una più grande e più forte efficacia dell'O.N.U.; la recente proposta di un progetto solido di Unione Mediterranea; la moratoria sulla pena di morte, approvata dall'O.N.U., in un cammino ancora tutto da percorrere e che deve riguardare la difesa della vita umana in tutte le sue fasi; la presa di coscienza realistica, a Bali, dei danni incalcolabili che un uso insensato delle risorse del pianeta e delle fonti di energia potrà causa a breve termine non solo per la nuova generazione ma anche per le generazioni future; il recente vertice di Lisbona fra l'Unione Europea e l'Unione Africana per costruire un nuovo rapporto d'interdipendenza e di uguaglianza nella sovranità e nel rispetto; l'attività incessante che i Rappresentanti della Santa Sede svolgono presso Organismi internazionali a favore dell'etica e della dignità dell'uomo.

Con la stessa fiduciosa speranza, seguiamo lo svolgersi dell'intenso dialogo fra cattolici e ortodossi; le relazioni fraterne che Sua Santità ha intrattenuto nel corso dell'anno con il Patriarca Bartholomaios I, con Sua Beatitudine Chrysostomos II e con il Metropolita Kyrill del Patriarcato di Mosca, ne sono la prova evidente.

La presa di coscienza da parte di numerose istituzioni internazionali, fra le quali il Consiglio d'Europa, della questione fondamentale della dimensione religiosa del dialogo interculturale riveste un interesse particolare, anche dal punto di vista laico. Da questa presa di coscienza potranno nascere nuove interpretazioni del rapporto fra fede e cultura, per una coesistenza pacifica. In tal senso, mi permetto di ricordare il messaggio che lei, Santità, ha rivolto al venerabile Kahjun Handa, per l'incontro di preghiera sul Monte Hiei, a Kyoto, e anche la sua risposta alla recente lettera aperta di 138 guide religiose musulmane, «Una parola comune fra noi e voi», con l'invito a ricevere una delegazione delle persone che ne hanno fatto la proposta.

In effetti è attraverso il dialogo aperto e costruttivo fra tutti gli uomini, nel rispetto della diversità di ognuno e senza intento di proselitismo, che potranno nascere le condizioni di una cooperazione fraterna, in vista di una società più giusta e più aperta alle aspirazioni spirituali delle persone: è quello che chiedono i nostri giovani, ai quali abbiamo il dovere di indicare una via sicura per una vita migliore. Sono questi stessi giovani che si raggrupperanno attorno a lei, Santità, nel corso della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, a Sydney, e che aspirano a divenire i protagonisti del loro futuro in un mondo nuovo, privo di qualsiasi forma di esclusione e ricco di ideali.

Con questi sentimenti, le rinnoviamo i nostri auguri sinceri e deferenti per l'anno 2008, nel corso del quale sarà celebrato l'Anno giubilare speciale dedicato a san Paolo, «servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo» (Rm 1, 1), in occasione del bimillenario della sua nascita.
Buon Anno, Santissimo Padre.


 

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