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DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA,
 L'ON. FRANCESCO COSSIGA,
A SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II*

Sabato, 18 gennaio 1986

 

Santità,

è con sentimenti di fervida e di sincera amicizia, con sentimenti di cordiale ossequio che l’accolgo nel Palazzo del Quirinale, mentre è ancora vivo il ricordo delle premure riservatemi nel recente incontro in Vaticano.

Dissi allora che le Sue tanto amichevoli attenzioni le ritenevo rivolte, per mezzo mio e al di là della mia persona, all’intera Nazione italiana. Oggi è la Nazione italiana, nel cui nome mi onoro di parlare, a porgerLe il benvenuto.

È la seconda volta che Vostra Santità varca la soglia del Quirinale. Due anni or sono, scegliendo la data della celebrazione della festa nazionale italiana, Ella intese attribuire alla Sua visita un particolare e profondo significato, manifestando una sollecitudine di cui siamo ancora grati a Lei che è Capo della Chiesa Cattolica e Primate d’Italia in quanto Vescovo di Roma, così riproposta come segno e sede di concordia, comprensione e colloquio fra due soggetti, entrambi indipendenti e sovrani, giunti a un’importante maturità di reciproci rapporti giuridici e civili nel segno del rispetto e della libertà.

Roma è stata testimone nel corso dei secoli dell’instaurarsi dei due ordini in cui si riassumono, da un lato, la vocazione comunitaria, civile, e culturale dell’uomo e, dall’altro, la sua insopprimibile aspirazione alla spiritualità. La storia dei rapporti e della distinzione fra questi due ordini fu nei paesi dell’Occidente lunga e travagliata, come profondo e travagliato fu, per riflesso, il dissidio che turbò tante coscienze oneste ed elette, alla ricerca di un equilibrio interiore di fedeltà e di appartenenza o di riconoscimento e di rispetto, che la temperie storica tendeva invece spesso a rendere conflittuale o quanto meno problematico.

L’evoluzione dei tempi consentì progressivamente di definire nelle Nazioni dell’Occidente percorse dal messaggio cristiano, attraverso l’impegno e anche il sacrificio di molti, i rispettivi ambiti delle due Autorità, di avviarne gradualmente i rapporti verso orizzonti di collaborazione, di sanare le lacerazioni delle coscienze. Questa evoluzione lenta e difficile la visse, in particolare, il popolo italiano che, dopo il raggiungimento dell’unità nazionale, ebbe a superare nella sensibilità individuale e collettiva, situazioni peculiari alla sua storia.

Nulla è mai definitivamente acquisito nella vicenda dei popoli e nei rapporti fra i soggetti internazionali, soprattutto se non c’è, se viene a mancare il continuo concorso delle volontà nel trovare risposte sempre adeguate alle sempre mutevoli istanze che l’incessante svolgersi delle realtà civili, culturali e sociali produce e alimenta. Ma ritengo che la reciproca fiducia e la vicendevole cooperazione, che hanno favorito la conclusione dei recenti accordi fra lo Stato italiano e la Santa Sede, rappresentino un momento alto ed esemplare nei rapporti fra i due ordini indipendenti e sovrani. E, trovando un’eco di piena adesione nella coscienza del popolo italiano, sono certo che quella fiducia e quella cooperazione costituiscano non solo motivo di intimo rallegramento e di fervido auspicio, ma anche momento di attenzione da parte delle altre Nazioni che, nell’armonia raggiunta fra le istituzioni e nella concordia degli spiriti, non hanno certo mancato di cogliere un modello di misura, di reciproco rispetto, di autentica civiltà dell’uomo.

In tranquilla coscienza si può affermare che l’Italia e la Santa Sede offrono alla società delle Nazioni una testimonianza di profonda dedizione al bene comune, della persona e dell’intera collettività, non meno che prospettive di ulteriore fiduciosa collaborazione a vantaggio della libera crescita del cittadino.

L’Italia, rinata sulle rovine del secondo tragico conflitto mondiale e restituita alla dignità del libero ordinamento democratico sotto il presidio della Costituzione repubblicana, svolge da ormai quarant’anni la sua vicenda collettiva all’insegna della libertà, della lotta per l’eguaglianza, della responsabilità e del consapevole impegno dei suoi cittadini.

È mia profonda convinzione, Santità, che il felice concorrere di intenti fra i Governi della Repubblica, costantemente sostenuti e orientati dalle indicazioni del Parlamento, e la Santa Sede, sotto la illuminata guida del Suo Pontificato, non si sarebbe potuto così facilmente trasfondere in comune sentire e in così ampia concordanza di spiriti se l’evoluzione della società e i1 maturare delle coscienze non fossero stati favoriti e alimentati dal clima di libertà e di rispetto dei diritti della persona umana che la Costituzione repubblicana ha garantito in questi ultimi decenni.

Pace, libertà e giustizia: questi i grandi principi ispiratori della carta fondamentale della Repubblica, tradottisi in coerenza di comportamenti dei pubblici poteri; questi grandi valori umani ed eterni annunciati nel Vangelo e propugnati con fede e fiducia in tutti i continenti dall’instancabile magistero di Vostra Santità. Il millenario intrecciarsi del messaggio cristiano con la vicenda delle società civili è tale che anche le più elevate conquiste dello spirito umano portano in loro un’eredità e una presenza evangelica che ne rafforza il fondamento e l’universalità.

In questa profonda convergenza ideale, gli italiani, cattolici, cristiani, ebrei, credenti, non appartenenti a fedi religiose, hanno operato negli ultimi quarant’anni in vicendevole arricchimento di ispirazione e di finalità, per dare un indirizzo di pace e di costruttiva collaborazione all’azione dell’Italia nella politica internazionale.

L’Italia ha sempre operato nelle istanze multilaterali, nelle aggregazioni regionali, nei rapporti bilaterali, con il proposito di ridurre le tensioni, di favorire il dialogo, di affermare i diritti inalienabili dei popoli ad una propria patria, nel rispetto della libertà e dell’indipendenza delle altre Nazioni, di dare concreta testimonianza al vincolo di solidarietà che ci deve unire alle Nazioni più sfavorite : e in ciò lontana da ogni velleitario protagonismo o egoistico particolarismo, e solo sollecita dell’ordinato ed equo svolgimento dei rapporti fra i componenti della comunità internazionale.

Mi è gradito ricordare, anche in questa solenne circostanza, l’impegno con il quale l’Italia persegue da alcuni anni l’obiettivo di salvaguardare nelle aree più diseredate la vita umana dal flagello della fame e delle malattie, di ridurre le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, di incentivare Io sviluppo sociale ed economico nel rispetto della identità e della cultura dei popoli del Terzo Mondo, di promuovere la rimozione di ogni discriminazione razziale : non solo mobilitando a questo fine ingenti risorse, ma anche offrendo a schiere innumerevoli di uomini e di donne, di tanti giovani generosi, l’opportunità di realizzare nel volontariato la loro vocazione alla carità e al progresso integrale dell’uomo.

Sullo sfondo di questa condotta internazionale dell’Italia, sempre ispirata ai principi della Carta delle Nazioni Unite, assume un rilievo ancor più sinistro nella sua inaudita violenza il piano criminoso del terrorismo internazionale, che ha così gravemente offeso il nostro Paese.

L’Italia, che ha dato prova di altissimo vigore morale e civile nella lotta contro il terrorismo interno, senza mai sacrificare gli irrinunciabili valori di libertà, di democrazia e di civiltà del nostro ordinamento, partecipa con totale impegno allo sforzo di intensa e decisa cooperazione internazionale che è richiesto per fronteggiare la oscura minaccia che grava sulla serena e pacifica convivenza dei popoli.

Ci sono di grande incoraggiamento, Santità, le forti parole di condanna che Ella ha pronunciato contro quanti, artefici di una spirale di cieca distruzione, progettano e attuano tali crimini contro l’umanità.

Nel suo coraggioso magistero apostolico per le vie del mondo, Vostra Santità ha sempre invocato le ragioni della pace contro la guerra, della fratellanza contro l’odio, delle ragioni del dialogo contro le tentazioni della violenza, della libertà contro ogni forma di sopraffazione ideologica, economica e politica, sottolineando con fermezza che la pace non può fiorire se non sono tutelate le esigenze elementari della giustizia e della verità, se non sono rispettati i diritti e la dignità dell’uomo.

Ci conforta anche ricordare in questa occasione, attingendo al messaggio che Ella ha recentemente offerto al mondo per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace e al quale abbiamo dato la nostra più convinta adesione, il Suo ammonimento a non lasciarsi irretire dall’egoismo, il Suo auspicio a sostituire alla logica della competizione, il cammino della solidarietà e del dialogo. E ciò perché, abbandonate le posizioni « contaminate dalla brama di potere, dalle ideologie, dalla difesa dei privilegi », si possa giungere ad una piena disponibilità alla collaborazione con tutti, in uno spirito di mutua fiducia: sono queste invocazioni che riecheggiano l’insegnamento del Concilio Vaticano II, il cui patrimonio spirituale è stato con tanta autorevolezza riproposto dal recente Sinodo straordinario dei Vescovi, e che Ella avrà modo di rivolgere direttamente anche agli uomini di governo e alle moltitudini nel corso del Suo ormai prossimo nuovo viaggio apostolico in Estremo Oriente.

Le prospettive internazionali appaiono rasserenate dal messaggio di distensione scaturito dal recente vertice di Ginevra tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, che si configura come segno di speranza. Ma se non saranno superati gli attuali precari equilibri, se la pace sarà soltanto una non-guerra basata sul timore reciproco dell’annientamento totale, tutto sarà costruito sulla sabbia.

L’aprirsi dei nuovo anno, carico di promesse, eppure così dolorosamente rattristato dall’oltraggio perpetrato contro innocenti vite umane, rattristato ancora dal permanere di conflitti, tensioni, vergognose discriminazioni, vede in questa storica sede, ideale dimora di tutto il popolo italiano, la Sua augusta presenza. Essa ci sostiene e ci rallegra perché è immagine di pace, di fratellanza, di solidarietà umana.

Nel ringraziarLa con accenti di sincera riconoscenza per questa Sua visita a chi rappresenta l’unità della Nazione italiana, nuovo gesto di sollecitudine e di amichevole attenzione, desidero rinnovarLe, Santità, i più fervidi voti augurali per la Sua missione universale di rinascita spirituale, missione che ci preannuncia una stagione migliore e che è preziosa per tutti noi chiamati ad affrontare i gravi problemi del nostro tempo.

Le giungano i voti beneauguranti dell’intero popolo italiano che Le manifesta, attraverso le mie parole, l’ammirazione per la Sua opera e la profonda gratitudine per il Suo magistero, promotore incessante della dignità dell’uomo nella libertà e nella pace.


*Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IX, 1 p.141-145.

 

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