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Commemorazione del 50° Anniversario dell'Istituzione del Sinodo dei Vescovi
[Aula Paolo VI, 17 ottobre 2015]

Introduzione del Cardinale Lorenzo Baldisseri

 

Beatissimo Padre,
Eminenze, Beatitudini, Eccellenze,
Fratelli e Sorelle,

con grande gioia ci troviamo in quest’Aula per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.

Nella mia qualità di Segretario Generale, desidero ringraziare vivamente Vostra Santità, per aver voluto che, nel corso della XIV Assemblea Generale Ordinaria, si svolgesse questa celebrazione, solennizzata dalla Sua presenza e da quella di tutti i Padri sinodali; dei Cardinali, Arcivescovi e Vescovi invitati a quest’evento; nonché degli Ecc.mi Signori Ambasciatori e dei distinti Rappresentanti di numerose Istituzioni ecclesiastiche e civili.

Un ringraziamento particolare estendo a tutti coloro che, nel corso di questi cinquant’anni, hanno offerto un servizio generoso e competente al cammino sinodale, specialmente ai Segretari Generali che mi hanno preceduto, ai Sotto-Segretari, ai Consultori e agli Officiali di ieri e di oggi.

Infine, desidero salutare cordialmente e ringraziare sentitamente tutti i presenti in quest’Aula.

Il 15 settembre 1965 il Beato Paolo VI promulgò il motu proprio Apostolica sollicitudo, con il quale istituiva il Sinodo dei Vescovi quale «speciale Consiglio permanente di sacri Pastori, e ciò affinché anche dopo il Concilio continuasse a giungere al Popolo cristiano quella larga abbondanza di benefici, che durante il Concilio felicemente si ebbe dalla viva unione [del Sommo Pontefice] con i Vescovi»[1]. Con l’istituzione del Sinodo, Paolo VI intendeva rispondere all’esigenza di «adattare le vie e i metodi del sacro apostolato alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società», esigenza che richiede di «ricorrere sempre più all’aiuto dei Vescovi per il bene della Chiesa universale»[2].

Soltanto pochi mesi prima della conclusione del Concilio Vaticano II, il Sinodo dei Vescovi iniziava il suo cammino: il nuovo organismo riceveva il “testimone” della grande assise ecumenica, affinché lo “spirito collegiale” del Concilio continuasse anche in seguito a “spirare” sulla Chiesa.

Da allora ad oggi si contano 27 Assemblee sinodali, compresa quella in corso: 14 Assemblee Generali Ordinarie, 3 Assemblee Generali Straordinarie, 10 Assemblee Speciali.

Le 14 Assemblee Generali Ordinarie si sono occupate della preservazione e del rafforzamento della fede cattolica, del sacerdozio ministeriale e della formazione dei Presbiteri nelle circostanze attuali, della giustizia nel mondo, dell’evangelizzazione e della catechesi nell’epoca contemporanea, della Penitenza e della Riconciliazione, della vocazione e missione dei Laici, della vita consacrata e del ministero pastorale dei Vescovi, dell’Eucaristia e della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, della nuova evangelizzazione e per due volte della famiglia.

Le tre Assemblee Generali Straordinarie hanno invece trattato della cooperazione tra la Santa Sede e le Conferenze Episcopali, del ventesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II e, lo scorso anno, della famiglia come prima tappa del cammino sinodale che si sta concludendo.

Dieci sono state le Assemblee Speciali, che per loro natura si riferiscono ad una o più aree geografiche: i Paesi Bassi, l’Europa per due volte, l’Africa per due volte, il Libano, l’America, l’Asia, l’Oceania e il Medioriente.

Il Sinodo, in questo mezzo secolo, ha toccato molteplici temi attinenti alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel nostro tempo. Le varie Assemblee sinodali, che oggi ad uno sguardo d’insieme si mostrano a noi come le tappe di un cammino unitario e coerente, sono divenute uno strumento privilegiato per l’attuazione e la recezione del Concilio Vaticano II, in vista del rinnovamento pastorale della Chiesa e del suo dialogo con il mondo contemporaneo.

È rilevante che ben tre delle 27 Assemblee sinodali si siano concentrate sulla famiglia: una scelta di grande attualità per la Chiesa e per il mondo contemporaneo. Come Vostra Santità ci ha recentemente ricordato, il «respiro mondiale» del Sinodo dei Vescovi ben corrisponde alla «portata universale di questa comunità umana fondamentale e insostituibile che è appunto la famiglia»[3].

Parlando ai membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale, San Giovanni Paolo II nel 1983 ha paragonato il Sinodo ad un albero che porta sempre nuovi frutti: «Il Sinodo dei Vescovi – egli ha affermato – è germogliato nel fertile terreno del Concilio Vaticano II, ha potuto vedere il sole grazie alla sensibile mente del mio Predecessore, Paolo VI, ed ha cominciato a portare i suoi frutti sin dalla prima Assemblea Ordinaria del 1967. […] Di fronte a questa ricchezza di frutti già prodotti e di potenzialità ancora non dispiegate dell’ancor giovane istituzione sinodale, è giusto anzitutto rendere grazie a Dio perché ha voluto ispirare la sua fondazione e guidare la sua opera. […] Come ogni istituzione umana, anche il Sinodo dei Vescovi sta crescendo e potrà ancora crescere e sviluppare le sue potenzialità»[4].

Anche Vostra Santità ha applicato l’immagine dei frutti all’organismo sinodale: il Sinodo – Ella ha asserito – «è stato uno dei frutti del Concilio Vaticano II. Grazie a Dio, in questi quasi cinquant’anni, si sono potuti sperimentare i benefici di questa istituzione, che, in modo permanente, è posta al servizio della missione e della comunione della Chiesa, come espressione della collegialità»[5].

Attraverso il Sinodo – nel quale Vescovi provenienti da tutto il mondo mettono al servizio del Successore di Pietro il loro consiglio, la loro prudenza e la loro esperienza[6] – la Chiesa intende sempre più «avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria»[7], per proclamare con slancio rinnovato agli uomini del nostro tempo «la gioia del Vangelo [che] riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù»[8]. Questa conversione dev’essere «capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale»[9].

Santità, Le siamo riconoscenti per aver incoraggiato, fin dall’inizio del Suo ministero petrino, il cammino sinodale, non solo con le Sue parole autorevoli pronunciate in molteplici occasioni, ma anche con la Sua presenza costante alle Assemblee Sinodali e alle riunioni del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale. Nella persuasione che «il cammino della sinodalità […] è il cammino che Dio ci chiede»[10], Ella ci esorta con determinazione a «cercare forme sempre più profonde e autentiche dell’esercizio della collegialità sinodale, per meglio realizzare la comunione ecclesiale e per promuovere la sua inesauribile missione»[11].

Soltanto pochi giorni fa, nella prima Congregazione Generale dell’Assemblea in corso, Vostra Santità ci ha ricordato che il Sinodo è il luogo di manifestazione della collegialità episcopale, del rinnovamento della Chiesa nella fedeltà al Vangelo e dell’azione imprevedibile dello Spirito Santo[12]. Con queste tre preziose indicazioni la strada del Sinodo per il tempo a venire è già tracciata. È una strada che desideriamo continuare a “percorrere insieme”, noi Vescovi uniti cum Petro et sub Petro nel servizio al Popolo santo di Dio.


[1] Beato Paolo VI, motu proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 2015, proemio.
[2]  Ibidem.
[7] Francesco, esortazione apostolica Evangelii Gaudium, 24 novembre 2013, 25.
[10] Francesco, Intervista concessa al quotidiano “La Nación”, 7 dicembre 2014.