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Omelia di Sua Eccellenza Mons. Nikola Eterović,
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi

Commemorazione del 10° anniversario della pubblicazione
dellÂÂ’Esortazione Apostolica post-Sinodale Ecclesia in Africa

Yaoundé, 17 settembre 2005

  

(Ef 1, 3-10; Ps 1, 1-6; Mt 10,5. 7-13)                                         

Cari confratelli nellÂÂ’episcopato,
diletti sacerdoti, religiosi, religiose, catechisti e laici impegnati,
distinte autorità civili e tradizionali,
cari fratelli e sorelle
,

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Con queste parole, sintesi di ogni preghiera cristiana, saluto tutti voi riuniti in questo bellissimo santuario della Beata Vergine Maria di Mvolyé, per la conclusione delle celebrazioni commemorative del 10o anniversario della pubblicazione dellÂÂ’Esortazione Apostolica post-Sinodale Ecclesia in Africa, che ha avuto luogo  a Yaoundé, il 14 settembre 1995, Festa dellÂÂ’Esaltazione della Santa Croce. Il mio saluto si estende a coloro che ci seguono tramite i mezzi di comunicazione sociale e a tutti i cristiani dellÂÂ’Africa che sono con noi uniti in modo spirituale tramite i vincoli di fede, speranza e carità nel nostro Signore Gesù risorto, presente in mezzo a noi, in modo particolare, in questa Santa Messa.

Sono onorato di poter trasmettere a tutti il saluto del Santo Padre Benedetto XVI che Egli ben volentieri accompagna con la Sua Benedizione Apostolica.

Rivolgo il mio cordiale saluto agli Em.mi ed agli Ecc.mi Vescovi che prendono parte a questa concelebrazione eucaristica. Sono grato in modo speciale allÂÂ’Ecc.mo Mons. Tonyé Bakot, Arcivescovo di Yaoundé e Presidente della Conferenza Episcopale del Camerun, come pure allÂÂ’Ecc.mo Mons. Antoine Ntalou, Arcivescovo di Garoua, Presidente del Comitato di Coordinazione, per lÂÂ’invito rivoltomi di presiedere questa solenne Eucaristia, ringraziando insieme con voi Dio Uno e Trino per il grande dono dellÂÂ’Ecclesia in Africa, documento che ha segnato la recente storia dellÂÂ’Africa.

La presenza a questa Santa Messa dei distinti membri del Governo della Nazione è una manifestazione concreta della buona intesa in Camerun tra le autorità della Chiesa e dello Stato. Mentre li saluto ben volentieri tutti, formulo i più fervidi voti per un ulteriore approfondimento di tali rapporti, perché la mutua collaborazione di uomini di Chiesa e della comunità politica sia orientata a promuovere il bene comune, spirituale e materiale, di tutti i cittadini del caro Paese.

LÂÂ’Eucaristia, traduzione della parola ebraica berakà, significa il ringraziamento, la lode, la benedizione. Partecipando al banchetto di Gesù Cristo, Agnello Immolato (cfr. Ap. 5, 6), noi ringraziamo Dio Uno e Trino per i grandi doni della creazione, della redenzione e della santificazione.

Ringraziamo Dio Padre “dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (cfr. Ef 3, 15) per averci considerati degni della vocazione cristiana. Per sua bontà, nella persona del Signore Gesù, Egli ha illuminato gli occhi della nostra mente per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi (cfr. Ef 1,18). A Lui, Padre nostro nei cieli (cfr. Mt 6, 9) offriamo  il dono più prezioso che Egli stesso ci ha donato: il Suo Figlio Unigenito il cui sacrificio ripresentiamo nel sublime sacramento dellÂÂ’Eucaristia, mentre partecipando al banchetto escatologico facciamo memoria della sua passione, morte e resurrezione.

Grazie a Gesù Cristo, Pane disceso dal cielo (Gv 6, 41), per averci rivelato il vero volto di Dio (cfr. Gv 14, 9). NellÂÂ’Eucaristia la nostra lode si unisce essenzialmente a Lui, che continua a presentarsi ai cristiani di tutti i tempi, anzi ad ogni uomo di buona volontà, come la via, la verità e la vita (Cfr. Gv 14, 6). Infatti, Gesù Cristo è il cammino sicuro verso il Dio Padre. Egli ci guida alla verità riguardante Dio, lÂÂ’uomo e il mondo, che ci porta al raggiungimento della gioia nella vita eterna.

La celebrazione dellÂÂ’Eucaristia è resa possibile grazie allÂÂ’opera dello Spirito Santo, dono del Signore risorto.  In questo momento solenne, ringraziamo anche lo Spirito Santo, “Spirito di verità” (Gv 14, 17), che dà la vita  (Cfr. Gv 6, 63) e ci guida a scoprire tramite la Chiesa la verità tutta intera (cfr. Gv 16, 13) dellÂÂ’insondabile mistero di Dio.

Nel nostro pensiero, pieno di gratitudine, un posto particolare occupa il caro Papa Giovanni Paolo II, vero Padre della Prima Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa del Sinodo dei Vescovi. Attento alle necessità ecclesiali e sociali del grande continente africano, egli, nella sua intuizione profetica e dopo opportune consultazioni con i confratelli nellÂÂ’episcopato, convocò il menzionato Sinodo e ne seguì da vicino tutte le tappe di preparazione e di celebrazione a Roma e in tre diversi posti dellÂÂ’Africa: Yaoundé, Camerun; Johannesburg-Pretoria, Repubblica Sudafricana; Nairobi, Kenya. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II volle venire in Camerun per firmare lÂÂ’Esortazione post-Sinodale Ecclesia in Africa, affidando alla Chiesa Cattolica in Africa lÂÂ’applicazione delle indicazioni contenute nel menzionato documento, risultato della sapienza che viene dallÂÂ’alto (cfr. Gc 3, 17) e della riflessione collegiale dei qualificati rappresentanti dellÂÂ’episcopato africano radunati intorno il Vescovo di Roma, successore di san Pietro, Pastore universale della Chiesa. Tramite il Consiglio Speciale per lÂÂ’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il Papa Giovanni Paolo II ha seguito puntualmente la messa in pratica dellÂÂ’insegnamento del documento in parola, dimostrando anche in tale modo il suo costante interesse per la sorte del continente africano.

Pieni di gratitudine filiale, ringraziamo la Divina Provvidenza per il lungo e fruttuoso servizio pastorale del benemerito Papa Giovanni Paolo II che tanto ha amato lÂÂ’Africa, esprimendo tale attitudine a parole e con gesti concreti, tra cui un posto importante occupano i suoi 12 Viaggi Apostolici nel continente, durante i quali ha visitato 37 Paesi africani.

NellÂÂ’introduzione alla Santa Messa, celebrata sulla spianata dellÂÂ’aeroporto di Yaoundè, il 15 settembre 1995, il Papa Giovanni Paolo II ha voluto, tra lÂÂ’altro, ricordare il 30mo anniversario dellÂÂ’istituzione del Sinodo dei Vescovi, “unÂÂ’istituzione che possiamo definire provvidenziale per lÂÂ’esercizio della collegialità, della carità pastorale, della comunione gerarchica del Collegio Episcopale del mondo intero ‘cum Petro et sub PetroÂ’” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, anno 1995, p. 551). NellÂÂ’omelia, poi, il Servo di Dio auspicò che i frutti dellÂÂ’Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa del  Sinodo dei Vescovi indicassero, ben chiaramente e per lunghi anni, la direzione della Chiesa nel continente africano (N. 8). Ad una distanza di tempo sufficientemente ampia, possiamo constatare, grati al Signore, che la preghiera del defunto Pontefice si è compiuta. Infatti, lÂÂ’Ecclesia in Africa è diventata la Magna Charta della Chiesa Cattolica nel passaggio dal Secondo al Terzo millennio del cristianesimo. Essa ha rappresentato un chiaro punto di riferimento per lÂÂ’azione pastorale dellÂÂ’insieme. Infatti, lÂÂ’Esortazione Apostolica ha fornito indicazioni sicure sul rapporto tra Evangelizzazione e Inculturazione (Cap. III). Descrivendo le sfide allÂÂ’attività pastorale, il Documento ha messo al centro dellÂÂ’evangelizzazione la famiglia (Cap. IV). Ha poi indicato il contenuto dellÂÂ’edificazione del Regno di Dio (Cap. VI), rammentando a tutti la dimensione missionaria della Chiesa (Cap. VII).  Ricordando che tutti sono chiamati a diventare testimoni di Gesù Cristo in Africa, il Sinodo ha fornito indicazioni particolari per ogni categoria di fedeli e delle strutture ecclesiali, necessarie per lÂÂ’urgente opera di evangelizzazione del continente africano (Cap. V).

Mentre commemoriamo il 10° anniversario dellÂÂ’Ecclesia in Africa, è doveroso ricordare che il Servo di Dio Giovanni Paolo II rese pubblica anche la sua intenzione di convocare la Seconda Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa del Sinodo dei Vescovi. Tale annuncio, come seme buono, è caduto in terra fertile ed è stato raccolto da Sua Santità Benedetto XVI.  Il 22 giugno scorso, il Santo Padre, facendo suo tale progetto, dichiarò pubblicamente lÂÂ’intenzione di convocare la Seconda Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa del Sinodo dei Vescovi nella speranza che essa fomenterà lÂÂ’azione evangelizzatrice nellÂÂ’intero continente, consolidando lÂÂ’attività pastorale della Chiesa Cattolica e promuovendo la riconciliazione e la pace.

Con la Seconda Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa si auspica di rinnovare lÂÂ’entusiasmo ecclesiale che suscitò la Prima Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa. Si spera che in tale clima favorevole sarà possibile rileggere lÂÂ’Ecclesia in Africa per valutarne numerosi aspetti positivi messi in pratica grazie alla diligenza apostolica di tutti agenti pastorali: vescovi, sacerdoti, religiosi, diaconi, religiose, catechisti e laici impegnati. In tale compito, un posto particolare di guida e di coordinazione hanno avuto i Vescovi, Pastori delle Chiese particolari. Vi sarà pure lÂÂ’occasione di riscoprire aspetti del Documento rimasti nellÂÂ’ombra o tuttora applicati solo in parte. Dato che la situazione ecclesiale e sociale si sviluppa in modo rapido, saranno fatte ulteriori analisi circa lÂÂ’attuale situazione della Chiesa Cattolica in Africa, i suoi successi e le sfide, approfondendo alcuni temi di maggiore attualità nellÂÂ’intento di riprendere, con rinnovato slancio, il cammino dellÂÂ’annuncio della Buona Notizia, dopo un momento privilegiato di riflessione e di preghiera, nel contesto collegiale dellÂÂ’assise sinodale. Tutti i cristiani, soprattutto nel continente africano, sono invitati già da adesso a pregare per il buon esito della Seconda Assemblea Speciale per lÂÂ’Africa del Sinodo dei Vescovi, i cui preparativi sono già da tempo incominciati sotto la guida, prima, del Papa Giovanni Paolo II e, poi, del Santo Padre Benedetto XVI.

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Riuniti intorno alla mensa del Signore, mentre si sta avvicinando la fine dellÂÂ’Anno dellÂÂ’Eucaristia, apriamo cari fratelli e sorelle i nostri cuori alla grazia dello Spirito Santo perché ci purifichi e renda sempre più disponibili a compiere la volontà di Dio Padre per il bene nostro, delle nostre comunità, piccole e grandi, e per la salvezza di tutti gli uomini amati da Dio.

Affidandoci alla preghiera di Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini (Cfr. 1 Tim 2, 5), eleviamo la nostra lode a Dio buono e misericordioso da questo santuario mariano di Mvokyè, ringraziando per avere indirizzato la Sua parola  di vita alla Chiesa che è in Africa (cfr. Ap 2,1). Mi permetto di rilevare alcuni aspetti dal ricco messaggio delle letture appena ascoltate.

La parola di Dio esorta tutti noi, membri della Chiesa di Gesù Cristo, a diventare missionari. Essa, inoltre, determina la meta della nostra attività pastorale e stabilisce il contenuto dellÂÂ’evangelizzazione.

 Il Signore Gesù, dopo avere ammaestrato i dodici discepoli, li inviò in missione. Si è trattato, in un primo tempo, dellÂÂ’invio presso “le pecore perdute della casa dÂÂ’Israele” (Mt 1, 5). Ma la missione doveva allargarsi al mondo intero, corrispondendo alla volontà divina di salvezza di tutti gli uomini (Cfr. Tim 2, 11). Infatti, il Signore risorto ordinò ai discepoli: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19).

 San Paolo Apostolo ebbe una coscienza chiara di tale dimensione universale della predicazione del Vangelo e della salvezza anche per i pagani. Nella Lettera agli Efesini, egli descrive il contenuto di una rivelazione particolare dello Spirito Santo, specificando “che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” (Ef 3, 6).

Le discussioni circa la natura della missione cristiana furono oggetto del Concilio di Gerusalemme (Cfr. Atti 15, 1-21) che accettò quanto lo Spirito Santo stava già operando non solamente tramite Paolo e Barnaba, bensì anche tramite lÂÂ’Apostolo Pietro e il diacono Filippo che, per ispirazione di un angelo del Signore, battezzò il primo cristiano africano. Infatti, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza, dopo avergli svelato il senso della Parola di Dio, Filippo battezzò “un Etìope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia” (Atti 8, 26-40) venuto per il culto a Gerusalemme.

I grandi beneficiari delle decisioni conciliari furono i popoli pagani e, tra di loro, anche gli abitanti dellÂÂ’Africa, ove il cristianesimo ebbe una grande fioritura, soprattutto lungo il bacino del Mediterraneo, durante i primi secoli dopo Cristo. Per varie vicende sociali e politiche, i confini della sua estensione cambiavano, tanto che si può parlare di tre fasi dellÂÂ’Evangelizzazione dellÂÂ’Africa (cfr. EIA Cap. II). Il cristianesimo, però, rimase sempre presente in Africa, come testimonia la storia della Chiesa copta.

Attualmente, la Chiesa Cattolica in Africa conosce uno sviluppo straordinario, pieno di promesse. Ne testimoniano i dati statistici circa il numero dei credenti, che oltrepassa i 144.000.000 di persone, e il continuo aumento di sacerdoti, religiosi, religiose, catechisti. Il segno più evidente di tale fioritura cristiana è, però, la mentalità missionaria, che si sta diffondendo con risultati assai positivi. LÂÂ’Africa non è più solamente il continente che riceve i missionari pervenuti dallÂÂ’estero per annunciare la Buona Notizia. Sempre di più sono i missionari africani ad oltrepassare le frontiere dei singoli Stati e pure dei continenti per portare il lieto annuncio ai vicini ed ai lontani, là dove ciò risulta necessario. Ringraziamo Dio Onnipotente per tale grande dono, implorando dalla sua bontà altre numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, distinte per santità di vita e animate da zelo apostolico, disposte a diffondere il suo santo nome in tutto lÂÂ’orbe terrestre, secondo le indicazioni della Chiesa.

Inviando i suoi discepoli in missione, il Signore Gesù specificò pure il contenuto del messaggio che devono portare: “E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino” (Mt 10, 7). La vicinanza del regno coincide con la persona di Gesù. Per farne parte, mangiando e bevendo alla mensa nel suo regno(cfr. Lc 22,30), occorre convertirsi (cfr. Mt 3,2), vivere le beatitudini (cfr. Mt 5,3; Mt 5,10), compiere la volontà di Dio Padre (cfr. Mt 7, 21).

Per rendere efficace lÂÂ’annuncio, il Signore Gesù diede ai discepoli il potere di guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, cacciare i demòni (Cfr. Mt  10, 8). Perché apparisse che si tratti di un dono gratuito di Dio, ricevuto senza alcun loro merito, i discepoli dovevano andare in missione sprovvisti di mezzi materiali, eccetto il diritto al nutrimento: “Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone” (Mt 10, 9-10).

Sono trascorsi 2.000 anni, ma il messaggio del Signore Gesù rimane identico, fecondo nellÂÂ’austerità dei mezzi. Egli continua ad inviare anche oggi i suoi discepoli ad annunciare il suo Regno, invitando tutti a far parte del suo banchetto nuziale (Cfr. Mt 22, 1-14). LÂÂ’annuncio del Regno di Dio presente in mezzo a noi deve occupare il primo posto nellÂÂ’azione evangelizzatrice della Chiesa che, poi, suscita varie iniziative concrete di promozione umana. Dio sempre fa accompagnare tale annuncio da miracoli, segni e prodigi (cfr. Atti 2, 22). Alcuni sono evidenti agli occhi dei credenti, risultato della grazia sacramentale del Battesimo e del sacramento della Penitenza come, per esempio, lÂÂ’abbandono della vita peccaminosa e la risurrezione alla vita dei figli di Dio; la liberazione dagli influssi negativi di Satana, dai poteri cattivi degli spiriti, dalla magia, dai poteri occulti. Altri sono risultato dellÂÂ’attività sociale della comunità ecclesiale come, per esempio, le scuole cattoliche ove si imparte unÂÂ’educazione integrale, le strutture sanitarie in cui si curano gli infermi, anche coloro che sono contaminati da malattie contagiose, i cui portatori non sono ben accolti in altri ospedali. La parola di Dio ci insegna che la vera liberazione dellÂÂ’uomo in Africa e altrove proviene dalla Parola e dalla grazia di Dio. È essenziale mantenere intatta tale coscienza soprattutto nel mondo attuale, ove il cristiano deve confrontarsi con varie concezioni di liberazione e di salvezza, proprie di diverse religioni e varie visioni del mondo.

Una delle condizioni del successo nella missione, è lÂÂ’appoggio della comunità, espressa anche tramite lÂÂ’ospitalità. Il Signore Gesù ha raccomandato ai discepoli di verificare, entrando in qualunque città o villaggio, “se vi sia qualche persona degna” (Mt 10, 11) che possa accoglierli fino al giorno della loro partenza. Nella storia della comunità primitiva, negli Atti degli Apostoli, leggiamo spesso i nomi di alcuni che accoglievano gli annunciatori della Buona Notizia. In tale modo, essi stessi furono beneficiati, ricevendo tra i primi il battesimo e diventando discepoli di Gesù Cristo. Al contempo, facilitavano la missione degli Apostoli, che trovavano appoggio personale e accoglienza nelle loro case.

Nel Nuovo Testamento è descritta bene lÂÂ’ospitalità di cui beneficiò Gesù Bambino in Africa. Dovendo fuggire dalle ire del Re Erode, la Sacra Famiglia di Maria, Giuseppe e Gesù trovò il rifugio in Egitto (Cfr. Mt 2, 14-15), ritornando in Palestina solamente dopo la morte del tiranno.

Anche numerosi missionari venendo in questo continente hanno goduto di tale valore tradizionale africano. È lecito pensare che pure per tale motivo Dio ha benedetto gli abitanti dellÂÂ’Africa, facendovi impiantare in modo stabile la Chiesa. Essa è sempre più simile ad un grande “albero piantato lungo corsi dÂÂ’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere” (Sal 1, 3).

Nel momento presente, lÂÂ’ospitalità diventa urgente soprattutto nei riguardi di fratelli e sorelle in difficoltà, che a causa di varie specie di violenze, in particolare di guerre, di disastri naturali, cercano rifugio presso i loro confratelli. Al riguardo, i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero praticare la virtù dellÂÂ’ospitalità, tenendo presente che ad essa è legato il premio che il Signore Gesù offre ai suoi fedeli: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25, 35).

I discepoli di Gesù Cristo portarono a coloro che li accolsero la pace.  La pace è il dono del Signore risorto, che, dopo avere vinto la morte, saluta i suoi: “Pace a voi!” (Gv 20, 19). Il mondo non può dare tale pace (Cfr. Gv 14, 27). Il mondo, però, ne ha urgente bisogno dapertutto, soprattutto in Africa, sconvolta da numerosi conflitti di varia intensità. Pertanto, uno dei compiti principali del cristiano è di vivere la beatitudine della pace (Cfr. Mt 5, 9) e di diffonderne gli effetti benefici dapertutto. Senza la pace, non vi può essere una giustizia né uno sviluppo armonioso dei Popoli e dei continenti. Illuminati dalla fede, i cristiani sanno che la pace è il risultato del cuore contrito, che riceve la forza di perdonare e di chiedere perdono. Per poter incidere sulla società, tale attitudine non deve essere solamente delle singole persone, bensì anche dei gruppi influenti, possibilmente accettata a livello di intere nazioni. Solamene in tale modo si potranno efficacemente combattere o perlomeno limitare i grandi mali dellÂÂ’Africa bene descritti nellÂÂ’Ecclesia in Africa: la povertà, la corruzione, lÂÂ’urbanizzazione, il debito internazionale, il commercio delle armi, il problema dei rifugiati e dei profughi, i problemi demografici e le minacce che pesano sulla famiglia, lÂÂ’emancipazione delle donne, la propagazione dellÂÂ’AIDS, la sopravvivenza della pratica della schiavitù, lÂÂ’etnocentrismo, le opposizioni tribali (Cfr. Cap. II).

Cari fratelli e sorelle, con la felice espressione, Ex Africa lux (“DallÂÂ’Africa la luce”), il Servo Dio Giovanni Paolo II manifestò il suo amore verso lÂÂ’Africa, ringraziando la Provvidenza per la grande testimonianza cristiana di santÂÂ’Agostino, Vescovo di Ippona, eccellente africano di dimensione universale (Omelia a Yaoundè, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, anno 1995, p. 552).

Facendo mia tale espressione, anche io desidero ringraziare Dio Padre, Figlio e Spirito Santo per il contributo offerto dalla Chiesa Cattolica in Africa alla Chiesa Universale e al mondo intero. Si tratta anche di un auspicio, affinché i valori della cultura africana, elevati dalla grazia del Vangelo, brillino ancora di più in mezzo agli altri Popoli e alle Nazioni.

Ex Africa lux: il senso innato di Dio e del sacro. In un mondo spesso disinteressato dei valori trascendenti, i cristiani dellÂÂ’Africa, insieme con i fratelli di altre denominazioni religiose, soprattutto delle religioni tradizionali e dellÂÂ’Islam, trasmettano al mondo il senso di Dio.

Ex Africa lux: la gioia di fronte al mistero della vita, la capacità di rallegrasi insieme con i fratelli per i doni, piccoli e grandi, della Divina provvidenza e della benevolenza del prossimo. Non mancano Paesi, i cui abitanti sono diventati, in buona parte, schiavi della mentalità consumistica, perdendo il senso e la gioia della vita, che, invece, dovrebbero riscoprire a contatto con i cristiani africani.

Ex Africa lux: lÂÂ’alta percentuale dei cristiani in Africa presenti alla celebrazione eucaristica nella domenica, giorno del Signore, e nei giorni di precetto serva da esempio a tanti fedeli che in altre parti del mondo sembrano abbandonare tale prassi, allontanandosi pure dalla Chiesa.

Ex Africa lux: il rispetto della Famiglia, istituzione di base della società e della Chiesa. Apertura gioiosa alla vita, il suo rispetto in tutte le tappe, dal concepimento alla morte naturale. In tale campo, la famiglia africana, elevata allÂÂ’ideale pronunciato dal Signore Gesù nel Vangelo, dovrebbe aiutare ad opporsi, tra lÂÂ’altro, ai cosiddetti matrimoni unisessuali e allÂÂ’abominevole crimine dellÂÂ’aborto. La concezione di Chiesa come Famiglia di Dio può essere uno specifico contributo della cultura africana cristiana alla Chiesa universale.

Ex Africa lux: il dialogo, la tolleranza, lÂÂ’apertura e il rispetto verso lÂÂ’atro hanno caratterizzato la cultura religiosa africana. Si tratta di valori ancora attuali, in grado di sconfiggere varie specie di fondamentalismo, terrorismo, proselitismo che, purtroppo, si stanno manifestando in varie parti del mondo.              

Ex Africa lux: numerosi santi, figli e figlie migliori dellÂÂ’Africa, hanno caratterizzato ogni tappa dellÂÂ’evangelizzazione del continente. È sufficente ricordare  santÂÂ’Atanasio, san Cirillo, san Cipriano, santÂÂ’Agostino, i santi del deserto Paolo, Antonio, Pacomio, san Frumenzio, le sante donne: Felicita, Perpetua, Monica, Tecla (cfr. EIA N. 31). Ad essi si aggiungo i santi martiri dellÂÂ’Uganda, canonizzati dal Papa Paolo VI, come pure numerosi santi e beati proclamati durante il Pontificato di Giovanni Paolo II (cfr. EIA NN. 33 e 34). Essi sono il segno della vitalità della Chiesa Cattolica in Africa, lievito di una società nuova, più giusta e prospera in Africa e nel mondo intero.

Ex Africa lux:  Gesù Cristo, luce del mondo (cfr. Gv 8, 12). Egli vinca le tenebre del peccato, dellÂÂ’egoismo, di ogni schiavitù e sfruttamento, perché, per il rinnovamento morale e spirituale dei cristiani dellÂÂ’Africa, il Terzo millennio del cristianesimo sia caratterizzato da un grande slancio missionario che si diffonda da questo continente benedetto al mondo intero, quale germe di edificazione di una società più giusta e accogliente, costruita nel rispetto della legge di Dio e dei diritti inalienabili della persona umana.

Alla Beata Vergine Maria, venerata in tanti santuari del continente, in modo che possiamo denominarla  Madre dellÂÂ’Africa, affidiamo questa nostra preghiera. Che Ella, Madre di Dio e Madre nostra interceda per noi ed implori tutte le grazie necessarie, perché possiamo  sempre, con le parole e soprattutto con la testimonianza della nostra vita cristiana, cantare la lode a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo Amen.
   

 

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