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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE 
DEL VOLUME: "IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA 
NEI MESSAGGI DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II
ALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA"

Martedì, 13 Giugno 2000

 

INTERVENTO DI P. URBANO NAVARRETE

Il volume si apre con una Prefazione del Cardinale Angelo Sodano Segretario di Stato. Sua Eminenza inizia con questa constatazione:

«Nessuna circostanza più di quella dell'Anno Giubilare poteva essere propizia per la pubblicazione del volume, curato dalla Penitenziaria Apostolica, che raccoglie 12 documenti sul Sacramento della Penitenza, indirizzati dal Sommo Pontefice alla medesima Penitenzieria Apostolica, ai Padri Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali dell'Urbe ed ai sacerdoti che anno per anno partecipano al Corso sul Foro Interno tenuto dal predetto Dicastero. Ma, come esplicitamente ogni volta il Santo Padre mette in evidenza, Egli intende che tali espressioni del Suo Magistero raggiungano tutti i sacerdoti, anzi tutti i fedeli del mondo.

Connaturale, vorrei dire, la circostanza del Giubileo a questa iniziativa della Penitenzieria, perché tra i più insigni ed auspicati benefici dell'Anno Santo, il Papa indica appunto il Sacramento della Riconciliazione: "Possa uno dei frutti del Grande Giubileo dell'Anno 2000 essere il ritorno generale dei fedeli cristiani alla pratica sacramentale della confessione" (Udienza ai Vescovi Portoghesi in visita ad Limina, 30 novembre 1999)».

Sua Eminenza mette in rapporto il Giubileo con la Penitenzieria; rapporto che non è occasionale, ma storico e istituzionale. Le due istituzioni infatti sono nate e si sono sviluppate nel corso dei secoli in primo luogo per venire incontro ai pellegrini di Roma nei loro problemi riguardanti il foro interno o foro della coscienza, nella sua più ampia accezione.

Quanto all’origine della Penitenzieria scrive Mons. De Magistris, Reggente del medesimo Dicastero: «Via a via che si sviluppava la disciplina penitenziale, si avvertì nella Chiesa di Roma la necessità di provvedere ai numerosi fedeli, specialmente pellegrini, che ad essa accorrevano per visitare le Basiliche e per ottenere l’assoluzione dai loro peccati e, in molti casi, per essere liberati dalle censure riservate al Sommo Pontefice o per ottenere quelle dispense e grazie, che parimente erano riservate a lui. In un documento dell’anno 1200 viene ricordato un certo Cardinale Giovanni "di S. Paolo", del titolo di Santa Prisca, "qui confessiones pro papa tunc recipiebat". Con ogni probabilità -conclude Mons. de Magistris- l’ufficio di un Cardinale con quella mansione, coadiuvato da altri confessori posti sotto la sua autorità, doveva essere esistito anche prima di quella data». A partire da quel tempo, sono abbondanti i dati sull’ufficio del Cardinale chiamato "Paenitentiarius", "Paenitentiarius Generalis", "Summus Paenitentiarius", "Panitentiarius Maior", e dei suoi collaboratori chiamati "Paenitentiarii minores", cioè confessori per lo più appartenenti agli Ordini Mendicanti, dotati di facoltà speciali per assolvere anche dai peccati e dalle censure riservate al Papa.

Nella Chiesa, il primo Giubileo, propriamente detto, scaturì per iniziativa spontanea del popolo per celebrare l’anno del Signore 1300. Bonifazio VIII, il 22 febbraio di quell’anno, nel approvare e istituzionalizzare l’Anno Giubilare, con la bolla Antiquorum, si rifà al «racconto degno di fede degli antiqui», secondo il quale ai fedeli che si recavano alla onorabile basilica del principe degli Apostoli furono concesse «magnae remissiones et indulgentiae peccatorum». Il Papa, da una parte conferma e approvava "huiusmodi remissiones et indulgentias omnes et singulas" mentre "de fratrum Nostrurum Consilio el Apostolicae plenitudine potestatis", concede a tutti coloro che pentiti e fatta confessione dei loro peccati visitino quel anno durante 30 giorni se sono romani e 15 se sono pellegrini, le basiliche digli apostoli Pietro e Paolo, «plenissimam omnium suorum veniam peccatorum».

Fate queste premesse storiche si può meglio capire il rapporto che il Card. Sodano rileva fra la Penitenziaria Apostolica e l’Anno Giubilare e quindi quanto sia propizia l’occasione dell’Anno Giubilare per presentare questo volume preparato dalla medesima Penitenzieria, nel quale si raccolgono 12 documenti del Sommo Pontefice sul sacramento della penitenza indirizzati a questo dicastero dal 1981 in poi.

In questi documenti infatti «si svolge una profonda meditazione sul tesoro dottrinale relativo alla Confessione, e così si dà uno stimolo pastorale al ministero penitenziale, che in questi anni, come viene generalmente riconosciuto ha subito un doloroso calo, legato anche a una perdita della sua genuina immagine» (Introduzione).

Questi documenti indirizzati alla Penitenzieria Apostolica come Dicastero cui competono i problemi relativi al foro interno vanno compresi nel quadro generale degli insegnamenti del magistero pontificio in questi ultimi tempi. Il quarto sacramento infatti «nel nostro secolo è stato oggetto di una abbondante riflessione critica da parte della teologia, soprattutto nel periodo postconciliare, sollecitata da spinte tese al rinnovamento, ma provocata anche da una progressiva disaffezione alla pratica della confessione. Nello stesso tempo, la Chiesa ha sentito sempre più urgente la sua missione di riconciliazione nel mondo contemporaneo e quindi anche quella di promuovere la stima e la celebrazione del sacramento della penitenza e in particolare della confessione frequente. Alla progressiva situazione di crisi e di abbandono del sacramento, è corrisposta un’altrettanto decisa esortazione, da parte del Magistero pontificio, a celebrarlo e a farlo frequentemente».

Questa particolare preoccupazione del Magistero Pontificio per il quarto Sacramento se manifesta già nel pontificato di Pio XII, il quale dedica a questo sacramento in ripetute occasioni profondi spunti dottrinali e bellissime parole d’ incoraggiamento; si intensifica poi sensibilmente durante il pontificato di Paolo VI e raggiunge il suo punto culminante nel Magistero di Giovanni Paolo II, che non solo dedica solenni documenti relativi alla riconciliazione - come le encicliche Dives in Misericordia (30 nov. 1980), Reconciliatio et paenitentiae (2 dic. 1984), la lettera Apostolica Tertio millennio adveniente (5 nov. 1994) e la bolla d’indizione del Grande Giubileo Incarnationis mysterium (29 nov. 1998) - ma insiste costantemente nel suo magistero quotidiano, particolarmente in occasione delle omelie quaresimali e della visita ad limina dei Vescovi, nei più svariati aspetti dell’argomento, illustrando la ricchezza e l’efficacia del sacramento come mezzo per tendere alla perfezione cristiana, anche quando non è necessario per riacquistare lo stato di grazia.

In questo sforzo di salvaguardia e di rinnovamento della prassi del sacramento della confessione, vanno visti i 12 documenti indirizzati da Giovanni Paolo II alla Penitenzieria Apostolica, ma con una prospettiva particolare e specifica, cioè quella di tener presente innanzi tutto i sacerdoti, che in quanto tali si debbono sentire chiamati ad esercitare volentieri il delicato e fecondo ministero di ascoltare le confessioni. La varietà degli argomenti trattati, sempre in relazione al Sacramento della Penitenza, offre al Santo Padre l’occasione per ricordare ai ministri del sacramento degli spunti dottrinali fondamentali e per dare sia ai ministri che ai penitenti delle direttive e dei consigli illuminanti ed incoraggianti.

I titoli dei 12 documenti ci danno una idea della varietà e ricchezza dei contenuti: «Il sacramento della Riconciliazione e le coscienze cristiane»; «Il servizio della confessione, dovere dei sacerdoti»; «Il senso pasquale della Penitenza»; «Il Sacramento della Riconciliazione: magistero e verità»; «Il cuore del sacerdote confessore immagine della mitezza di Cristo»; «Il rispetto del sigillo sacramentale fino all’effusione del sangue»; «La penitenza sacramentale espiazione e rinnovamento dello spirito»; «La verità della confessione conquista di libertà e ascesa dello spirito»; «La formazione della coscienza dei fedeli»; «La gloria di Dio nella sua misericordia»; «Misericordia de Dio e mediazione della Chiesa»; «Anno del grande ritorno e del grande perdono».

Ben si può affermare che i 12 documenti contenuti in questo volumetto costituiscono un vademecum dei confessori, che - senza scendere alla inesauribile casistica della vita reale - presenta in sintesi sia i principi dottrinali sul sacramento della penitenza che il confessore mette in atto in ogni confessione sacramentale sia una grande varietà di direttive concrete e di consigli pratici che lo assicurino nell’esercitare questo ministero secondo la volontà di Cristo e della Chiesa, dei quali e ministro.

Non è possibile presentare una sintesi dei singoli documenti. Tuttavia, come si mette in evidenza nell’Introduzione, una lettura "trasversale" per cogliere i momenti di fondo dell’itinerario dottrinale e morale percorso da questi documenti, nella prospettiva degli altri documenti specifici del Papa sopra ricordati, ci porta a questa costatazione: «Tra il primo e l’ultimo si realizza, per cosi dire, un arco di pensiero che poggia soprattutto su due pilastri, che potremmo indicare con due parole-chiave: accoglienza e verità».

Accoglienza da parte di Dio che accoglie il figlio prodigo che ritorna alla casa paterna; accoglienza da parte di Cristo ministro principale del sacramento - hic recipit peccatores, dissero di lui i farisei -; accoglienza da parte della Chiesa per la cui mediazione si attua il sacramento; e accoglienza da parte del confessore, ministro di Cristo e della Chiesa, che accoglie con umana comprensione e carità cristiana i penitenti per perdonare i loro peccati e per dare una parola di conforto a nome della Chiesa ai fedeli che si sentono oppressi dal peso del dolore e senza forze per camminare nel via crucis della vita.

L’accoglienza suppone il massimo rispetto per la persona del penitente. Nel sacramento della penitenza infatti si verifica in modo del tutto peculiare e misterioso un rapporto fondato sul rispetto assoluto alla libertà del penitente: Dio chiama e dà la sua grazia per distaccarsi dal peccato e disporsi a ricevere l’assoluzione, ma rispetta la libera decisione di ciascuno; la Chiesa fedele al mandato del Signore non può far altro che assistere il penitente con la sua mediazione perché abbia la forza di pentirsi e di ritornare allo stato di grazia, sempre però nel massimo rispetto della coscienza e della libertà del medesimo; e il confessore non può procedere arbitrariamente nel concedere e denegare l’assoluzione, ma è tenuto ad attuare nel rispetto delle disposizioni spirituali del penitente e secondo le norme della Chiesa.

Accoglienza e verità: Come si indica nell’Introduzione, il rispetto della verità è «il secondo pilastro su cui poggia la riflessione del Santo Padre, specie nel quarto documento, che considera il Sacramento della Penitenza sotto il profilo di esercizio della missione docente della Chiesa; in esso si rende manifesto che "la decisione del sacerdote di rimettere o di ritenere" il peccato non può essere soggettiva e quindi arbitraria, giacché, quella del sacerdote nel sacramento della Penitenza "è funzione strumentale al servizio del Dio della verità", e quindi "presuppone un retto giudizio", una "adesione alla verità rivelata"».

Tutto il mistero infatti della riconciliazione si fonda sulla verità e sulla sincerità: Verità infallibile e indefettibile da parte di Dio, su la cui parola di perdono e riconciliazione poggia la nostra fiducia; verità e sincerità da parte del fedele innanzi tutto per accettare con fede illuminata e fiduciosa la necessità della mediazione della Chiesa per ottenere la remissione dei peccati gravi commessi dopo il battesimo; verità del penitente con se stesso nella sincerità e integrità della confessione dei suoi peccati, come gli li presenta la propria coscienza, dopo diligente esame; verità nel pentimento dei propri peccati e nel proponimento dell’emenda, pur nella consapevolezza della propria debolezza umana; verità del sacerdote nell’giudicare secondo criteri oggettivi, secondo la dottrina della Chiesa, tenuto conto di tutte le circostanze del caso.

Intorno a questi pilastri fondamentali dell’insegnamento del Santo Padre in questi documenti, egli passa in rassegna molti altri punti dottrinali e pratici per la formazione dei confessori, l’esercizio del ministero di ascoltare le confessioni, e anche per la recezione fruttuosa del sacramento della penitenza, specie della confessione frequente di devozione, alla che esorta caldamente, come mezzo di direzione spirituale e di perfezione. Ma raccogliere questi spunti sarebbe sconfinare i limiti di questa presentazione.

Vorrei finire con le stesse parole con cui finisce l’Introduzione:

«Di fronte all’autorità dottrinale ed allo spessore umano dei documenti qui presentati sarebbe forse irriguardoso trarre qualunque conclusione. [...] Forse l’unico spunto che può essere richiamato al lettore è che ancora una volta la riflessione del Santo Padre - in questo caso su un tema tanto delicato come quello della Confessione - coglie l’uomo, con tutte le sue istanze, nella totalità del suo essere, nella trascendenza del suo destino, affinché egli non ceda in alcun modo alla tentazione, oggi ricorrente, di chiudersi in se stesso, ma, al contrario, si apra agli orizzonti infiniti dell’amore di Dio».

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