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Gratitudine, Gioia, Gentilezza nella Missione

“Che il vostro cuore si apra largamente alle tenere emozioni della più profonda riconoscenza e che la vostra vita sia un continuo rendimento di grazie, per il favore che Dio vi ha fatto ispirandovi il desiderio e dandovi la volontà di consacrarvi a lui”(III, 86).

“Che la vostra riconoscenza non si limiti a sole parole, ma fatela spiccare col vostro zelo a consacrarvi tutti i giorni al vostro Dio, dedicandovi a quanto vi domanda”(III, 87).

“Si rammentino che le anime sia già convertite quanto quelle che si convertiranno debbono imparare dalle religiose ad amare sempre più Gesù Cristo. Si sforzino di indurre gli infedeli alla conoscenza di Gesù Cristo e della S. Chiesa colla predica eloquentissima del buon esempio”(III, 44).

“Abbiano cura, a maggior gloria di Dio, di far risplendere al di fuori ciò che hanno compreso nel loro cuore, il Crocifisso, in maniera tale che le persone, le quali trattano con esse, abbiano a rimanere edificate, dirle vere Figlie elette del Crocifisso Padre nostro, e sentirsi al cospetto ispirate a virtù”(III, 56).

“Rimarcatelo bene: che la vostra gioia sia una gioia piena di fedeltà alle grazie che voi ricevete e sopra tutto alla gioia ardente di zelo per la vostra ed altrui salvezza”(III, 76).

“[La religiosa] abbia lo sguardo dolce, il viso gaio, aperto, tranquillo senza impaccio, senza sforzo, un'aria di bontà, di dolcezza e di pietà capace di guadagnare i cuori. Sta nella modestia d'una religiosa di evitare il contegno fiero ed altero, quello che marca la leggerezza o l’immortifìcazione”(III, 89).

“E’ necessario comprendere di quale importanza sia per una religiosa, chiamata in ispecial modo a riprodurre la santità, di avere un volto modesto, un contegno grave, un'andatura semplice. La Regola di S. Francesco è la più rigorosa, eppure anche benigna perché i rigori sono prescritti ossia comandati in tempo di sanità e non in tempo di malattie”(III, 90).

“Aumenti in noi lo zelo per la salute delle anime coll'adoperarci a far conoscere, amare e servire da tutti Iddio”(III, 98).

“Ciò che costituisce il merito innanzi a Dio non è la grandezza dell’azione, ma il fervore dell’anima e la grandezza del motivo: é la purità, la sublimità dell’intenzione”(III, 83).

“La bontà delle vostre azioni non dipende dallo splendore di cui brillano agli occhi degli uomini, ma dalla volontà che le produce”(III, 88).

Servo di Dio, P. Gregorio  Fioravanti, OFM

 

Preghiera

O Signore, fa splendere la tua luce  
e glorifica l’umile tuo servo, Padre Gregorio.  
Fu suo pane la tua volontà,  
suo sostegno la tua Croce,  
sua guida la dolce tua Madre.  
Rendimi capace di essere, come lui,  
testimone del Vangelo,  
e accordami, per sua intercessione,  
la grazia che imploro dalla Tua misericordia.

Amen.  

(con approvazione: + Alfredo Battisti, arcivescovo, Udine,2 febbraio 1990)

 

Cenni biografici

Il Servo di Dio, Padre Gregorio (Ludovico) Fioravanti, fondatore delle Suore Francescane Missionarie del S. Cuore,  nacque il 24 aprile 1822, a Grotte di Castro (Viterbo), un paesino su lago di Bolsena. Ultimo di nove fratelli, apparteneva ad una famiglia semplice e modesta, nella quale, benché rimanesse privo di madre a 6 anni, crebbe nel timore di Dio,  nella preghiera assidua e nella laboriosità.

Da adolescente, manifestò personalità improntata a riserbo e determinazione, intelligenza chiara e riflessiva. A sedici anni, nel 1838, entrò tra i Frati Minori di Orvieto dove, vestito il saio di Francesco ed assunto il nome di fra’ Gregorio, emise l’anno dopo la professione solenne. A Viterbo, nel 1845, venne consacrato sacerdote. Insegnò dapprima filosofia a Roma, poi venne inviato a Venezia come insegnante presso lo Studio teologico di S. Francesco della Vigna. Distinguendosi per l’umiltà e la serenità, fece della cattedra l’altare della sua incessante offerta, divenendo per dodici anni il saggio e rispettoso maestro di vita a tante schiere di giovani. Nel 1856, a 34 anni, fu chiamato al governo della vasta Provincia veneta ‘S. Antonio’ dei Frati Minori Osservanti.

Allo scadere del triennio come Ministro provinciale, la Provvidenza, per vie e strumenti noti solo al suo piano amoroso, dispose per lui un incontro che dette una svolta decisiva alla sua vita. Una giovane donna francese, la signora Laura Leroux, sposa del duca di Bauffremont, desiderosa di fondare un monastero femminile, si rivolse a lui per dare inizio ad un nuovo Istituto di religiose francescane, che per suo consiglio fu orientato alle Missioni apostoliche. In radicale obbedienza al piano di Dio, con estremo sacrificio ed umiltà, spinto dall’ardore apostolico, accettò dal superiore l’oneroso incarico di guidare l’opera delle Terziarie francescane per le Missioni che a Gemona del Friuli, per desiderio della duchessa, veniva eretta canonicamente il 21 aprile 1861.

Dell’Istituto, sebbene avviato nelle più rosee speranze, il servo di Dio si scoprì presto unico responsabile, con difficoltà e pene inenarrabili a causa della partenza della duchessa (1863). La dolorosa ed eroica storia delle origini dell’Istituto, segnata fortemente dalla croce, celebra l’invitta fortezza, l’eroica pazienza, la saggezza e la laboriosità di quest’umile francescano, che a sola gloria di Dio si assunse i compiti più sgradevoli, andò incontro a mortificanti proteste e minacce, nella fedeltà al volere di Dio per tante giovani vite consacrate allo scopo di portare la sua Parola di salvezza ai fratelli più lontani e bisognosi.

Per il neo Istituto scrisse e più volte modificò le Regole, facendosi esemplare custode e guida sapiente affinché da tutte le suore esse venissero amorosamente osservate, nella comunione di vita e di testimonianza, con ardore apostolico. Nel 1865 poté inviare il primo gruppo di missionarie nell’America del Nord, a servizio degli emigranti, degli orfani, dei poveri. Nel 1872 avviò un’altra missione nel Medio Oriente, ove le suore si dedicarono all’educazione della gioventù più povera ed abbandonata. Per il sostegno dato alle missioni, il Servo di Dio, pur non andando mai fuori d’Italia, fu riconosciuto Missionario apostolico.

Più tardi, nel 1885, aprì una ‘missione’ anche in Italia, onde collaborare all’opera della Chiesa lesa gravemente dall’anticlericalismo e dalla diffusa ignoranza. Continuò a stare accanto al suo Istituto con indefesso amore anche qualora fu rieletto per due volte Superiore provinciale dei frati veneti, in tempi assai difficili per i religiosi colpiti dalla soppressione italica del 1866. Attento ad edificare e guidare innanzitutto con l’esempio di dedizione a tutti, servì Iddio in silenzio, senza rivendicazioni di sorta, senza personali difese, anche quando fu condotto attraverso la prova della solitudine e dell’abbandono. Trascorse gli ultimi anni in pieno nascondimento, trasformando il suo tempo in preghiera ed offerta per l’Istituto che ormai vedeva fiorire ed espandersi. Colpito da malore improvviso al termine della celebrazione eucaristica, morì il 23 gennaio 1894, in Gemona, presso il monastero di S. Maria degli Angeli delle sue figlie, da lui dirette e sostenute per 34 anni.

L’ultima, commovente sua benedizione per tutte le suore presenti e future, mantiene ancora tutta l’efficacia della sua sollecitudine di Padre.

Oggi le sue Missionarie Francescane del S. Cuore prestano il loro servizio apostolico in 20 Paesi ‘di missione’: dell’Europa, delle Americhe, dell’Asia e dell’Africa.

La Causa di canonizzazione del Servo di Dio, introdotta a Udine nel 1990, nel 1995 giunse a Roma presso la Congregazione per le Cause dei Santi, dove proseguì felicemente l’iter richiesto; nel gennaio 1997, ottenne esito positivo dall’esame della Consulta storica.

Preparato dalla Pontificia Università Urbaniana,
con la collaborazione degli Istituti Missionari.

     

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