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Sublimità e splendore del Creatore

"Il Creatore di tutti gli esseri ragionevoli è eccelso al di sopra di ogni ragione. L’uomo non lo può scrutare e neppure l’angelo può comprenderlo. La creatura non è in grado, con la sua perspicacia, di parlare del suo Creatore: anzi non può neppur dire come essa stessa è stata formata. Se dunque non riesce a comprendere la propria origine, come potrebbe essere in grado di comprendere il suo Creatore? La ragione non può raggiungere l’altezza del suo fattore: molto al di sotto di quella altezza resta la ricerca di ogni inquirente. Costoro si sforzano di trovare analogie per colui che si identifica solo con l’uno. Tutti essi vengono meno nella propria conoscenza, egli solo conosce se stesso. La sua origine non è uguale a quella degli esseri creati, tanto che questi lo possano indagare come un loro simile. La sua stirpe non è uguale a quella degli esseri formati dalla terra, tanto che l’uomo lo possa dichiarare della sua essenza. Anche con le stesse sentinelle angeliche non è in qualche modo apparentato, tanto che esse lo possano esaminare come uno di loro. Non è compagno dei cherubini, perché essi lo sorreggono come loro Signore. Non aleggia tra i serafini, perché la sua sede è alla destra (del Padre). Non appartiene agli angeli ministranti, perché essi servono lui, come suo Padre. Tutte le potenze celesti ricevono da lui ordini e non possono guardare il Padre prescindendo dall’impero del Primogenito: senza di lui alla loro creazione non sarebbero neppur stati fatti.

L’occhio è in grado di ricevere la luce, e perciò tutto il corpo ne viene illuminato. L’orecchio è idoneo al suono, e perciò tutte le membra ne percepiscono il tono. La bocca gusta i cibi, e con essa, e per mezzo di essa, tutto il corpo se ne nutre. Così le sentinelle angeliche guardano il Padre per mezzo del Figlio, che proviene dal suo grembo. Per mezzo di lui odono la sua voce, e da lui ricevono i suoi doni. Ma non vi è nessun altro intermediario per aiutarli o abituarli a ciò. I sensi hanno bisogno l’uno dell’altro, e dipendono l’uno dall’altro. Anche le creature dipendono le une dalle altre, perché formano quasi un solo corpo. Anche gli esseri più alti ricevono ordini dai loro simili, perché comandano e passano gli ordini secondo il loro grado gerarchico. Ma tutti, quelli di cui ho parlato, come quelli che non ho ricordato, ricevono gli ordini dell’unico Primogenito. Da lui dipendono tutte le creature, ed egli è unito al Padre. Come pretendi dunque di comprendere l’Unigenito, che è unito alla divina paternità? Se tu potessi comprendere il Padre, troveresti in lui e presso di lui anche il Figlio. Questi è nella sua bocca, quando il Padre comanda, ed è nel suo braccio quando il Padre opera. Attraverso il Figlio egli dunque opera e attraverso il Figlio egli comanda. Solo essi due si conoscono a vicenda. Il Figlio è nel seno del Padre, quando il Padre ama, ed è alla sua destra, quando egli splende sul trono. Il Padre lo guarda e lo ama.

Lo splendore del Padre è troppo grande per i suoi servi. Le guardie angeliche non sono in grado di fissarlo. Te ne può persuadere Mosè, che ne fu illuminato. Se infatti il popolo non poteva fissare Mosè, semplice uomo (cf. Es 34,29-30), chi può contemplare l’essenza di Dio? Solo l’Uno, che da lui procede, può fissarlo. Supermagnifico è lo splendore del Padre. Solo l’Uno guarda l’Uno, solo l’Uno può fissare l’Uno e attraverso l’Uno possono vederlo tutte le creature. Per la sua bontà egli perdona, e per la sua giustizia punisce; per se stesso perdona e per se stesso punisce: egli è la misura della sua ricompensa. La fa col suo sdegno, quando si adira, e con la sua clemenza, quando perdona. Per la sua natura rivela e per la sua conoscenza istruisce. Per se stesso istruisce, e per se stesso arricchisce. La sua sapienza è presso le sue creature. Per se stesso sovviene ai bisognosi con i beni del suo forziere. Per se stesso dà la corona a chi combatte per lui, dopo la risurrezione. È pienamente nascosto in sé, chi potrebbe scandagliarlo? Gli angeli lo adorano in silenzio, i serafini cantano alto il loro «Santo», i cherubini lo sostengono con timore, le ruote girano nel bagliore di luce. Tutti adorano da lontano, per il tramite del Figlio visibile, il Padre nascosto.

Se si trattasse di un’altra natura e il Figlio potesse scandagliarla, non potrebbe conoscerla pienamente da se stesso, perché si conosce solo ciò che è proprio. E se questa natura, quantunque da lui distinta, potesse comprenderlo, sarebbe o a lui uguale, o con lui generata. E se vi fosse un’ulteriore natura, che sola potesse conoscerlo, ciò potrebbe avvenire da lontano, se quella gli fosse estranea, o da vicino, se avesse con lui la stessa origine. Se questa natura dunque fosse uguale a lui, essa sarebbe l’Uno, e solo porterebbe diverso il nome; ma se non fosse uguale a lui, la creazione allora sarebbe troppo debole, i serafini e le guardie angeliche insufficienti. E l’altra natura, se mai ci fosse, sarebbe a lui estranea e più lontana. O piccolo uomo formato dalla polvere, a quale altezza miri? Non solo quanto il cielo, è eccelso al di sopra di te il Signore del cielo. L’altezza del cielo è misurabile, ma il suo creatore non lo è affatto. Ogni cosa creata è misurabile, ma il suo creatore non lo è affatto. Una cosa creata può presentar delle dimensioni maggiori a tutte le altre creature; ma il Creatore si distanzia da tutte le sue creature per un’altezza inaccessibile. Le creature sono compagne tra di loro, anche se immensamente distanti l’una dall’altra; ma il Creatore è per sua natura al di sopra di tutte le sue creature. Solo l’Uno è a lui vicino: per mezzo suo egli tutto ha creato. Nessun servo gli è vicino, mentre suo Figlio gli è vicinissimo. Nessun pari gli siede a lato, solo il suo Unigenito gli è alla destra."

Efrem Siro, La fede, 1,1-5

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