CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA PARTE TERZA LA VITA IN
CRISTO SEZIONE PRIMA
LA VOCAZIONE DELL'UOMO: LA VITA NELLO SPIRITO
CAPITOLO PRIMO LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
ARTICOLO 4 LA MORALITÀ DEGLI ATTI UMANI
1749 La libertà fa dell'uomo un soggetto morale. Quando
agisce liberamente, l'uomo è, per così dire, padre dei propri atti.
Gli atti umani, cioè gli atti liberamente scelti in base ad un giudizio
di coscienza, sono moralmente qualificabili. Essi sono buoni o cattivi.
I. Le fonti della moralità 1750 La
moralità degli atti umani dipende: — dall'oggetto
scelto; — dal fine che ci si prefigge o dall'intenzione; —
dalle circostanze dell'azione. L'oggetto,
l'intenzione e le circostanze rappresentano le « fonti », o elementi
costitutivi, della moralità degli atti umani.
1751 L'oggetto scelto è un bene verso il quale la volontà si
dirige deliberatamente. È la materia di un atto umano. L'oggetto scelto
specifica moralmente l'atto del volere, in quanto la ragione lo
riconosce e lo giudica conforme o no al vero bene. Le norme oggettive
della moralità enunciano l'ordine razionale del bene e del male,
attestato dalla coscienza. 1752 Di fronte
all'oggetto, l'intenzione si pone dalla parte del soggetto che
agisce. Per il fatto che sta alla sorgente volontaria dell'azione e la
determina attraverso il fine, l'intenzione è un elemento essenziale per
la qualificazione morale dell'azione. Il fine è il termine primo
dell'intenzione e designa lo scopo perseguito nell'azione. L'intenzione
è un movimento della volontà verso il fine; riguarda il termine
dell'agire. È l'orientamento al bene che ci si aspetta dall'azione
intrapresa. Non si limita ad indirizzare le nostre singole azioni, ma
può ordinare molteplici azioni verso un medesimo scopo; può orientare
l'intera vita verso il fine ultimo. Per esempio, un servizio reso ha
come scopo di aiutare il prossimo, ma, al tempo stesso, può essere
ispirato dall'amore di Dio come fine ultimo di tutte le nostre azioni.
Una medesima azione può anche essere ispirata da diverse intenzioni;
così, per esempio, si può rendere un servizio per procurarsi un favore o
per trarne motivo di vanto. 1753
Un'intenzione buona (per esempio, aiutare il prossimo) non rende né
buono né giusto un comportamento in se stesso scorretto (come la
menzogna e la maldicenza). Il fine non giustifica i mezzi. Così, non si
può giustificare la condanna di un innocente come un mezzo legittimo per
salvare il popolo. Al contrario, la presenza di un'intenzione cattiva
(quale la vanagloria) rende cattivo un atto che, in sé, può essere buono
(quale l'elemosina).61 1754 Le
circostanze, ivi comprese le conseguenze, sono elementi secondari di
un atto morale. Concorrono ad aggravare oppure a ridurre la bontà o la
malizia morale degli atti umani (per esempio, l'ammontare di una
rapina). Esse possono anche attenuare o aumentare la responsabilità di
chi agisce (agire, per esempio, per paura della morte). Le circostanze,
in sé, non possono modificare la qualità morale degli atti stessi; non
possono rendere né buona né giusta un'azione intrinsecamente cattiva.
II. Gli atti buoni e gli atti cattivi
1755 L'atto moralmente buono suppone, ad un tempo, la bontà
dell'oggetto, del fine e delle circostanze. Un fine cattivo corrompe
l'azione, anche se il suo oggetto, in sé, è buono (come il pregare e il
digiunare per essere visti dagli uomini). L'oggetto
della scelta può da solo viziare tutta un'azione. Ci sono
comportamenti concreti – come la fornicazione – che è sempre sbagliato
scegliere, perché la loro scelta comporta un disordine della volontà,
cioè un male morale. 1756 È quindi sbagliato
giudicare la moralità degli atti umani considerando soltanto
l'intenzione che li ispira, o le circostanze (ambiente, pressione
sociale, costrizione o necessità di agire, ecc.) che ne costituiscono la
cornice. Ci sono atti che per se stessi e in se stessi,
indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni, sono sempre
gravemente illeciti a motivo del loro oggetto; tali la bestemmia e lo
spergiuro, l'omicidio e l'adulterio. Non è lecito compiere il male
perché ne derivi un bene. In
sintesi 1757 L'oggetto,
l'intenzione e le circostanze costituiscono le tre « fonti »
della moralità degli atti umani. 1758
L'oggetto scelto specifica moralmente l'atto del volere, in quanto la
ragione lo riconosce e lo giudica buono o cattivo.
1759 « Non può essere giustificata un'azione cattiva compiuta con
una buona intenzione ».62 Il fine non giustifica i
mezzi. 1760 L'atto moralmente
buono suppone la bontà dell'oggetto, del fine e delle circostanze.
1761 Vi sono comportamenti concreti che è sempre sbagliato
scegliere, perché la loro scelta comporta un disordine della volontà,
cioè un male morale. Non è lecito compiere il male perché ne derivi un
bene.
(61) Cf Mt 6,2-4. (62)
San Tommaso d'Aquino, In duo praecepta caritatis et in decem Legis
praecepta expositio, c. 6: Opera omnia, v. 27 (Parigi 1875)
p. 149. |