CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA PARTE TERZA LA VITA IN
CRISTO SEZIONE SECONDA
I DIECI COMANDAMENTI
CAPITOLO PRIMO «AMERAI IL SIGNORE DIO TUO
CON TUTTO IL TUO CUORE, CON TUTTA LA TUA ANIMA E CON TUTTA LA TUA
MENTE» ARTICOLO 1 IL PRIMO
COMANDAMENTO
« Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal
paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di
fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù
nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle
acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai
» (Es 20,2-5).24
Sta scritto: « Adora il Signore Dio tuo e a lui solo
rendi culto » (Mt 4,10).
I. «Adorerai il Signore Dio tuo e lo servirai»
2084 Dio si fa conoscere ricordando la sua azione onnipotente,
benevola e liberatrice nella storia di colui al quale si rivolge: « Io
ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù » (Dt
5,6). La prima parola contiene il primo comandamento della Legge: «
Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai [...]. Non seguirete altri dei »
(Dt 6,13-14). Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che
l'uomo lo accolga e lo adori. 2085 Il Dio
unico e vero rivela innanzi tutto la sua gloria ad Israele.25
La rivelazione della vocazione e della verità dell'uomo è legata alla
rivelazione di Dio. L'uomo ha la vocazione di manifestare Dio agendo in
conformità con il suo essere creato « ad immagine e somiglianza » di Dio
(Gn 1,26):
« Non ci saranno mai altri dei, o Trifone, né mai ce ne
sono stati fin dalle origini [...], all'infuori di colui che ha creato e
ordinato l'universo. Noi non pensiamo che il nostro Dio differisca dal
vostro. È lo stesso che ha fatto uscire i vostri padri dall'Egitto con
mano potente e braccio teso. Noi non riponiamo le nostre speranze in
qualche altro dio – non ce ne sono – ma nello stesso Dio in cui voi
sperate, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe ».26
2086 « Nell'esplicita affermazione
divina: "Io sono il Signore tuo Dio" è incluso il comandamento della
fede, della speranza e della carità. Se noi riconosciamo infatti che
egli è Dio, e cioè eterno, immutabile, sempre uguale a se stesso,
affermiamo con ciò anche la sua infinita veracità; ne segue quindi
l'obbligo di accogliere le sue parole e di aderire ai suoi comandi con
pieno riconoscimento della sua autorità. Se egli inoltre è Dio, noi ne
riconosciamo l'onnipotenza, la bontà, i benefici; di qui l'illimitata
fiducia e la speranza. E se egli è l'infinita bontà e l'infinito amore,
come non offrirgli tutta la nostra dedizione e donargli tutto il nostro
amore? Ecco perché nella Bibbia Dio inizia e conclude invariabilmente i
suoi comandi con la formula: Io sono il Signore ».27
La fede 2087 La nostra vita morale trova
la sua sorgente nella fede in Dio che ci rivela il suo amore. San Paolo
parla dell'obbedienza alla fede28 come dell'obbligo primario.
Egli indica nell'« ignoranza di Dio » il principio e la spiegazione di
tutte le deviazioni morali.29 Il nostro dovere nei confronti
di Dio è di credere in lui e di rendergli testimonianza.
2088 Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la
nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è
contrario. Ci sono diversi modi di peccare contro la fede:
Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere
per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere.
Il dubbio involontario indica l'esitazione a credere, la
difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche
l'ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato,
il dubbio può condurre all'accecamento dello spirito.
2089 L'incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il
rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. « Viene detta
eresia l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una
qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il
dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della
fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo
Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti ».30
La speranza 2090 Quando Dio si rivela e
chiama l'uomo, questi non può rispondere pienamente all'amore divino con
le sue proprie forze. Deve sperare che Dio gli donerà la capacità di
contraccambiare il suo amore e di agire conformemente ai comandamenti
della carità. La speranza è l'attesa fiduciosa della benedizione divina
e della beata visione di Dio; è anche il timore di offendere l'amore di
Dio e di provocare il castigo. 2091 Il primo
comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i quali sono la
disperazione e la presunzione: Per la
disperazione, l'uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza
personale, gli aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si
oppone alla bontà di Dio, alla sua giustizia – il Signore, infatti, è
fedele alle sue promesse – e alla sua misericordia.
2092 Ci sono due tipi di presunzione. O l'uomo presume delle
proprie capacità (sperando di potersi salvare senza l'aiuto dall'alto),
oppure presume della onnipotenza e della misericordia di Dio (sperando
di ottenere il suo perdono senza conversione e la gloria senza merito).
La carità 2093 La fede nell'amore di Dio
abbraccia l'appello e l'obbligo di rispondere alla carità divina con un
amore sincero. Il primo comandamento ci ordina di amare Dio al di sopra
di tutto,31 e tutte le creature per lui e a causa di lui.
2094 Si può peccare in diversi modi contro l'amore di Dio: l'indifferenza
è incurante della carità divina o rifiuta di prenderla in
considerazione; ne misconosce l'iniziativa e ne nega la forza. L'ingratitudine
tralascia o rifiuta di riconoscere la carità divina e di ricambiare a
Dio amore per amore. La tiepidezza è un'esitazione o una
negligenza nel rispondere all'amore divino; può implicare il rifiuto di
abbandonarsi al dinamismo della carità. L'accidia o pigrizia
spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio e a provare
repulsione per il bene divino. L'odio di Dio nasce dall'orgoglio.
Si oppone all'amore di Dio, del quale nega la bontà e che ardisce
maledire come colui che proibisce i peccati e infligge i castighi.
II. «A lui solo rendi culto» 2095 Le
virtù teologali della fede, della speranza e della carità informano e
vivificano le virtù morali. Così la carità ci porta a rendere a Dio ciò
che in tutta giustizia gli dobbiamo in quanto creature. La virtù
della religione ci dispone a tale atteggiamento.
L'adorazione 2096 Della virtù della
religione, l'adorazione è l'atto principale. Adorare Dio è riconoscerlo
come Dio, come Creatore e Salvatore, Signore e Padrone di tutto ciò che
esiste, Amore infinito e misericordioso. « Solo al Signore Dio tuo ti
prostrerai, lui solo adorerai » (Lc 4,8), dice Gesù, citando il
Deuteronomio (Dt 6,13). 2097 Adorare
Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il «
nulla della creatura », la quale non esiste che da Dio. Adorare Dio –
come fa Maria nel « Magnificat » – è lodarlo, esaltarlo e umiliare se
stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che
santo è il suo nome.32 L'adorazione del Dio unico libera
l'uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e
dall'idolatria del mondo. La preghiera
2098 Gli atti di fede, di speranza e di carità prescritti dal primo
comandamento si compiono nella preghiera. L'elevazione dello spirito
verso Dio è un'espressione della nostra adorazione di Dio: preghiera di
lode e di rendimento di grazie, d'intercessione e di domanda. La
preghiera è una condizione indispensabile per poter obbedire ai
comandamenti di Dio. Bisogna « pregare sempre, senza stancarsi » (Lc
18,1). Il sacrificio
2099 È giusto offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di
riconoscenza, di implorazione e di comunione: « Ogni azione compiuta per
aderire a Dio rimanendo con lui in comunione, e poter così essere nella
gioia, è un vero sacrificio ».33 2100
Per essere autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione
del sacrificio spirituale: « Uno spirito contrito è sacrificio... » (Sal
51,19). I profeti dell'Antica Alleanza spesso hanno denunciato i
sacrifici compiuti senza partecipazione interiore34 o
disgiunti dall'amore del prossimo.35 Gesù richiama le parole
del profeta Osea: « Misericordia io voglio, non sacrificio » (Mt
9,13; 12,7).36 L'unico sacrificio perfetto è quello che
Cristo ha offerto sulla croce in totale oblazione all'amore del Padre e
per la nostra salvezza.37 Unendoci al suo sacrificio,
possiamo fare della nostra vita un sacrificio a Dio.
Promesse e voti 2101 In parecchie
circostanze il cristiano è chiamato a fare delle promesse a Dio.
Il Battesimo e la Confermazione, il Matrimonio e l'Ordinazione sempre ne
comportano. Per devozione personale il cristiano può anche promettere a
Dio un'azione, una preghiera, un'elemosina, un pellegrinaggio, ecc. La
fedeltà alle promesse fatte a Dio è un'espressione del rispetto dovuto
alla divina maestà e dell'amore verso il Dio fedele.
2102 « Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un
bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la
virtù della religione ».38 Il voto è un atto di devozione,
con cui il cristiano offre se stesso a Dio o gli promette un'opera
buona. Mantenendo i suoi voti, egli rende pertanto a Dio ciò che a lui è
stato promesso e consacrato. Gli Atti degli Apostoli ci presentano san
Paolo preoccupato di mantenere i voti da lui fatti.39
2103 La Chiesa riconosce un valore esemplare ai voti di praticare i
consigli evangelici:40
« Si rallegra la Madre Chiesa di trovare nel suo seno
molti uomini e donne, che seguono più da vicino l'annientamento del
Salvatore e più chiaramente lo mostrano, abbracciando la povertà nella
libertà dei figli di Dio e rinunciando alla propria volontà: essi, cioè,
in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono a un uomo per Dio, al
di là della stretta misura del precetto, al fine di conformarsi più
pienamente a Cristo obbediente ».41
In certi casi, la Chiesa può, per congrue
ragioni, dispensare dai voti e dalle promesse.42
Il dovere sociale della religione e il diritto alla libertà religiosa
2104 « Tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità,
specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, una volta
conosciuta, ad abbracciarla e custodirla ».43 È un dovere che
deriva dalla « stessa natura » degli uomini.44 Non si
contrappone ad un sincero rispetto per le diverse religioni, le quali «
non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti
gli uomini »,45 né all'esigenza della carità, che spinge i
cristiani « a trattare con amore, prudenza e pazienza gli uomini che
sono nell'errore o nell'ignoranza circa la fede ».46
2105 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo
individualmente e socialmente. È « la dottrina cattolica tradizionale
sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e
l'unica Chiesa di Cristo ».47 Evangelizzando senza posa gli
uomini, la Chiesa si adopera affinché essi possano « informare dello
spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture
della comunità »48 in cui vivono. Il dovere sociale dei
cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo l'amore del vero e
del bene. Richiede loro di far conoscere il culto dell'unica vera
religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica.49
I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo.50 La
Chiesa in tal modo manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione
e in particolare sulle società umane.51
2106 « Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro
la sua coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in
conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma
individuale o associata ».52 Tale diritto si fonda sulla
natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente
aderire alla verità divina che trascende l'ordine temporale. Per questo
« perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la
verità e di aderire ad essa ».53 2107
« Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell'ordinamento
giuridico di una società viene attribuito ad una comunità religiosa uno
speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a
tutti i cittadini e comunità religiose venga riconosciuto e rispettato
il diritto alla libertà in materia religiosa ».54
2108 Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di
aderire all'errore,55 né un implicito diritto all'errore,56
bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile, cioè
all'immunità da coercizione esteriore, entro giusti limiti, in materia
religiosa, da parte del potere politico. Questo diritto naturale deve
essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico della società così che
divenga diritto civile.57 2109 Il
diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato,58
né limitato semplicemente da un ordine pubblico concepito secondo un
criterio « positivistico » o « naturalistico ».59 I « giusti
limiti » che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per
ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze
del bene comune, e ratificati dall'autorità civile secondo « norme
giuridiche conformi all'ordine morale oggettivo ».60
III. «Non avrai altri dèi di fronte a me»
2110 Il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori
dell'unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la
superstizione e l'irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche
modo, un eccesso perverso della religione; l'irreligione è un vizio
opposto, per difetto, alla virtù della religione.
La superstizione 2111 La superstizione è
la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone.
Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero
Dio, per esempio, quando si attribuisce un'importanza in qualche misura
magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire
alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro
efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è
cadere nella superstizione.61
L'idolatria 2112 Il primo comandamento
condanna il politeismo. Esige dall'uomo di non credere in altri
dèi che nell'unico Dio, di non venerare altre divinità che l'Unico. La
Scrittura costantemente richiama a questo rifiuto degli idoli che sono «
argento e oro, opera delle mani dell'uomo », i quali « hanno bocca e non
parlano, hanno occhi e non vedono... ». Questi idoli vani rendono l'uomo
vano: « Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida » (Sal
115,4-5.8).62 Dio, al contrario, è il « Dio vivente » (Gs
3,10),63 che fa vivere e interviene nella storia.
2113 L'idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo.
Rimane una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò
che non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una
creatura al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio
il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati,
dello Stato, del denaro, ecc. « Non potete servire a Dio e a mammona »,
dice Gesù (Mt 6,24). Numerosi martiri sono morti per non adorare
« la Bestia »,64 rifiutando perfino di simularne il culto.
L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con
la comunione divina.65 2114 La
vita umana si unifica nell'adorazione dell'Unico. Il comandamento di
adorare il solo Signore unifica l'uomo e lo salva da una dispersione
senza limiti. L'idolatria è una perversione del senso religioso innato
nell'uomo. Idolatra è colui che « riferisce la sua indistruttibile
nozione di Dio a chicchessia anziché a Dio ».66
Divinazione e magia 2115 Dio può rivelare
l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto
atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia nelle
mani della provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da
ogni curiosità malsana a questo riguardo. L'imprevidenza può costituire
una mancanza di responsabilità. 2116 Tutte le
forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai
demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che
« svelino » l'avvenire.67 La consultazione degli oroscopi,
l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle
sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium manifestano una
volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed
insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in
contraddizione con l'onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che
dobbiamo a Dio solo. 2117 Tutte le pratiche
di magia e di stregoneria con le quali si pretende di
sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed
ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per
procurargli la salute – sono gravemente contrarie alla virtù della
religione. Tali pratiche sono ancora più da condannare quando si
accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si
ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole.
Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure
da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche
mediche dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze
cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui.
L'irreligione 2118 Il primo comandamento
di Dio condanna i principali peccati di irreligione: l'azione di tentare
Dio, con parole o atti, il sacrilegio e la simonia.
2119 L'azione di tentare Dio consiste nel mettere alla prova,
con parole o atti, la sua bontà e la sua onnipotenza. È così che Satana
voleva ottenere da Gesù che si buttasse giù dal Tempio obbligando Dio,
in tal modo, ad intervenire.68 Gesù gli oppone la parola di
Dio: « Non tenterai il Signore Dio tuo » (Dt 6,16). La sfida
implicita in simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la fiducia
che dobbiamo al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un
dubbio riguardo al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza.69
2120 Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare
indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le
persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un
peccato grave soprattutto quando è commesso contro l'Eucaristia, poiché,
in questo sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso
di Cristo.70 2121 La simonia71
consiste nell'acquisto o nella vendita delle realtà spirituali. A Simone
il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva all'opera
negli Apostoli, Pietro risponde: « Il tuo denaro vada con te in
perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di
Dio » (At 8,20). Così si conformava alla parola di Gesù: «
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date » (Mt 10,8).72
È impossibile appropriarsi i beni spirituali e comportarsi nei loro
confronti come un possessore o un padrone, dal momento che la loro
sorgente è in Dio. Non si può che riceverli gratuitamente da lui.
2122 « Il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente
autorità, per l'amministrazione dei sacramenti non domandi nulla,
evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell'aiuto dei
sacramenti a motivo della povertà ».73 L'autorità competente
determina queste « offerte » in virtù del principio che il popolo
cristiano deve concorrere al sostentamento dei ministri della Chiesa. «
L'operaio ha diritto al suo nutrimento » (Mt 10,10).74
L'ateismo 2123 « Molti nostri
contemporanei [...] non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano
l'intimo e vitale legame con Dio, così che l'ateismo va annoverato fra
le cose più gravi del nostro tempo ».75
2124 Il termine ateismo indica fenomeni molto diversi. Una forma
frequente di esso è il materialismo pratico, che racchiude i suoi
bisogni e le sue ambizioni entro i confini dello spazio e del tempo.
L'umanesimo ateo ritiene falsamente che l'uomo « sia fine a se stesso,
unico artefice e demiurgo della propria storia ».76 Un'altra
forma dell'ateismo contemporaneo si aspetta la liberazione dell'uomo da
una liberazione economica e sociale, alla quale « si pretende che la
religione sia di ostacolo, per natura sua, in quanto, elevando la
speranza dell'uomo verso una vita futura e fallace, lo distoglierebbe
dall'edificazione della città terrena ».77
2125 Per il fatto che respinge o rifiuta l'esistenza di Dio,
l'ateismo è un peccato contro la virtù della religione.78
L'imputabilità di questa colpa può essere fortemente attenuata dalle
intenzioni e dalle circostanze. Alla genesi e alla diffusione
dell'ateismo « possono contribuire non poco i credenti, in quanto per
aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione
fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita
religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non
che manifestano il genuino volto di Dio e della religione ».79
2126 Spesso l'ateismo si fonda su una falsa concezione
dell'autonomia umana, spinta fino al rifiuto di ogni dipendenza nei
confronti di Dio.80 In realtà, il riconoscimento di Dio non
si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, « dato che questa
dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione ».81
La Chiesa sa « che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più
segrete del cuore umano ».82
L'agnosticismo 2127 L'agnosticismo assume
parecchie forme. In certi casi l'agnostico si rifiuta di negare Dio;
ammette invece l'esistenza di un essere trascendente che non potrebbe
rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in grado di dire niente. In altri
casi l'agnostico non si pronuncia sull'esistenza di Dio, dichiarando che
è impossibile provarla, così come è impossibile ammetterla o negarla.
2128 L'agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di
Dio, ma può anche costituire un indifferentismo, una fuga davanti al
problema ultimo dell'esistenza e un torpore della coscienza morale.
Troppo spesso l'agnosticismo equivale a un ateismo pratico.
IV. «Non ti farai alcuna immagine scolpita...»
2129 L'ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi
rappresentazione di Dio fatta dalla mano dell'uomo. Il Deuteronomio
spiega: « Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò
sull'Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché
non vi corrompiate e non vi facciate l'immagine scolpita di qualche
idolo » (Dt 4,15-16). È il Dio assolutamente trascendente che si
è rivelato a Israele. « Egli è tutto », ma, al tempo stesso, è « al di
sopra di tutte le sue opere » (Sir 43,27-28). Egli è « lo stesso
autore della bellezza » (Sap 13,3). 2130
Tuttavia, fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare
immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo
incarnato: così il serpente di rame,83 l'arca dell'Alleanza e
i cherubini.84 2131 Fondandosi sul
mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio ecumenico, a Nicea (nel
787), ha giustificato, contro gli iconoclasti, il culto delle icone:
quelle di Cristo, ma anche quelle della Madre di Dio, degli angeli e di
tutti i santi. Incarnandosi, il Figlio di Dio ha inaugurato una nuova «
economia » delle immagini. 2132 Il culto
cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che
proscrive gli idoli. In effetti, « l'onore reso ad un'immagine
appartiene a chi vi è rappresentato »,85 e « chi venera
l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto ».86
L'onore tributato alle sacre immagini è una « venerazione rispettosa »,
non un'adorazione che conviene solo a Dio:
« Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini
considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio
incarnato. Ora, il moto che si volge all'immagine in quanto immagine,
non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta ».87
In sintesi
2133 « Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta
l'anima e con tutte le forze » (Dt 6,5).
2134 Il primo comandamento chiama l'uomo a credere in Dio, a
sperare in lui, ad amarlo al di sopra di tutto.
2135 « Adora il Signore Dio tuo » (Mt 4,10).
Adorare Dio, pregarlo, rendergli il culto che a lui è dovuto, mantenere
le promesse e i voti che a lui si sono fatti, sono atti della virtù
della religione, che esprimono l'obbedienza al primo comandamento.
2136 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda
l'uomo individualmente e socialmente.
2137 L'uomo deve poter professare liberamente la religione sia in
forma privata che pubblica.88 2138
La superstizione è una deviazione del culto che rendiamo al vero Dio. Ha
la sua massima espressione nell'idolatria, come nelle varie forme di
divinazione e di magia. 2139
L'azione di tentare Dio con parole o atti, il sacrilegio, la simonia
sono peccati di irreligione proibiti dal primo comandamento.
2140 L'ateismo, in quanto respinge o rifiuta l'esistenza di Dio,
è un peccato contro il primo comandamento.
2141 Il culto delle sacre immagini è fondato sul mistero
dell'incarnazione del Verbo di Dio. Esso non è in opposizione al primo
comandamento.
(24) Cf Dt 5,6-9. (25)
Cf Es 19,16-25; 24,15-18.
(26) San Giustino, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 11, 1: CA 2, 40
(PG 6, 497). (27)
Catechismo Romano, 3, 2, 4: ed. P. Rodríguez (Città del
Vaticano-Pamplona 1989) p. 408-409.
(28) Cf Rm 1,5; 16,26.
(29) Cf Rm 1,18-32.
(30) CIC canone 751. (31) Cf
Dt 6,4-5. (32) Cf Lc
1,46-49. (33) Sant'Agostino,
De civitate Dei, 10, 6: CSEL 401, 454-455 (PL 41, 283).
(34) Cf Am 5,21-25.
(35) Cf Is 1,10-20.
(36) Cf Os 6,6. (37) Cf
Eb 9,13-14. (38) CIC
canone 1191, § 1. (39) Cf
At 18,18; 21,23-24. (40)
Cf CIC canone 654. (41)
Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 42: AAS 57
(1965) 48-49. (42) Cf CIC
canoni 692. 1196-1197. (43)
Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966)
930. (44) Cf Concilio Vaticano
II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 931.
(45) Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 2: AAS 58 (1966)
741. (46) Concilio Vaticano
II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940.
(47) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58
(1966) 930. (48) Concilio
Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 13: AAS 58 (1966)
849. (49) Cf Concilio Vaticano
II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
(50) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 13:
AAS 58 (1966) 850. (51) Cf
Leone XIII, Lett. enc. Immortale Dei: Leonis XIII Acta, 5,
118-150; Pio XI, Lett enc. Quas primas: AAS 17 (1925) 593-610.
(52) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58
(1966) 930; cf Id., Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58
(1966) 1046. (53) Concilio
Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 931.
(54) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 6: AAS 58
(1966) 934. (55) Cf Leone
XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Leonis XIII Acta, 8,
229-230. (56) Cf Pio XII,
Discorso ai partecipanti al quinto Convegno nazionale Italiano
dell'Unione dei Giuristi cattolici (6 dicembre 1953): AAS 45 (1953)
799. (57) Cf Concilio Vaticano
II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930-931.
(58) Cf Pio VI, Breve Quod aliquantum (10 marzo 1791):
Collectio Brevium atque Instructionum SS. D. N. Pii Papae VI, quae ad
praesentes Ecclesiae Catholicae in Gallia [...] calamitates
pertinent (Roma 1800) p. 54-55.
(59) Cf Pio IX, Lett. enc. Quanta cura: DS 2890.
(60) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 7: AAS 58
(1966) 935. (61) Cf Mt
23,16-22. (62) Cf Is
44,9-20; Ger 10,1-16; Dn 14,1-30; Bar 6; Sap
13,1–15,19. (63) Cf Sal
42,3; ecc. (64) Cf Ap
13-14. (65) Cf Gal
5,20; Ef 5,5.
(66) Origene, Contra Celsum, 2, 40: SC 132, 378 (PG 11, 861).
(67) Cf Dt 18,10; Ger 29,8.
(68) Cf Lc 4,9. (69) Cf
1 Cor 10,9; Es 17,2-7; Sal 95,9.
(70) Cf CIC canoni 1367. 1376.
(71) Cf At 8,9-24. (72)
Cf già Is 55,1. (73)CIC
canone 848. (74) Cf Lc
10,7; 1 Cor 9,4-18; 1 Tm 5,17-18.
(75) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 19: AAS 58
(1966) 1039. (76) Concilio
Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 20: AAS 58 (1966) 1040.
(77) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 20: AAS 58
(1966) 1040. (78) Cf Rm
1,18. (79) Concilio Vaticano
II, Cost. past. Gaudium et spes, 19: AAS 58 (1966) 1039.
(80) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 20:
AAS 58 (1966) 1040.
(81) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 21: AAS 58
(1966) 1040. (82) Concilio
Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 21: AAS 58 (1966) 1042.
(83) Cf Nm 21,4-9; Sap 16,5-14; Gv 3,14-15.
(84) Cf Es 25,10-22; 1 Re 6,23-28; 7,23-26.
(85) San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto, 18, 45: SC 17bis,
406 (PG 32, 149). (86) Concilio
di Nicea II, Definitio de sacris imaginibus: DS 601; cf Concilio
di Trento, Sess. 25a, Decretum de invocatione, veneratione et
reliquiis sanctorum, et sacris imaginibus: DS 1821-1825; Concilio
Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 125: AAS 56 (1964)
132; Id., Cost. dogm. Lumen gentium, 67: AAS 57 (1965) 65-66.
(87) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 81, a. 3,
ad 3: Ed. Leon. 9, 180. (88)
Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 15: AAS 58
(1966) 940. |