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APERTURA DEL CONVEGNO DI STUDI
PROMOSSO DALL'ARCIDIOCESI BENEVENTANA
IN COLLABORAZIONE CON LE FAMIGLIE FRANCESCANE DEL SANNIO
E DELL'IRPINIA IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO
DI PROCLAMAZIONE DEL DOGMA DELL'IMMACOLATA

OMELIA DEL CARD. JOSÉ SARAIVA MARTINS  

Basilica di Santa Maria delle Grazie in Benevento
Giovedì, 20 maggio 2004

 

1. "Signum magnum apparuit in caelum" (Ap 12, 1)

Carissimi,

è indubitabile che il grandioso segno di cui parla l'Apocalisse sia tanto la Chiesa Madre quanto la Vergine Maria, Madre e Modello della Chiesa, per quella mutualità di funzioni che avrebbe indotto di lì a poco Clemente Alessandrino a esclamare: "Non c'è che una sola vergine madre, e mi piace chiamarla Chiesa" (Paedag. I, 6, in PG 8, col. 300).

Maria, che è la Bellezza personificata sin dal primo istante del suo esistere, prefigura perfettamente e nel contempo trascende inimmaginabilmente quella bellezza personificata, che la Chiesa sarà alla fine dei tempi. Giustamente, quindi, s. Francesco poteva salutarla "Vergine fatta Chiesa" (FF, Salut. Virg.)

Nell'attesa di poter condividere quella gloria che Maria, suo membro elettissimo, già gode in pienezza tanto nell'anima quanto nel corpo, la Chiesa guarda fidente a Colei, che immune dal peccato d'origine sin dal concepimento e ricolma di tale santità da non potersene  immaginare, all'infuori del Figlio suo, una maggiore, realizza e anticipa le grandi cose  che  l'Onnipotente compirà nel "resto della sua discendenza" (Ap 12, 10).

Quanto mai appropriato risulta allora essere il titolo del Convegno di studi, che l'Istituto Diocesano per il Diaconato Permanente e le famiglie francescane operanti nell'Arcidiocesi di Benevento hanno organizzato a celebrazione del 150° anniversario della definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione nonché del 50° anniversario della proclamazione di Maria SS. delle Grazie a Regina del Sannio: Signum magnum apparuit in caelum.

L'Immacolata, segno della Bellezza e dell'Amore di Dio. È doveroso dunque che io saluti primariamente i Rev.di Don Donato D'Agostino e Don Luigi Verzaro, Direttori responsabili del vivace Istituto ecclesiale, unitamente ai Molto Rev.di Padri Provinciali delle tre obbedienze minoritiche e al Rev.do P. Alessandro Apollonio, Consigliere Generale dei Francescani dell'Immacolata. Ringrazio cordialmente il Rev.do Mons. Pompilio Cristino, Vicario Generale, che m'ha rivolto un indirizzo di saluto a nome di S.E. Rev.ma Mons. Serafino Sprovieri, Arcivescovo Metropolita di Benevento. Rivolgo altresì uno speciale ringraziamento al Rev.do Don Francesco Lepore, Officiale della Segreteria di Stato, che ha collaborato ai lavori organizzativi del Convegno, invitandomi anche a presiederne la solenne Celebrazione Eucaristica d'apertura.

Essa invero cade provvidenzialmente nella festività liturgica di s. Bernardino da Siena, predicatore instancabile della devozione al SS. Nome di Gesù e alla di Lui Madre quale mezzo di conversione e santificazione.

Suscitato dal Padre delle Misericordie in un secolo caratterizzato da dolorose dilacerazioni all'interno tanto della Chiesa quanto del vecchio continente europeo, frate Bernardino arse d'amore indicibile per Gesù, nel cui nome solo c'è salvezza. Come l'Apostolo Pietro egli poté convintamente ripetere: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (At 4, 12).

In linea con l'intera Scuola francescana il figlio del Poverello amò contemplare Maria nel piano della salvezza. Predestinata unitamente al Salvatore con un solo e medesimo decreto, la s. Vergine è così, nella visione del Senese, la prima beneficiaria  della  salvezza  apportata  dall'unico e perfettissimo Mediatore e in pari tempo la collaboratrice materna all'opera salvifica del Verbo Incarnato.

Discostandosi da s. Bonaventura e dal prediletto Ubertino da Casale, Bernardino fu fermamente convinto che tale salvezza si concretò in Maria sotto forma privilegiata di preservazione totale dal peccato d'origine, cosicché neanche per un istante la Tutta Bella soggiacque alla schiavitù del peccato e all'impero del maligno. Ella potette a buon diritto esclamare: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Lc 2, 49).

Commentando le parole della Madre di Dio, s. Bernardino ebbe dunque a dire: "Nui sapemo che Adam fu creato da Dio innocente et puro, senza nulla macula de peccato originale. Adunque sana stato Adam creato de più dignità de Maria, se Ella fo concepta in peccato originale... Se Maria contraxe questo peccato et immediatamente fo da eso mondata, non hebbe più dignità de Joanne Baptista... E però nui decemo, et tenemo fermamente, che Dio creò la sua beatissima Madre più pura et più mondissima che Joanne Baptista, né che niun altro Sancto o Sancta, e quando gl'infuse l'anima la preservò ch'Ella non contrahesse el peccato originale... Bene poteva adunque dire Maria:  Dio ha facte in me cose grande, però che mi ha preservato dal peccato" (De gratiae plenitudine V. M.).

Oltre a tali motivi, che potremmo definire di convenienza, il Senese correlò l'immacolata concezione di Maria alla di lei maternità. Dovendo divenire Madre di Dio, il tre volte Santo volle tutta bella, tutta santa, tutta immacolata la propria vivente dimora: "Maria tu se' senza concupiscenza, tu se' netta e pura... Se nella concezione no vi fu alcuna macola, ode se il Salmista il disse: Quia sanctificavit tabernaculum suum Altissimus. Perché l'altissimo Iddio santificò il suo tabernacolo. E tabernacolo di Iesu fu Maria, e Iddio il santificò e stette sempre netto e puro senza alcuna macola. Anco potremo dire che ella fusse stata preservata in grazia, come di lei fu detto nella Cantica, al 4° cap., parole dello sposo alla sposa: Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te. Tutta se' bella e candida e pura, sposa mia, e niuna macola non è in te... Solamente due creature so' state senza peccato in questa vita, Cristo e Maria" (Serm. del 14 settembre 1427).

L'assunto della maternità divina quale fondamento del primo privilegio di S. Maria è chiaramente espresso, come ben sappiamo, nell'orazione di colletta della Messa dell'8 dicembre. Tuttavia se eleviamo il nostro sguardo all'incantevole immagine lignea della Madonna delle Grazie, ivi venerata, tale verità sarà plasticamente a noi disvelata.

Il Divin Bambino, che la clemente Avvocata del genere umano regge fra le braccia, stringe difatti un piccolo pomo. Lo scultore ha voluto così indicare che Maria, unicamente in previsione dei meriti del Redentore, che ha distrutto il peccato simboleggiato dal frutto genesiaco, è stata preservata da ogni macchia di peccato originale.

Questa icone può essere ben ravvisata quale efficace compendio di mariologia. Se Maria è di fatti immacolata in vista della sua missione di Madre del Redentore, lo è parimenti in vista della sua missione di cooperatrice del Redentore quale Madre dell'intero Corpo Mistico. Il seno delicatamente dischiuso ci rammenta difatti l'azione materna della Tutta Misericordiosa, soprattutto per via d'intercessione, nei riguardi dei suoi figli ancora pellegrini. La Madre di Gesù e Madre nostra, infine, è immacolata in vista d'una sua vittoria totale sul male, comprendente tanto l'assunzione corporea quanto il riconoscimento universale del suo impero materno:  l'una e l'altro sono resi dal manto trapunto di stelle e dall'aureo diadema.

Non posso che plaudire, dunque, a una manifestazione di pietà e cultura, volta a celebrare due anniversari - l'uno interessante la Chiesa universale, l'altro questa Chiesa locale - che ricevono reciproca luce in un rapporto quasi simbiotico.

L'Immacolata, Madre della grazia, benedica maternamente quanti parteciperanno a queste giornate di studi in suo onore. La Tutta Bella, la Tutta Santa, la Tutta pia ottenga soprattutto a voi tutti di poter fare esperienza di Dio Bellezza e Amore, per esserne come Lei riflesso vivido in questo mondo.

Facendo mie le parole d'un santo gesuita, Alfonso Rodriguez, così mi rivolgo infine ai più belli tra i figli dell'uomo: "Gesù e Maria, amori miei dolcissimi, per voi io viva, per voi io soffra, per voi io muoia. Sia tutto vostro, sia niente mio". Amen, alleluja!

        

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