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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN AUSTRALIA 

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CORPO DIPLOMATICO*

Canberra (Australia), 25 novembre 1986

 

Eccellenze, cari amici,

Sono grato all’arcivescovo Brambilla per le sue parole di calda accoglienza a questa Nunziatura apostolica. Sono veramente felice di avere questa possibilità di salutare tutti voi e di esprimere la mia stima per il vostro importante ruolo di capi delle missioni diplomatiche qui a Canberra.

1. Nel 1970, durante la sua visita in Australia, anche il mio predecessore Paolo VI si incontrò coi membri del Corpo diplomatico. In quella occasione egli parlò di un certo numero di somiglianze tra la missione del Corpo diplomatico e la sua missione. Disse: “Voi lavorate per la causa dell’ordine internazionale e del pacifico progresso dei popoli, impegnandovi a quel generale sforzo di collaborazione che è così necessario per il mondo di oggi collaborazione nello stabilire le condizioni di una giusta pace, e nel porre le fondamenta di una società interdipendente nella quale il ricco aiuta il povero e il forte sostiene il debole” (PAULI VI Allocutio ad Legatorum Ordinem in sede Delegationis Apostolicae in urbe “Sydney” habita, die 1 dec. 1970: Insegnamenti di Paolo Vl, VIII [1970] 1317.).

Queste memorabili parole riassumono gran parte di ciò che è importante ed essenziale nella vostra attività, gran parte di ciò che è nobile nella vostra vocazione di diplomatici.

2. Voi avete la grande fortuna di essere accreditati presso un paese che tiene in alta considerazione i valori sui quali si basa l’ordine internazionale e che molto ha fatto per il progresso pacifico dei popoli. Nello sforzo di esser testimone della dignità umana e di riconoscere il carattere interdipendente della società, l’Australia ha generosamente aperto le porte a milioni di immigranti e rifugiati, proclamando la libertà, l’uguaglianza e il rispetto per i diritti umani tra le sue priorità più elevate. È in questo contesto che siete chiamati a offrire la vostra collaborazione e a dare il vostro contributo alla causa dell’ordine internazionale e del progresso pacifico tra i popoli.

3. In precedenza quest’anno ho espresso la mia convinzione secondo cui “l’instaurazione di un ordine basato sulla giustizia e la pace è oggi vitalmente necessario . . . la necessità di considerare il bene comune dell’intera famiglia delle Nazioni è in tutta chiarezza un dovere etico e giuridico” (IOANNIS PAULI PP. II Nuntius ob XIX diem ad pacem fovendam Calendis lanuariis a. 1986 celebrandam, 4, die 8 dic. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo 11, VIII, 2 [1985] 1468). Quali diplomatici avete assunto come vostro questo dovere etico e giuridico. Voi siete chiamati a essere servitori dell’umanità, specialisti nell’operare per il bene comune dell’intera famiglia delle nazioni. Naturalmente siete attenti ai vostri paesi e ai loro interessi. E tuttavia sapete che un eccessivo amor proprio non può mai essere veramente vantaggioso, perché a lungo andare nuocerà a se stesso. Allo stesso tempo ciò che giova al bene comune internazionale è veramente benefico per ciascuna nazione del mondo.

4. In quanto Corpo diplomatico complessivo, dovete dare esempio nei vostri rapporti reciproci della realtà che siete chiamati a promuovere nel mondo: solidarietà, dialogo e fratellanza. Questi obiettivi devono anche essere il vostro metodo e vi invitano a condividere e collaborare in uno spirito di reciproca fiducia. Questo significa dover essere uomini all’avanguardia del cambiamento là dove il cambiamento è necessario. E in realtà i maggiori cambiamenti necessari sono l’avere continuamente un cuore nuovo e un’apertura agli altri.

Quali diplomatici siete sfidati a “fare dei bisogni basilari e primari dell’umanità il primo imperativo della politica internazionale”. Questo perché l’umanità ha veramente un’unità d’interessi; l’umanità è veramente una sola famiglia.

5. La pace è il frutto di rapporti giusti e onesti a ogni livello della vita umana, ivi compreso il livello sociale, economico, culturale ed etico. E la pace mondiale è frutto di un giusto ordine internazionale. Venticinque anni fa Papa Giovanni XXIII cominciò a focalizzare le richieste di giustizia nel rapporto tra nazioni di sviluppo economico diverso.

Facendo appello alla solidarietà che unisce tutti i popoli e li rende membri della stessa famiglia umana, egli esortò tutte le nazioni che godono di un’abbondanza di beni materiali a non trascurare lo stato di quelle nazioni che sono afflitte da povertà e fame e che non godono dei diritti umani fondamentali (cf. Mater et Magistra, 157). Voi stessi non potete fare tutto ciò che è necessario per rinnovare l’ordine internazionale, ma potere fare molto. La vostra condotta, i vostri contatti e le vostre decisioni devono tutti rispecchiare la visione di un ordine internazionale che è nuovo e colmo di speranza proprio perché riconosce una solidarietà umana universale.

Questa visione deve allo stesso tempo riconoscere le minacce alla pace ovunque esse appaiano: in un amore proprio eccessivo e sterile; in blocchi esclusivi chiusi al benessere del resto del mondo; in tutto ciò che impedisce lo sviluppo dei popoli; nella corsa agli armamenti, sia nucleari che non; negli abissi sociali ed economici che separano le nazioni; nell’ingiustizia che calpesta i diritti umani; nella violenza dell’odio e del terrorismo; in sistemi totalitari che impediscono alla persona di decidere del proprio futuro.

6. È sulla base di una nuova visione dell’ordine internazionale che tiene conto sia degli ostacoli alla pace sia della possibilità di superarli che ha luogo il dialogo di pace.

Questo dialogo mira a eliminare il sospetto, la divisione e il confronto; lotta per difendere il fragile tesoro della fiducia - fiducia necessaria nella famiglia umana - tra fratelli e sorelle che condividono una stessa umanità. Questo dialogo di pace mira a promuovere una solidarietà universale nella causa dello sviluppo di tutto il mondo: aiutando gli affamati, gli ammalati e i bisognosi, e allo stesso tempo assistendo ampi settori di umanità a utilizzare il proprio talento per edificare, con l’aiuto di Dio, il loro futuro.

Tutto questo non è solo oggetto del vostro dialogo, ma anche scopo della vostra esaltante missione: l’edificazione di un ordine internazionale più giusto e pacifico. Cari amici: possa Dio Onnipotente darvi luce e forza nel servizio ai vostri paesi e all’intera famiglia delle nazioni interdipendenti.


*L'Osservatore Romano 26.11.1986 p.4.

 

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