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COMITATO PER LA GIORNATA GIUBILARE 
DELLA COMUNITÀ 
CON LE PERSONE CON DISABILITÀ 

  SCHEDE DI PREPARAZIONE 
ALLA GIORNATA GIUBILARE 
DEL 3 DICEMBRE 2000 

   SECONDA SCHEDA

    LA  PERSONA   CON   DISABILITÀ: 
TESTIMONE PRIVILEGIATO DI UMANITÀ   

   

La ricchezza della persona con disabilità sfida continuamente la Chiesa e la società e le chiama ad aprirsi al mistero che essa presenta.

La persona con disabilità è persona ricca di umanità.

La disabilità non è un castigo, ma luogo controcorrente dove l’umanità riceve le spinte più forti e le risorse per un mondo basato sulla solidarietà, speranza e amore.

Questa scheda è un aiuto per la scoperta di tale verità e realtà.

È con tale spirito che la affidiamo a tutti voi per integrare e inserire a pieno titolo le persone con disabilità nella vita della Chiesa e della società, per valorizzare i doni di cui sono portatrici e per riconciliarsi con loro per le lacune nei loro confronti nello spirito del Grande Giubileo e per creare una mentalità di accettazione, di promozione e di solidarietà.

Il Comitato preparatorio

  

Roma, 20 marzo 2000.


La persona con disabilità: testimone privilegiato di umanità

  

Aspettative della società

La società del post-moderno, caratterizzata dalla differenziazione, dalla pluralizzazione e dalla individualizzazione radicale oppure, usando altri termini, dal narcisismo, dal pragmatismo e dall'incessante irrequietezza, affronta le sfide di sempre circa l'umanità e il suo destino. 

L'umanità, composta di uomini e donne, ha valori che sono costanti e che vanno al di là di ciò che si può percepire utilizzando sistemi ideologici e filosofici di lettura e di comprensione. 

La ricchezza di questi valori sfida continuamente la società, la chiama ad aprirsi al mistero che essi presentano: la vita di ogni persona è un mistero. 

L'umanità ha cercato attraverso la sua storia di entrare in questo mistero in modi diversi e con risultati diversi: a volte ha assaporato la grandezza della vita dell'uomo/donna, del suo pensiero, della sua capacità di donazione e impegno, altre volte ha preferito vie più spicciole relegando l'uomo/donna a puro oggetto di consumo, giudicando e prescrivendo chi è degno di vivere e chi non lo è. 

Secondo questa ultima logica solo chi possiede, ha successo, chi ha informazione e la manipolizza per proprio tornaconto, ha valore, è qualcuno. Chi non rientra in questa logica è fuori da ogni schema di successo, produzione o qualità di vita. In questa linea vengono situate le persone con disabilità mentale e/o fisica.  

 
Le persone con disabilità:  
segno di contraddizione 

Esse incarnano il dolore, evocano la fragilità, denunciano il limite della condizione umana. Sono segno di contraddizione e scandalo. Le loro difficoltà e le loro disarmonie testimoniano contro la moda effimera di una bellezza intesa come mero estetismo, e rinviano, nel contempo, ad una armonia più profonda, svelano, al di là di ogni contigente fenomenico, la consistenza ultima e fondativa della persona come valore ontologico. 

Per questo la persona con disabilità è "testimone privilegiato di umanità", espressione trasparente ed immediata del valore umano. 

Essa afferma il valore della vita al di là di ogni determinazione di funzionalità e di efficienza.  

"La dignità della persona è manifestata in tutto il suo splendore quando si considerano l'origine e il destino della persona: creata da Dio in sua immagine e somiglianza come pure redenta dal prezioso sangue di Cristo, la persona è chiamata ad essere 'figlio nel Figlio' e tempio vivente nello Spirito, destinata alla vita eterna di beata comunione con Dio" (Giovanni Paolo II, Christifideles Laici). 

Ciò provoca ogni tipo di società a una seria riflessione e comprensione di tale realtà, anche quando se ne vedono solo dei 'frammenti' secondo la logica di categorie artificiali umane, come potrebbe esserci nelle persone con disabilità, ma che allo stesso tempo sono sempre 'testimoni privilegiati di umanità'. Scriveva un autore: "La provocazione di imparare a conoscere, a stare con, e ad avere cura per una persona con disabilità è niente altro che imparare a conoscere, a stare con, e ad amare Dio. La faccia di Dio è la faccia della persona con disabilità; il corpo di Dio è il corpo della persona con disabilità; l'essere di Dio è quello della persona con disabilità" (A. McGill, citato da S. Hauerwas, Suffering Presence, 1986). 

  

Reazioni 

Tutto ciò invita a ribaltare le prospettive, a rovesciare lo sguardo con cui guardiamo alla persona con disabilità per chiederci non solo di quanta solidarietà abbia bisogno, ma soprattutto per ammettere quanto sia capace di offrire a noi testimoniando il valore in sé ed inalienabile della vita. Nella persona con disabilità grave lo scacco esistenziale della malattia invalidante diventa occasione di identità e di trasparenza della comune umanità che con lui condividiamo. 

È quasi per definizione e strutturalmente il "povero", colui che è nella condizione di dover accettare che il suo bisogno, la sua dipendenza dall'altro venga ostentata quasi senza discrezione, senza infingementi che mascherino quella non autosufficienza che l'individualismo trionfante non riconosce e che pure, al fondo, è di tutti. 

Spesso dalla persona con disabilità si volge via lo sguardo e non sempre per una banale indifferenza, ma perché nel profondo, e sia pure inconsciamente, minaccia le nostre sicurezze presunte, provoca nella misura in cui propone e rievoca la finitezza in cui siamo circoscritti e che vorremmo esorcizzare enfatizzando i miti della modernità: il progresso, la scienza, la tecnica… 

È colei che non tiene il passo nella società del "tempo reale" e del "valore aggiunto": è la non-produttiva e, quindi, colei che è inutile e residuale. 

Il suo deficit di autonomia interroga e non lascia scampo: o la solidarietà o il rifiuto e la negazione. 

Ma la solidarietà non è un moto benevolo del cuore, un buon sentimento; è piuttosto, ad un tempo, il riconoscimento pieno ed oggettivo della titolarità di un diritto intero di cittadinanza ed è, soprattutto un "con-vivere" autentico secondo una scelta personale e consapevole di responsabilità. 

In questo senso la comunità non può limitarsi ad "assistere" la persona con disabilità, ma deve, piuttosto, "prendersene cura". 

 

Realtà attuali - discriminazioni 

Anche forme assistenziali molto avanzate possono corrispondere ad un intento, più o meno latente, di emarginazione: disponibilità ad investire risorse per una custodia qualificata, purché chi non è al top delle prestazioni non si intrometta nella rete sofisticata di una società che deve correre veloce per produrre ricchezza. 

"Prendersi cura" vuol dire curare anche chi non può guarire, sfruttare ogni risorsa nel contempo e realizzare un approccio integrato alla globalità della persona. 

Nei paesi ricchi la logica del profitto e del benessere illimitato suggerisce una emarginazione "morbida" della persona con disabilità. Il suo diritto è proclamato, ma le norme che lo tutelano disattese o mai gestite. La sua "diversità" sale alla ribalta quando fa notizia e dà ai media occasione di spettacolo. La fatica del suo vivere quotidiano è ignorata, forse volutamente nascosta. L'"assitenza" si è impreziosita, si avvale spesso anche di strutture prestigiose, ma rischia di non essere, ad un tempo, meno ghettizzante. 

Nei paesi poveri i bisogni primari, legati alla sopravvivenza della generalità della popolazione, prevalgono su tutto. Analfabetismo, disoccupazione, povertà aggiungono avvilimento alla discriminazione che, nelle megalopoli del cosiddetto Terzo Mondo, cancella ogni traccia di quel parziale sostegno che la comunità di villaggio e il clan possono altrove, in qualche modo, assicurare. 

Nei paesi ricchi e nei paesi poveri insieme sono scarse le risorse economiche e scientifiche per la prevenzione delle malattie invalidanti; anzi il progresso e la tecnologia pretendono i loro sacrifici umani anche in termini di grave danno biologico e disabilità. 

  

Novità: possibilità di costruire nuovi rapporti  

Se davvero fossimo incapaci di ripartire dagli ultimi; se avessimo la forza di questo rovesciamento inconcepibile: ridisegnare larghi tratti e fisionomie della nostra civiltà muovendo da uno sguardo limpido che focalizza - sopportando la rudezza di questa esplorazione - la persona con disabilità come "pietra d'angolo" o termine di paragone di una nuova costruzione sociale, ci accorgeremo come ben altre barriere - che non siano solo quelle architettoniche - vengano messe in discussione dalla sua pura e semplice presenza in mezzo a noi, cosidetti "normodotati". 

In effetti, quel limite che non è una occasionale e contingente o transitoria diminuzione, ma un che di intimo e strutturale scava nel profondo, offre una sorgente, evoca la dignità incondizionata della persona. 

Invita, pertanto, a concepire una convivenza fatta di fiducia piuttosto che di sospetto e diffidenza, di gratuità schietta piuttosto che di chiusure grette, di immediata freschezza nelle relazioni interpersonali, di consapevole e serena reciproca dipendenza, di gioia di vivere.  

Le persone con disabilità danno le spinte più forti ed offrono grandi risorse morali e spirituali per un mondo secondo il piano di Dio. Esse offrono un contributo di speranza e di amore alla storia umana. Rivelano all'uomo quello che l'uomo è: la persona vale per quello che è e non per ciò che ha o sa fare (GS 35) specialmente in una società dove quello che conta è la bellezza fisica, l'autoaffermazione, la ricerca del potere e del primato sugli altri. Mostrano la dipendenza della creatura dal Creatore con la loro fiducia e dipendenza dagli altri e affermano questa unione che dà vita. "La creatura senza il creatore svanisce" (GS 36). 

La persona con disabilità è, dunque, una risorsa, un monito vivente; rovescia il dolore, traduce la sofferenza in una lode alla vita. Accettazione, solidarietà diretta e personale, promozione attiva dell'aiuto, realizzazione di opere ed iniziative: sono quattro momenti - che valgono allo stesso modo sul piano delle relazioni private e sul piano del livello pubblico ed istituzionale - necessari ad una concreta "riforma" del nostro atteggiamento anzitutto e dalle stesse strutture sociali e civili di fronte alla condizione di disabilità. 

    

Testimonianze 

  

La testimonianza di un nonno 

Una relazione speciale 

La notizia che la nostra nipotina era nata con seri problemi e che stava lottando per la vita ci colpì come una martellata. La nostra prima relazione fu un misto shock, non credere, non controllata speranza che le cose si sarebbero messe a posto, e di dolore. 

Nelle settimane seguenti provammo tutte le emozioni che i nonni in questa situazione affrontano: shock, non credere, negazione, rabbia, continua dolorosa tristezza e, finalmente, accettazione. 

Laura era stata colpita da CMV dovuta a un virus e da quadriplegia. 

Quasi subito arrivammo ad accettare Laura per quello che era e non per quello che sarebbe dovuto essere. Le informazioni dateci dai vari professionisti dell'università dove lavoravo come bibliotecario e i libri a disposizione ci hanno aiutato in questo. Ci siamo totalmente coinvolti con Laura passando tempo con lei, aiutando mia figlia, Kathy, a tener cura di lei o degli altri due figli quando essa si doveva assentare dalla famiglia con Laura. 

Abbiamo dato sostegno emotivo e amore con l'accettazione e la fiducia. Il nostro coinvolgimento ha aiutato Laura ad accettare la sua situazione, ma anche a far sentire meno isolati i suoi genitori, dando loro un sollievo per la tristezza e l'autocommiserazione. Quando trasporto Laura in macchina, ho l'occasione più bella, senza interruzioni, di racontarle storie, parlarle e sentire come a scuola. Questi viaggi settimanali hanno contribuito a stabilire un profondo gioioso legame con lei e mi hanno dato un ruolo nella sua crescita e formazione. Ho imparato che Laura capisce molto di più di quanto sembra. 

Ciò che abbiamo dato e ciò che cerco di dare - mia moglie è morta quando Laura aveva 8 anni - principalmente è ciò che ogni nonno/a dà a ciascun nipote. Prima di tutto essa è mia nipote; e secondariamente mia nipote con bisogni speciali. 

Quello che ho guadagnato come nonno di una bambina con disabilità supera di molto quanto ho dato. Ho acquistato una vicinanza speciale con la famiglia di Laura. Ho avuto un rapporto più profondo con gli altri miei figli e le loro famiglie perché tutti condividono l'esperienza della famiglia di Laura. Ho acquisito una nuova sensibilità per i bisogni e le necessità degli altri bambini con disabilità e delle loro famiglie. Ho sviluppato nuovo apprezzamento per i talenti dei professionisti e specialisti e una migliore abilità per aiutare e consolare genitori e nonni che sperimentano l'arrivo di un bambino con disabilità nelle loro famiglie. 

Soprattutto, ho acquistato un'amicizia molto speciale con una persona molto speciale, ed ho sperimentato "la gioia e la vicinanza che un bambino con bisogni speciali porta a una famiglia". 

   

Comitato per la Preparazione alla Giornata Giubilare 
della Comunità con le Persone con Disabilità 

 c/o: Opera Don Guanella, Via Aurelia Antica, 446 – 00165 Roma 

Tel +39-06-6622260 – fax +39-06-6624658 

     

 

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