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  Il Convegno sull’attuazione del Concilio - Sintesi delle relazioni

La liturgia nella vita della Chiesa

+ Pere Tena Garriga

La domanda fondamentale viene formulata in questa maniera in Tertio Millennio Adveniente: “Si vive la liturgia come fonte e culmine della vita cristiana, secondo l’insegnamento del Concilio?” Come nei casi delle altre tre Costituzioni conciliari, la domanda si orienta verso il punto che possa risultare maggiormente decisivo e a volte forse più conflittuale nella ricezione della corrispondente tematica del Concilio Vaticano II. Adesso ad un esame di coscienza è, innanzi tutto, una questione spirituale, e qui si chiede un esame di coscienza ecclesiale. Non si può negare che è un’operazione ardita. Fino a che punto possiamo essere ingiusti, esageratamente ottimisti o pessimisti, mescolare le impressioni personali con la realtà oggettiva della coscienza ecclesiale? Nello stesso tempo, si tratta di esaminare la coscienza di tutta la Chiesa … Come farlo quando le chiese locali sono così diverse, con influenze culturali e storiche così varie? Prima di queste difficoltà oggettive, esiste la tentazione di evitare la risposta, e dichiararsi incapaci di rispondere direttamente. Ma si può cercare un cammino indiretto; che non entri nello spirito delle persone e di conseguenza non giudichi i suoi atteggiamenti. E’ il cammino dei sintomi e delle condizioni sine qua non.  

Le azioni liturgiche, celebrazioni della Chiesa

“Il risveglio della Chiesa nelle anime” che annunciava Guardini all’inizio del secolo scorso ha dato frutti nel Concilio Vaticano II. La Costituzione Lumen gentium in particolare si presenta come il vero culmine della riflessione teologica sulla Chiesa, assunta nel magistero conciliare. Da essa nasce l’ecclesiologia di comunione che va conformando la vita ecclesiale. Però, in realtà, l’ecclesiologia di comunione è già presente nell’impostazione e nei testi del Sacrosanctum Concilium. Forse conviene osservare che è stato soprattutto dopo il Sinodo del 1985 quando l’ecclesiologia di comunione è stata posta maggiormente in rilievo nella letteratura del Magistero e penetra con maggior forza nella catechesi e nella coscienza dei pastori e dei fedeli. Questo cammino non è stato esente da difficoltà e da soprassalti. Il Sinodo sul quale faccio riferimento riconosce, nella sua Relatio finalis, un problema: “Nel cosiddetto primo mondo c’è da domandarsi perché, dopo che la dottrina sulla Chiesa sia stata insegnata in maniera così ampia e profonda appaia con frequenza una disaffezione verso la Chiesa, sebbene nel primo mondo abbondino anche i frutti del Concilio. Nei posti in cui la Chiesa è soppressa a causa di una ideologia totalitaria, oppure nei luoghi dove si leva la sua voce contro l’ingiustizia sociale, sembra che si accetti la Chiesa in maniera più positiva. Però, anche lì, non si può negare che una piena e totale identificazione con la Chiesa e con la sua missione primaria non sia data a tutti i fedeli”. Allora, il principio ripetuto varie volte nel Sacrosanctum Concilium, è che nella liturgia, e soprattutto nella Eucaristia, si esprime la natura della vera Chiesa. Questo principio è stato verificato ampiamente durante tutto questo tempo? Non c’è dubbio che ci sia una interrelazione tra la forma di celebrare ed il tipo di ecclesiologia che vivono coloro che celebrano. Anche qui si relazionano “l’esser” e “l’operare"

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