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Editoriale

Il “grande cantiere” della pace impegno per il nuovo millennio
Roger Etchegaray

Le ultime sequenze di questa fine millennio non lasciano scampo: come una infida compagna di viaggio, la violenza insegue e bracca l’uomo fin sulla soglia di un’epoca nuova, quasi a soffocarne e reprimere un possibile cambiamento di rotta.

Il secolo breve continua a farsi vivo attraverso segni di morte; e viene ad ammonirci - ancora oggi, nella guerra dei Balcani -  che tra la vergogna di un genocidio e gli immani lutti di due conflitti mondiali, le speranze di pace dovranno farsi largo tra avversità e stenti di ogni genere.

I lampi di guerra accecano innanzitutto gli sguardi sul futuro, sicché anche il passaggio al nuovo millennio può sembrare nient’altro che una successione di fogli sul calendario.

Non è del  resto vero che per i conflitti armati – anche in questi giorni – s’è fatto più volte ricorso alla definizione di inevitabile? Le armi come ultima e tragica via d’uscita dalle crisi: è questa una delle estreme e disumane conseguenze dell’incapacità al dialogo.

Dovremmo allora prendere atto di una realtà che si presenta ai nostri occhi in maniera così cupa e definitiva? Dovremmo rassegnarci a mantenere, nella bisaccia di questo trapasso di millennio, anche il carico della  zavorra  di odio e di inimicizia che paralizza i nostri passi?

Ecco il momento di pronunciare alto e solenne un altro Basta! Come il Santo Padre ha fatto in nome di Cristo e per conto di tutta l’umanità, avviata – tutta insieme, al di là degli stessi fogli di calendario – verso l’orizzonte sempre più prossimo del terzo millennio.

Di fronte al pellegrinaggio che da ogni parte della terra si muove verso la soglia – la Porta Santa – del passaggio di secolo e di millennio, dagli schermi delle televisioni e sulle pagine dei giornali emerge, con un’evidenza ogni giorno più angosciante, un  itinerario di segno opposto: quello dolente e drammatico di nostri fratelli che vanno e vagano dove l’odio li scaccia, nel tentativo estremo di mettere al riparo almeno la vita.

L’amaro pellegrinaggio  di questi nostri fratelli è l’emblema di come la violenza transita contromano rispetto alla storia e alle speranze degli uomini. E’ esattamente sulla via opposta di quella civiltà dell’amore che può – anzi: deve essere – il segno nuovo del millennio che viene.

Il vero grande cantiere del Grande Giubileo è questo. Un cantiere che ha i cancelli aperti per tutti e dove non comparirà mai – c’è da esserne certi – il cartello: “Personale al completo”.

Duemila anni fa, Cristo Salvatore, inviato da Dio Padre, è venuto per tutti.

E da allora non ci ha lasciati mai soli.  

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