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Il Punto - Mass media e Giubileo
Quando il Vangelo diventa copione cinematografico
Leandro Castellani
La Âbiblia pauperum  i grandi cicli dÂaffreschi delle nostre chiese romaniche, quelli di un anonimo pittore o quelli di Giotto -; le storie della creazione e del peccato originale scolpite sugli stipiti della Cattedrale di Chartres; le sacre rappresentazioni di Oberammergau o di Cantiano, con quei popolani vestiti da guerrieri e un giovane dal volto più meno ispirato che interpreta Cristo; i presepi napoletani del settecento, gremiti di artigiani pastori contadini mentre la Sacra Famiglia ha trovato riparo in un improbabile rudere romano sotto un cielo fitto di angeli e stelle.
Tutte espressioni di unÂarte popolare  cioè per molti, per la gente  che da sempre e su vari livelli di consapevole espressività è servita a raccontare o ricordare lÂepisodica del sacro, a destare la commozione, cioè ad incidere sullÂemotività, a Âedificare e dar Âbuoni fruttiÂ.
Ogni artista  blasonato, anonimo o naif  mescola in un personalissimo tuttÂuno il messaggio della Bibbia con la propria visione di un uomo, il momento storico che sta vivendo con i sentimenti della gente, i giudizi e i pregiudizi dei contemporanei.
In queste forme singolari, lÂarte popolare ha da sempre Âdato una mano allÂevangelizzazione e alla catechesi. (1) E il cinema?
ÂIl cinema  scriveva Pierre Leprohon nellÂormai lontano 1950  è spettacolo essenzialmente popolare. E dunque naturale e logico che esso riprenda, sotto una nuova forma, dei temi che per alcuni secoli affascinarono gli uomini. Il cinema offre così allÂagiografia un elemento nuovo, capace di renderle un vigore che si era affievolito, di riconquistarle un pubblico cospicuo. Considerato sotto questo punto di vista, come continuatore delle grandi forme di espressione poetica, plastica e scenica, il Âfilm sacro non solo si giustifica, ma sÂimpone. Dopo il poema epico, dopo le vite dei santi cantate e accompagnate dalla viola, dipinte in affreschi o sulle vetrate, scolpite nella pietra delle cattedrali romaniche e gotiche, dopo il mistero recitato nelle chiese, ecco che unÂarte del nostro tempo offre alle più nobili aspirazioni delle possibilità di espressione e una potenza di persuasione non meno prodigiose. (2)
Anche il cinema è unÂarte popolare  cioè, ripetiamolo a scanso di equivoci, Âper moltoÂ- ma quando si avvicina ai temi del sacro lo fa talvolta per illustrare e commuovere, talvolta per sconcertare, per scandalizzare addirittura.
Già, perché cÂè una differenza: il Presepe, gli affreschi medievali, i cicli pittorici della Riforma tridentina, le sacre rappresentazioni popolari nascono nellÂalveo di una cultura fortemente impregnata di valori cristiani, di cui lÂartista è portavoce consapevole, investito in vario modo e a vario titolo in un compito di vera e propria evangelizzazione. Anche nelle realizzazioni più personali e forse devianti non cÂè mai netta opposizione o intento dissacratorio.
Il cinema nasce alla fine del secolo scorso e si afferma nel nostro, dunque in un contesto culturale variegato, nutrendosi di una visione del mondo e della vita talora assai lontana da quelli che uno spirito religioso reputa autentici valori, il chè non può non influenzare in vario modo le stesse rappresentazioni del sacro che la cosiddetta Settima Arte tenta di dare e che talora con tali valori possono entrare persino in conflitto.
LÂitinerario del Cristo, il volto di Gesù restano una costante sfida per il cinema, come lo sono stati attraverso i secoli per lÂarte plastica e figurativa. LÂimpegno più esaltante che possa affrontare un regista, cristiano e non cristiano, religioso e miscredente. Se esiste un solo, ineffabile volto di Gesù, i tentativi di delinearlo sono numerosissimi  centoquattordici quelli cinematografici, secondo un recente calcolo  e corrispondono alla costante tensione a tradurre in unÂimmagine, che è sempre una lettura univoca, lÂinesauribile potenzialità della Parola evangelica.
Ogni artista che racconta Gesù traduce in realtà il desiderio di dargli il volto e riconoscerlo, di svelare il segreto della sindone, fatto di ombre e di luci. Punto di partenza è pur sempre la narrazione evangelica, ma questa può essere proposta, ricostruita, interpretata o semplicemente evocata. Cercasi Gesù, potremmo dire parafrasando il titolo di un film di Comencini del 1982.
Ogni regista, anche il più Âdecorativo e meno problematico, nel momento in cui si appresta ad affrontare la vita di Cristo, non può fare a meno di rivolgersi la domanda: che è Gesù per me? E il quesito si ripercuote fatalmente sullo spettatore, anche sul più Âlontano e distratto, lo rimette in discussione, lo interroga.
Certo, con differenti accentuazioni. Eppure, anche nelle espressioni cinematografiche più fredde o di maniera, il racconto della vita di Cristo può trasformarsi in esperienza autenticamente religiosa.
E quanto accade del resto nel corso di quelle Âsacre rappresentazioni popolari ancora in vita, anche nelle più goffe e ingenue. Si ha un bellÂessere Âdistaccati e Âsuperiori di fronte alla precarietà della messa in scena, allÂapprossimazione dei costumi, alla goffaggine degli interpreti. Sia pure per un solo istante quella Ârappresentazione può trasformarsi in Âevocazione di una vicenda più grande, dellÂevento salvifico, del sacrificio di Cristo. E allora la commozione sgorga spontanea e irrefrenabile. E con la commozione, la riflessione, il richiamo ai significati profondi, la richiesta prepotente di revisione di vita e di pensieri.
Allo steso titolo direi che ogni film su Gesù può costituire, nel suo complesso o in alcuni momenti di grazia, unÂesperienza religiosa.
Intanto perché propone ad ognuno di noi il confronto fra quel Gesù e il ÂnostroÂ: il Gesù raccontato dal regista può anche inizialmente sconcertarci, addirittura irritarci  perché quel volto, quei gesti, quel contesto insolito?  ma poi ci forza a rileggere e ripensare parole, episodi, azioni che conosciamo da sempre e dunque abbiamo sistemato  e forse rimosso  in una visione di maniera, come una consuetudine ereditata dallÂinfanzia che non coinvolge più il nostro travaglio quotidiano di adulti.
In questo senso si potrebbe affermare per assurdo che le rappresentazioni più ÂpovereÂ, o approssimative o infedeli, possono rivelarsi le più feconde, perché ci obbligano a rimettere in discussione e dunque a ripensare e rivivere il Ânostro Gesù.
La prova del nove? Due Âvite di Cristo narrate dal cinema, entrambe interessanti e valide: Zeffirelli (Gesù di Nazareth) fa ritrovare alle cosiddette Âanime pie i momenti topici, i volti, gli atteggiamenti, addirittura la tradizione iconografica a cui siamo stati adusi, dagli anni della Riforma tridentina sino alla vigilia del Vaticano II. Accarezza e blandisce il nostro spirito con una buona dose di commozione, rinfrescando i ricordi catechistici giovanili. Al contrario, collocando attorno a un Cristo enigmatico i volti dei nostri contemporanei poveri, il mondo degli ÂesclusiÂ, il ÂGesù di Pasolini (Il Vangelo secondo Matteo) ci sconcerta forse, ma ci impegna e ci chiama in causa.
Lo stesso valore provocatorio che possono avere per un giovane le sequenze Jesus Christ Superstar, un Gesù fratello e amico riscoperto a ritmo di rock, o addirittura alcune pagine del pur blasfemo e inaccettabile Ultima tentazione di Cristo di Martin Scorzese.
Il fatto che i film sulla Bibbia, e sulla vita di Gesù in particolare, punteggino tutta la storia del cinema nel suo arco ormai secolare, è una riprova dellÂinteresse per una tematica che continua ad essere centrale nellÂesperienza umana, unÂoccasione ricorrente di richiamo a valori che certo non tutti gli artisti interpretano e vivono allo stesso modo ma da cui si sentono comunque interpellati. E lÂincidenza di questi film ha pur sempre una cifra positiva, provoca un impatto che non si può non chiamare religioso, nel senso di un richiamo a una scala di valori assai lontani da quelli che il nostro tempo  e lÂarte che ne celebra i fasti  ha posto ai vertici della sua gerarchia: il successo, il denaro, il sesso, lÂeffimero, la violenza come legge del più forte nei rapporti fra gli uomini e le nazioni. Ogni film su Cristo invita in qualche modo lo spettatore a porsi una serie di perché: perché la violenza, perché il sesso, perché il denaro, perchè il successo, perché la legge del più forte?, quindi a rimettere intimamente in discussione tali Âpunti di miraÂ.
Gesù abita fra noi? EÂ la stessa domanda che si poneva Giotto. E rispondeva ritrovando Gesù nel proprio tempo, in mezzo alla città degli uomini, fra le torri della civiltà dei comuni.
ÂVoi chi dite che io sia? , è il quesito evangelico che il Giubileo ci ripropone: ÂRecando con sé la memoria della nascita di Cristo, esso è intrinsecamente segnato da una connotazione cristologica . Da duemila anni lÂÂarte sacra  dai graffiti catacombali alle tormentate espressioni dellÂarte contemporanea sino alle centoquattordici versioni cinematografiche sin ad allora realizzate  ha cercato di rispondere a questa domanda in un perenne tentativo di accostarsi a Gesù, di ritrovarne il volto nella propria storia di uomini, di calarlo nelle differenti temperie culturali e spirituali.
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