Jubilee 2000 Search
back
riga

Dai cinque continenti verso la Porta Santa

Massimo Tarantino

Il pellegrinaggio è stato collocato da Giovanni Paolo II, nella bolla di indizione del Grande Giubileo “Incarnationis Mysterium”, al primo posto tra i “segni” che arricchiscono il Giubileo e che attestano la fede aiutando la devozione del popolo cristiano. L’uomo contemporaneo è un viator, ossia un pellegrino per eccellenza, nella società contemporanea caratterizzata da intensa mobilità. Ed è proprio per questo che il pellegrinaggio come pia pratica non perde d’attualità oggi, dopo essere stato sempre presente nella storia dell’Israele biblico e poi della cristianità. A Roma, in Terra Santa, nei Santuari designati dai Vescovi diocesani, i pellegrini sono affluiti numerosi in questi mesi, per ottenere l’indulgenza e, come detto dal Santo Padre nella Bolla, “evocare il cammino personale del credente sulle orme del Redentore”. Il pellegrino è dunque essere in movimento. Nell’antichità veniva privilegiato, per forza di cose, il viaggio a piedi. La Via Francigena rimane un esempio fulgido di strada per pellegrini che attraversavano il sud dell’Inghilterra e la Francia per arrivare nella culla della cristianità. Oggi, con il moltiplicarsi dei mezzi di trasporto, vengono scelte soluzioni più veloci, come il treno o l’aereo. Ma qualcuno ama ancora andare a piedi, come quel gruppo di “romei” giunti nel mese di aprile a Roma da Belluno in una ventina di giorni. Altri pellegrini viaggiano in bicicletta o addirittura in canoa. E’ un aspetto del Grande Giubileo che coniuga la spiritualità con lo spirito d’avventura e d’adattamento. Così l’Anno Santo diventa anche l’insieme di tante piccole storie, una per ogni pellegrino che si è messo in marcia con un mezzo qualunque. Con l’arrivo della primavera i pellegrinaggi giubilari si sono particolarmente intensificati. Soprattutto maggio, mese mariano per eccellenza, è stato il mese della grande “fioritura”, con l’arrivo a Roma di migliaia di “romei” provenienti da tutto il mondo. Ma già a partire dal mese di febbraio si erano avuti i primi significativi arrivi dall’estero, a partire dal pellegrinaggio della Slovacchia, il primo dei “nazionali” in ordine di tempo, seguito a marzo da quello della Lituania e ad aprile da quello della Repubblica Ceka. Popoli dell’Europa dell’Est, oppressi per anni dalle chiusure imposte dal regime comunista, hanno potuto finalmente proclamare apertamente la loro fede mettendo piede nella città della cristianità. Da questo punto di vista il Giubileo del 2000 ha rappresentato una svolta epocale. Dall’est sono poi arrivati i pellegrinaggi nazionali della Romania e della Grecia, mentre per luglio è atteso il pellegrinaggio della Polonia, in qualche modo “anticipato” dalla numerosa presenza di polacchi in occasione della canonizzazione di Suor Faustina Kowalska. E in autunno arriveranno Ungheria e Slovenia. Se l’inverno è stato, in qualche modo, dei paesi dell’Est, la primavera ha chiamato a Roma l’America Latina. Argentina, Uruguay, Venezuela, e Messico -il pellegrinaggio più importante di tutti anche come consistenza “numerica”-, si sono avvicendati con i loro appassionati e festosi rappresentanti sulla tomba dell’apostolo Pietro. Come i polacchi avevano invaso Piazza San Pietro a fine aprile per Suor Faustina, i messicani sono arrivati in ventimila in una domenica di maggio per le canonizzazioni di ventisette santi del loro paese. Gli argentini, dal canto loro, hanno portato a Roma nel mese di marzo, per farla benedire dal Santo Padre, la statua della Beata Vergine Maria del Rosario di San Nicolas. Senza poi dimenticare, tra i paesi di altri continenti, il Mozambico, primo paese africano ad organizzare un pellegrinaggio giubilare, e la Polinesia, dalla quale sono arrivati o arriveranno complessivamente ben milleduecento pellegrini in gruppi sparsi, ognuno da un’isola diversa dell’arcipelago. L’importanza anche “politica” dei pellegrinaggi nazionali non deve però far passare in second’ordine quelli delle diocesi italiane, o di gruppi di associazioni come i vigili del fuoco in pensione, o di gruppi di devoti come quelli di Santa Rita: tutti arrivi che, in termini numerici, hanno “pesato” non poco, sia che il pellegrinaggio fosse organizzato da singole diocesi, sia che avesse connotazione regionale o associativa. Basti pensare ai venticinquemila fedeli delle regioni Abruzzo, Molise e Calabria convenuti a Roma nel mese di marzo, ai ventimila da Fiesole e Arezzo all’inizio di maggio, ai quindicimila da Aversa, ai diecimila da Sorrento e idem da Salerno e da Pozzuoli, e, con forza numerica solo leggermente minore, agli arrivi da Massa Carrara-Pontremoli, Palermo, Padova, Pistoia, Capua, Frosinone-Veroli, Grosseto, Avellino, Fabriano, Firenze, Orvieto-Todi, Novara, Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti, Foligno, Nola. Per stare solo a quelli con partecipazione superiore alle mille unità, perché l’elenco sarebbe assai più lungo. Del resto, in un contesto generale di bilancio giubilare già largamente positivo, si può dire che a tanti pellegrinaggi corrisponde un solo, grande “popolo della preghiera”.
top