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Santo Padre Ottanta volte auguri

Massimo Aquili

Sto lat, sto lat, Ancora cent’anni Santo Padre. Gridato, cantato, suonato perfino dalla Philarmonia Orchestra al concerto del pomeriggio, il tradizionale augurio polacco di lunga vita ha segnato tutta la giornata del 18 maggio, giorno del genetliaco di Giovanni Paolo II e del Giubileo dei sacerdoti. Voluta, simbolica, la coincidenza tra le due celebrazioni, tra vita e sacerdozio, ma non è l’unica. Nell’anno del bimillenario dell’Incarnazione, gli ottant’anni del Papa del Millennio, come il suo Pontificato, si intrecciano con la storia del Novecento. Il Santo Padre lo aveva scritto nella Lettera agli anziani: “Ripercorro nella memoria le tappe della mia esistenza, che s’intreccia con la storia di gran parte di questo secolo, e vedo affiorare i volti di innumerevoli persone, alcune delle quali particolarmente care: sono ricordi di eventi ordinari e straordinari, di momenti lieti e di vicende segnate dalla sofferenza. Sopra ogni cosa, tuttavia, vedo stendersi la mano provvidente e misericordiosa di Dio Padre”. Così si può dire che le celebrazioni per gli ottant’anni del Papa sono cominciate con la festa della Divina Misericordia e la canonizzazione della Beata Suor Faustina Kowalska, il 30 aprile, alla vigilia del mese mariano. Hanno avuto il loro fulcro nel segno profetico del Viaggio a Fatima, per la beatificazione dei due pastorelli Giacinta e Francesco Marto, il 13 maggio, diciannove anni dopo l’attentato perpetrato da Alí Agca. Qui l’annuncio che sarà presto svelata la cosiddetta terza parte del segreto, davanti all’immagine della Madonna che custodisce la pallottola e che ora conserva anche l’anello che il Primate di Polonia donò a Wojtyla dicendo “tu porterai la Chiesa nel Terzo Millennio”. Qui il Santo Padre in un processo liberatorio ha offerto al mondo quella lettura teologica della storia che calza al suo Pontificato e alla preparazione e celebrazione del Giubileo che ne è la sintesi, anzi come lui stesso scrisse nella Lettera Tertio Millennio adveniente, la chiave ermeneutica: la lotta tra il bene e il male, tra ideologie opposte ma al fondo distruttrici dell’esseza stessa spirituale dell’uomo e quindi della sua libertà, contro il tentativo dei regimi totalitari del XX secolo di mettere Dio da parte, espungerlo dalla vita. Davanti ai 500mila di Fatima il Papa ne ricorda i frutti velenosi: “il pensiero va agli orrori delle due grandi guerre e a quelli delle altre guerre in tante parti del mondo, ai campi di concentramento e di sterminio, ai gulag, alle pulizie etniche alle persecuzioni, al terrorismo, ai rapimenti di persone, alla droga, agli attentati contro la vita non nata e la famiglia”. Al Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, il compito di dare l’annuncio della prossima rivelazione della terza parte del segreto di Fatima, e chiarire che la visione dei pastorelli riguarda soprattutto “la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e descrive l’immane sofferenza dei testimoni della fede nell’ultimo secolo del secondo millennio. È una interminabile Via Crucis guidata dai Papi del XX secolo”. Proprio quei nuovi martiri, intorno ai quali la Chiesa è stata chiamata dal Santo Padre a fare memoria nel segno dell’unità dei cristiani, con una memorabile celebrazione al Colosseo lo scorso 7 maggio. Ecco, dunque, che “alla luce delle apparizioni di Fatima, - dice il Papa all’Udienza generale del 17 maggio, alla vigilia del suo compleanno - gli eventi di questo periodo storico assai travagliato assumono una loro singolare eloquenza”. Ed ecco, il 18 maggio è tempo di ringraziare Dio e la Divina provvidenza, la Vergine per il dono della vita e del ministero sacerdotale, alzare un inno di lode alla Trinità. Il Papa lo ha fatto in piazza San Pietro, che come nuovo grande Cenacolo ha accolto il collegio cardinalizio quasi al completo, i vescovi e gli oltre seimila sacerdoti provenienti da ogni parte del mondo celebrando l’Eucaristia come duemila anni fa, al culmine del Giubileo dei presbiteri. Una distesa bianca di vesti sacre. I camici e la stola candidi dei sacerdoti brillavano al sole, insieme a cappelli e foulard gialli e bianchi di 20mila pellegrini che hanno partecipato alla Messa.  “Dopo oltre cinquant’anni di vita sacerdotale, sento vivo in me il bisogno di lodare e ringraziare Iddio per la sua immensa bontà” ha detto il Papa all’omelia, tornando con il pensiero al Cenacolo di Gerusalemme “dove, nel corso del recente pellegrinaggio in Terra Santa, ho potuto celebrare la Santa Messa. In quel luogo è scaturito il mio e il vostro sacerdozio dalla mente e dal cuore di Cristo”. La paterna, universale, sollecitudine del Papa nel giorno del suo compleanno scalda il cuore dell’assemblea con parole sincere: “Vi abbraccio con grande affetto, cari sacerdoti del mondo intero! E’ un abbraccio che non ha confini e si estende ai presbiteri di ogni Chiesa particolare, raggiungendo specialmente voi, cari sacerdoti malati, soli o provati da varie difficoltà”. Ma nessuno può sentirsi escluso, l’abbraccio comprende anche coloro che hanno lasciato l’abito. “Penso anche a quei sacerdoti – ha detto il Papa - che, per diverse circostanze, non esercitano più il sacro ministero, pur continuando a recare in sé la speciale configurazione a Cristo insita nel carattere indelebile dell’Ordine sacro”. In questa giornata “tutta dedicata al nostro sacerdozio, al sacerdozio ministeriale” le parole del Papa sono il viatico migliore per il Terzo millennio: “Tutti vi stringo al mio cuore”. Anche questo entrare in intimità paterna, (e perché no materna) serve ad uomini chiamati ad “una testimonianza esemplare; una testimonianza che può giungere, se necessario, sino allo spargimento di sangue, come è stato per non pochi nostri confratelli nel corso del secolo appena concluso”. La forza per resistere alla solitudine, al sacrificio, va trovata nell’Eucaristia. “Restiamo fedeli alla consegna del Cenacolo”, aveva scritto il Papa nella Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo di questo Grande Giubileo sottolineando come il potere della testimonianza dipende “dal nostro rapporto personale con l’Eucaristia”. Tanti gli auguri giunti al Pontefice, alla preghiera dei fedeli, ma anche da tutto il mondo, intrecciati ad un sentimento di gratitudine vastissimo. Auguri anche dal Patriarca Alessio II, che ha inviato un proprio rappresentante alla celebrazione. Nel messaggio anche la speranza che le divisioni tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica “possano presto essere superate attraverso sforzi congiunti”. E mentre il Papa al termine della Messa saliva sulla jeep bianca, il Coro della Sistina e una formazione di 600 coristi giunti dalla Calabria insieme ai sacerdoti riuniti in piazza cantavano l’Oremus pro Pontifice nostro Ioanne Paulo” e il Christus Vincit. Torna alla mente ancora una frase della Lettera agli anziani: “Nonostante le limitazioni sopraggiunte con l’età conservo il gusto della vita. Ne ringrazio il Signore. E’ bello potersi spendere fino alla fine per la causa del Regno di Dio”.
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