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  I doveri dei cattolici verso gli altri uomini

Eleuterio F. Fortino

Per gli aspetti fondamentali i doveri dei cattolici verso gli altri uomini sono condivisi da tutti gli altri cristiani. Tali doveri emanano dall’Evangelo a cui tutti i battezzati si riferiscono come alla Parola di Dio. Le relazioni ecumenìche dell’ultimo secolo hanno fatto crescere la comunione tra i cristiani, la loro fraternità e lo spirito di solidarietà. Giovanni Paolo II lo ha dichiarato nell’enciclica sull’impegno ecumenico: “Accade sempre più spesso che i responsabili delle Comunità cristiane prendano insieme posizione, in nome di Cristo, sui problemi importanti che toccano la vocazione umana, la libertà e la giustizia, la pace, il futuro del mondo” (UUS,43). Tra questi doveri fondamentali comuni vanno sottolineati particolarmente due: l’annuncio di Cristo e la cooperazione per una convivenza riconciliata. S. Pietro nella sua prima lettera scritta da Roma ai cristiani dell’Asia e della Cappadocia e del Ponto, dà una indicazione permanente ai cristiani. soprattutto quando essi si trovano in circostanze avverse. Egli consiglia loro di essere “sempre pronti a rispondere, ma con dolcezza e rispetto, a chiunque chiede conto della speranza che è nei vostri cuori” (1Pt 2, 14). I cristiani devono essere sempre pronti a comunicare le ragioni della loro fede che genera la speranza, la quale non inganna perché sostenuta dallo Spirito diffuso con abbondanza nel loro cuore di battezzati. Questa disponibilità ed esigenza di “dar conto” della propria speranza, diventa in realtà annuncio pratico della fede in Gesù Cristo. Diventa testimonianza. E quando questa testimonianza è data insieme risponde alle ultime istruzioni di Gesù ai discepoli: “Con la discesa dello Spirito Santo riceverete dentro di voi tale potenza da essermi testimoni (martyres) in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e fino alle estremità della terra” (Atti 1,8). La commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del secolo XX (7 maggio) ha mostrato come questa testimonianza sia realmente diventata patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti. Nel nostro tempo attraversato anche da correnti di secolarizzazione, di scetticismo e di materialismo pratico, l’apertura alla trascendenza e sempre più una urgenza che richiama la responsabilità di tutti i cristiani. Indicare gli orizzonti più ampi della trascendenza è un compito che coinvolge tutti i credenti in Gesù Cristo Signore e Salvatore del mondo. In questa prospettiva lo stesso dialogo paziente tra i cristiani per raggiungere la piena comunione si trasforma in indicazione di un metodo per la convivenza con gli altri uomini. Il secondo compito dei cristiani nei rapporti con gli altri uomini è strettamente connesso con la fede comune vissuta e testimoniata. Il decreto conciliare sull’ecumenismo lo aveva lucidamente intravisto e dichiarato: “La cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quella unione che vige tra di loro, e pone in più chiara luce il volto di Cristo servo” (UR., 12). Nelle società in cui concretamente vivono i cristiani, questa cooperazione viene estesa - ed è opportuno farlo - alla cooperazione con i membri delle altre religioni e, in generale, con tutti gli uomini impegnati nel bene comune. Questa cooperazione si estende ad una immensa possibilità di azione. Essa abbraccia la difesa della persona umana e della sua dignità - creata ad immagine e somiglianza di Dio, la promozione dei beni indispensabili della giustizia e della pace, il progresso eticamente ordinato dell’applicazione delle arti e delle scienze, il soccorso del prossimo che si dibatte nelle emergenze e nelle miserie del nostro tempo. Il cristiano diventa così compagno di viaggio dei propri simili e la fede che lo ispira forse traspare come misterioso annuncio di una motivazione interiore che diventa praeparatio Evangelii per gli altri. I cristiani sono chiamati ad essere il lievito di una società nuova dell’umanità avviata verso il Regno di Dio.
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