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GIUBILEO E INFORMAZIONE

TUTTO DIPENDE DA CIÒ CHE LA CHIESA SAPRÀ DIRE

Franco Pisano

Caposervizio dell'ANSA Vaticano

L'occasione indubbiamente c'è perché il Giubileo permette di "parlare di religione", quindi anche del destino dell'uomo. Ciò vuol dire non solo, affrontare temi teologici, pastorali e liturgici, ma anche la radice di argomenti come la pace, la gratuità , il rapporto con i beni terreni, la giustizia, l'equità e la carità. Sono tutti parte integrante del tema giubilare e danno evidentemente possibilità di una riflessione "alta".

Tale possibilità, in realtà, esiste già in questo triennio di preparazione, ma un esame, pur affrettato, di quanto sta accadendo in questo 1997 porta a guardare con qualche pessimismo alla concreta probabilità di un salto di qualità dell'informazione. Finora di Giubileo si è parlato in termini prevalentemente di opere da realizzare, di milioni di pellegrini da ospitare, quindi di "business", di disagio maggiore o minore per Roma. La continua ricerca del sensazionale o del curioso, quando non dello scandalistico, che così segna l'informazione di questo periodo, fa temere una visione dell'evento giubilare giocata soprattutto su queste chiavi.

In una cultura consumistica che si stupisce per i "quanto" (quanto pesa la basilica di San Pietro o quanti milioni di persone parteciperanno al Giubileo dei giovani o quanti mattoni ci sono voluti per fare il Colosseo) è e sarà molto difficile proporre una riflessione sui "perché".

Ma è una preoccupazione, non una profezia. La non realizzazione di tale timore dipende in buona parte da cosa (e da come) la Chiesa saprà dire su un evento che indubbiamente ha in sé i rischi del trionfalismo. Servirebbe, anche tenendo presente la componente millenarista con ogni probabilità presente nella realtà e quindi nell'informazione dei mesi che ci dividono dall'evento, la sottolineatura del significato "personale", oltre che di quello comunitario, e quindi sociale, del Giubileo; servirebbe un dibattito teologico sulla salvezza, magari una spiegazione didascalica dell'Apocalisse...

Di queste cose era fatto il "clima del Concilio": la gente si appassionava a dotte discussioni, ma che toccavano personalmente: come sarebbe cambiata la Messa; come la Chiesa guardava al futuro dell'uomo o alla società civile; cosa si aspettava dai sacerdoti o dai religiosi: cosa chiedeva ai mezzi della comunicazione sociale.

Certo, il momento era diverso, si banalizzava meno e si risolvevano meno le questioni "di fondo" chiedendo pareri di cantanti e divi della televisione. In questo senso quel clima è irripetibile. Ma la passione per certi temi è propria della natura umana e quindi la possibilità di ricreare almeno in parte l'interesse di allora esiste. E questa è la vera sfida che ci aspetta.

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