Il Papa "malato" - Angelo Scelzo
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I GIOVANI SULLA STRADA DEL GRANDE GIUBILEO

IL PAPA "MALATO"

Angelo Scelzo

I sintomi sono sotto gli occhi di tutti, eloquenti, implacabili: Giovanni Paolo II è "malato". E la diagnosi del male, agli occhi di molti, è allarmante. Non vuol saperne il Papa di un mondo senza amore e senza speranza, e non riesce rassegnarsi se all'umanità lentamente provano ad accorciare gli orizzonti o a razionare le dosi di generosità assegnate a ognuno, come occhi per guardare dalla parte dell'anima.

La vera malattia è questa. Ed è una malattia grave, poiché presenta segni del tutto incomprensibili agli strumenti attraverso i quali si è soliti misurare il corso ordinario delle cose e degli eventi. Crollati i muri, qualcuno ha provato a liquidare la faccenda sistemando accanto alle macerie un virtuale cartello di "lavori in corso", nella speranza di sistemare in fretta le cose e acquietare alla meglio qualche coscienza. Anche quel vento di speranza, così forte e sconvolgente, sembra essersi placato o diradato chissà dove, tanto che appare già lontano un tempo che invece possiamo ancora contare in giorni.

Un mondo così, piatto come un mare in bonaccia, per gli strateghi della mondialità globale rappresenta una condizione ideale, il massimo degli obiettivi. Un mondo così è pronto per essere plasmato senza fatica ad immagine e tornaconto di nuovi potentati economici. La fisionomia che si delinea , è quella di un pianeta-terra che dalla vocazione di casa-comune della famiglia umana, viene riconvertito in un immenso supermarket ad accessi sempre più riservati e selezionati. Ma a Parigi i giovani hanno fatto vedere come anche una grande metropoli può trovarsi accerchiata dai segni di una solidarietà senza confini simboleggiata dallo splendida catena umana che nell'intreccio di mani ha circondato e stretto in un unico abbraccio ogni strada.

«Ad un mondo solcato da divisioni di ogni genere, raggelato nell'indifferenza politica, esposto all'angoscia dell'alienazione globale, i giovani - ha affermato il Papa all'udienza generale di mercoledì 27 - hanno lanciato un messaggio: la fede in Cristo crocifisso e risorto può fondare una fraternità nuova, in cui si accetta a vicenda perché ci si ama». Occorre aggiungere forse qualcosa per capire perché i giovani si stringono sempre più intorno a Giovanni Paolo II?

Dalla macerie dei muri, alle barriere non meno crudeli di un consumismo sempre più selettivo e sfrenato, continua a elevarsi la stessa voce. Nessun segno di equidistanza politica. Un segno certo, invece, di incondizionato e irrevocabile ansia per l'uomo.

L'ansia per l'uomo. E questa , non c'è dubbio, la "malattia" del Papa, l'anomalia non riconosciuta di fronte a una società che talvolta sembra appagata dalla mediocrità che l'avvolge e la circonda, come un manto protettivo e rassicurante. Nel gioco a ribasso di fronte alla vita arriva allora ad essere incomprensibile , a far scandalo, un Papa vecchio di anni che diventa, per il mondo, maestro di speranza e di coraggio, testimone di un ottimismo che davvero rende un icona del sorriso di Dio la sterminata folla dei giovani che lo seguono ai quattro angoli della terra. Scuote e impressiona questa sua donazione totale, questa sua remissione al prossimo di ogni sua forza, in un mondo che, mentre si adopera ad allargare le frontiere, si ritrova invece sempre più rinchiuso in se stesso.

Non c'è spazio per gli egoismi, per i calcoli, per gli orizzonti bassi, sulla via che indica il Papa; su quella che Giovanni Paolo II ha iniziato a percorrere richiamando intorno a sé il popolo dei giovani come le "vele alzate" della speranza che attraversa il mondo. Se la folla non si dirada, ma diventa sempre più fitta e imponente, è perché è proprio questa la strada che ai giovani fino in fondo appartiene.

I sintomo di questa "malattia" Giovanni Paolo II li ostenta a ogni passo. E il segno di contraddizione diventa sempre più acuto, tanto più la cronaca, nel suo drammatico corso di ogni giorno, s'incarica di portare scoramento, quasi a convincere, nella crudezza di eventi, che è più prudente non avere attenzione, ma fare attenzione all'uomo.

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