I diritti dell'uomo al centro del dialogo - Guido Bossa
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I GIOVANI SULLA STRADA DEL GRANDE GIUBILEO

I DIRITTI DELL'UOMO AL CENTRO DEL DIALOGO

Guido Bossa

Invitando i giovani di tutto il mondo ad unirsi in un abbraccio di fede e di amore per costruire un "mondo più ospitale" e "un avvenire più pacifico", il Papa è entrato con decisione nel dibattito che sta caratterizzando questa fine del secolo, ed ha invitato tutti i presenti e quanti lo seguivano da lontano a partecipare da protagonisti ad un confronto di idee e di proposte nel quale finora i giovani sono stati più spettatori, in qualche caso anche cavie da laboratorio, che reali interlocutori. E siccome i temi affrontato dal Papa sono ormai ogni giorno sulle pagine dei giornali, ecco che questa volta, forse più che in altre circostanze, il messaggio di Giovanni Paolo II è stato accolto con rispetto e con attenzione dalla stampa internazionale e da tutti i mezzi di comunicazione.

La fine di quello che è stato definito il "secolo breve", perché compreso tra la Rivoluzione del 1917 e la caduta del muro di Berlino nel 1989, non è certo accompagnata dal rullo dei tamburi né sembra schiudere prospettive esaltanti; e non solo perché tra le due date si collocano due tremende guerre mondiali e un'infinità di conflitti locali che si rincorrono soprattutto in Europa, Asia e Africa. Il crollo delle ideologie, per lo più responsabili dei conflitti, è stato accompagnato da una drammatica eclissi degli ideali, che ha desertificato le coscienze e ristretto gli orizzonti. I miti che avevano alimentato la storia del secolo che muore sono crollati l'uno appresso all'altro: il superuomo, l'utopia egualitaria, la razza, la superiorità dell'Occidente. Anche la politica, che per le generazioni del secondo dopoguerra era stato il cemento indispensabile per la costruzione di un mondo nuovo, mostra ora la sua inadeguatezza, tanto che una ragazza francese, replicando ai (pochi) scettici commentatori del suo paese, ha potuto dire: «Non si rendono conto che il successo di Giovanni Paolo II sta anche nell'incredibile vuoto lasciato dalla politica. In Francia, ma penso pure in Italia, la credibilità di chi ci governa è minima. I giovani per scuotersi hanno bisogno di grandi emozioni, ma anche di ideali. I giovani cercano una bandiera, Wojtyla ce l'ha regalata».

Con altre parole, il filosofo Massimo Cacciari ha detto che «questo Papa è l'unico portatore rimasto di valori», mentre uno storico francese laico e di sinistra, Emmanuel Le Roy Ladurie, ha detto al Corriere della Sera che con la sua predicazione dei diritti dell'uomo il Papa «va oltre la Rivoluzione francese», e che «la gioventù cattolica che si è riversata a Parigi fa resuscitare virtù dimenticate».

Sul circuito valori-diritti umani-speranza in un mondo nuovo - oltre che sul solido fondamento della fede e della carità - durante le giornate parigine si è innescata fra il Papa e i giovani una comunicazione intensa e viva, che ha stupito gli osservatori. «Il messaggero e il suo messaggio rispondono a un'attesa: i giovani hanno bisogno di eroi diversi da quelli dell'economia di mercato», ha osservato Jean Daniel in un articolo pubblicato su diversi giornali europei, nel quale ha scritto altresì che la «Chiesa non è più il nemico; anzi ha unito la Repubblica».

Se il successo di riportato da Giovanni Paolo II ha «sorpreso e rassicurato la Chiesa cattolica», come ha osservato in un titolo Le Monde, e se lo stesso cardinale Lustiger ha parlato di un capitale di speranza accumulato nelle giornate di Parigi, ciò si deve al fatto che il papa per primo non ha esitato ad affrontare con audacia evangelica i temi più scottanti dell'attualità politica e sociale, non mancando di prendere posizioni coraggiosamente controcorrente. Per esempio, in una domanda dell'intervista concessa a La Croix e pubblicata alla vigilia dell'arrivo a Parigi, i giornalisti del quotidiano cattolico francese sembravano dare per scontata l'acquisizione del concetto di mondializzazione "delle tecniche, della finanza e della cultura di massa", nei termini in cui esso viene trasmesso volgarizzazione giornalistica ma anche nelle relazioni politiche e commerciali a livello internazionale. Bene: il Papa non esita a contestare questo luogo comune, esprimendo con determinazione la sua opinione: «Il termine stesso di mondializzazione non mi soddisfa affatto. C'è il mondo, la famiglia umana, la famiglia dei popoli: questa è la prima realtà, anteriore alle tecniche di comunicazione che permettono di dare una dimensione mondiale a una parte, ma a una parte soltanto, della vita economica e della cultura. Quel che è mondiale è innanzitutto, un patrimonio comune: è, direi, l'uomo con la sua natura specifica di immagine di Dio, e l'umanità tutta intera, con la sua sete di libertà e di dignità».

In un mondo che si restringe e si omogenizza sempre di più, quel che dunque importa alla Chiesa e al Papa, e quel che interessa anche ai giovani, a prescindere dalle loro idee e anche dalla loro fede, è «che l'uomo abbia la supremazia sull'economia e sul mercato, che le legittime concorrenze non soffochino la solidarietà su scala più vasta; occorre che la crescita delle ricchezze consenta di ridurre le diseguaglianze invece di aggravarle».

Su questi concetti, il Papa ha trovato anche una forte sintonia con il primo ministro socialista francese Lionel Jospin, che alla sua partenza per Roma ha salutato Giovanni Paolo II con parole di commiato assolutamente non formali, come hanno notato tutti gli osservatori. Di fatto, il ruolo degli Stati e della comunità internazionale, il compito di organismi finanziari come il Fondo monetario, la Banca mondiale, l'Organismo internazionale per il commercio ed altri, nella regolamentazione del processo di mondializzazione, è oggetto di disputa ad ogni livello: e ad una concezione ideologicamente liberista che si fida ciecamente nella virtù autoregolatrice del mercato, se ne contrappone un'altra più interventista, che ha di mira la costruzione di condizioni minime di vita, di concorrenza e di sviluppo per tutti, favorendo le popolazioni, le classi sociali, le classi di età attualmente svantaggiate. Naturalmente, il Papa non entra nel merito di questo dibattito, ma esprime chiaramente un'opinione quando afferma che «nessuna società può accettare la miseria come una finalità, senza che il suo onore ne venga colpito».

La riaffermazione dei diritti inviolabili dell'uomo non poteva essere più alta ed esplicita, quasi che il Papa volesse reinterpretare in chiave moderna i principi universali affermati proprio in terra di Francia nel secolo dei Lumi. Chi ha ascoltato le sue parole senza pregiudizi, ne ha colto il messaggio. I giovani l'hanno capito al volo, e «chi ha assistito a questo straordinario evento - ha scritto l' International Herald Tribune - ha avuto veramente la sensazione di una Chiesa giovane proiettata lungo le strade del mondo».

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