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La Catechesi di Giovanni Paolo II
Il Âcielo come pienezza di intimità con Dio
Il 21 luglio, nella prima udienza generale del mercoledì dopo le sue vacanze in Val dÂAosta, il Papa ha parlato del significato biblico del ÂcieloÂ. Egli ha detto fra lÂaltro che Âla partecipazione alla completa intimità con il Padre, dopo il percorso della nostra vita terrena, passa (...) attraverso lÂinserimento nel mistero pasquale del CristoÂ.
1. Quando sarà passata la figura di questo mondo, coloro che hanno accolto Dio nella loro vita e si sono sinceramente aperti al suo amore almeno al momento della morte, potranno godere di quella pienezza di comunione con Dio, che costituisce il traguardo dellÂesistenza umana.
Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, Âquesta vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata 'il cielo'. Il cielo è il fine ultimo dellÂuomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva (n. 1024).
Vogliamo oggi cercare di cogliere il senso biblico del ÂcieloÂ, per poter comprendere meglio la realtà cui questa espressione rimanda.
2. Nel linguaggio biblico il Âcielo quando è unito alla ÂterraÂ, indica una parte dellÂuniverso. A proposito della creazione, la Scrittura dice: ÂIn principio Dio creò il cielo e la terra (Gn 1,1).
Sul piano metaforico il cielo è inteso come abitazione di Dio, che in questo si distingue dagli uomini (cfr Sal 104,2s.; 115,16; Is 66,1). Egli dallÂalto dei cieli vede e giudica (cfr Sal 113, 4-9), e discende quando lo si invoca (cfr Sal 18,7.10; 144,5). Tuttavia la metafora biblica fa bene intendere che Dio né si identifica con il cielo né può essere racchiuso nel cielo (cfr 1 Re 8,27); e ciò è vero, nonostante che in alcuni passi del primo libro dei Maccabei Âil Cielo sia semplicemente un nome di Dio (1 Mac 3,18.19.50.60; 4,24.55).
Alla raffigurazione del cielo, quale dimora trascendente del Dio vivo, si aggiunge quella di luogo a cui anche i credenti possono per grazia ascendere, come nellÂAntico Testamento emerge dalle vicende di Enoc (cfr Gn 5,24) e di Elia (cfr 2 Re 2,11). Il cielo diventa così figura della vita in Dio. In questo senso, Gesù parla di Âricompensa nei cieli (Mt 5,12) ed esorta ad Âaccumulare tesori nel cielo (ivi 6,20; cfr 19,21).
3. Il Nuovo Testamento approfondisce lÂidea del cielo anche in rapporto al mistero di Cristo. Per indicare che il sacrificio del Redentore assume valore perfetto e definitivo, la Lettera agli Ebrei afferma che Gesù Âha attraversato i cieli (Eb 4,14) e Ânon è entrato in un santuario fatto da mani dÂuomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso (ivi, 9,24). I credenti, poi, in quanto amati in modo speciale da parte del Padre, vengono risuscitati con Cristo e sono resi cittadini del cielo.
Vale la pena ascoltare quanto in proposito lÂapostolo Paolo ci comunica in un testo di grande intensità: ÂDio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo GesùÂ (Ef 2,4-7). La paternità di Dio, ricco di misericordia, viene sperimentata dalle creature attraverso lÂamore del Figlio di Dio crocifisso e risorto, il quale come Signore siede nei cieli alla destra del Padre.
4. La partecipazione alla completa intimità con il Padre, dopo il percorso della nostra vita terrena, passa dunque attraverso lÂinserimento nel mistero pasquale del Cristo. San Paolo sottolinea con vivida immagine spaziale questo nostro andare verso Cristo nei cieli alla fine dei tempi: ÂQuindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro (i morti risuscitati) tra le nubi, per andare incontro al Signore nellÂaria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole (1 Ts 4,17-18).
Nel quadro della Rivelazione sappiamo che il Âcielo o la Âbeatitudine nella quale ci troveremo non è unÂastrazione, neppure un luogo fisico tra le nubi, ma un rapporto vivo e personale con la Trinità Santa. E lÂincontro con il Padre che si realizza in Cristo Risorto grazie alla comunione dello Spirito Santo.
Occorre mantenere sempre una certa sobrietà nel descrivere queste 'realtà ultime', giacchè la loro rappresentazione rimane sempre inadeguata. Oggi il linguaggio personalistico riesce a dire meno impropriamente la situazione di felicità e di pace in cui ci stabilirà la comunione definitiva con Dio.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica sintetizza lÂinsegnamento ecclesiale circa questa verità affermando che Âcon la sua morte e la sua risurrezione Gesù Cristo ci ha Âaperto il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui (n. 1026).
5. Questa situazione finale può essere tuttavia anticipata in qualche modo oggi, sia nella vita sacramentale, di cui lÂEucaristia è il centro, sia nel dono di sé mediante la carità fraterna. Se sapremo godere ordinatamente dei beni che il Signore ci elargisce ogni giorno, sperimenteremo già quella gioia e quella pace di cui un giorno godremo pienemente.
Sappiamo che in questa fase terrena tutto è sotto il segno del limite, tuttavia il pensiero delle realtà 'ultime' ci aiuta a vivere bene le realtà 'penultime'. Siamo consapevoli che mentre camminiamo in questo mondo siamo chiamati a cercare Âle cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio (Col 3,1), per essere con lui nel compimento escatologico, quando nello Spirito egli riconcilierà totalmente con il Padre Âle cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli (Col 1,20).
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