Lo Spirito Santo nel mistero del Natale - Mathias Augé
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L'ANNO DELLO SPIRITO SANTO

Liturgia

LO SPIRITO SANTO NEL MISTERO DEL NATALE

Mathias Augé

Con l'Avvento abbiamo iniziato la celebrazione del secondo anno del triennio preparatorio al Grande Giubileo del 2000, anno dedicato in modo particolare «allo Spirito Santo e alla sua presenza santificatrice all'interno della Comunità dei discepoli di Cristo» (TMA 44). La celebrazione liturgica è il luogo privilegiato dove l'opera della salvezza, compiuta in Cristo, si realizza. Essendo la liturgia vera storia della salvezza celebrata e perennizzata (cfr. SC 6), è anche spazio adeguato della presenza e dell'azione dello Spirito Santo. Dal giorno dell'Incarnazione ogni presenza di Cristo è in relazione inscindibile con l'azione dello Spirito. Ecco perché Cristo, presente nelle azioni liturgiche, «esercita ininterrottamente il suo ufficio sacerdotale in nostro favore per mezzo del suo Spirito» (PO 5): il mistero di Cristo diventa presenza e azione santificatrice e cultuale per mezzo dello Spirito Santo. Nell'azione liturgica, la presenza dello Spirito è incessante affinché la memoria del mistero di Cristo sia vitale e la partecipazione al mistero sia fruttuosa e pregnante. Non sempre noi cristiani siamo consapevoli di questa realtà. Qui vorrei illustrare brevemente come i testi della liturgia romana, noti per la loro classica sobrietà, mettono in evidenza la presenza e l'azione dello Spirito nella celebrazione del mistero natalizio.

La presenza e l'azione dello Spirito Santo sono particolarmente intense nei misteri del concepimento e della nascita di Gesù. Nella celebrazione di questi misteri nel ciclo dell'anno liturgico è guida insostituibile la lettura e meditazione dei primi capitoli del vangelo di san Luca, ripresi e proclamati dalla liturgia natalizia. San Luca legge questi eventi e li racconta alla luce della risurrezione di Cristo. Ciò emerge dai temi contenuti nelle parole dell'angelo a Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Il concepimento per opera dello Spirito Santo sottolinea che il mistero della persona di Cristo va al di là di ciò che appare all'esterno. Quella gloria divina, che si manifesterà in modo nuovo alla fine della vita terrena di Cristo nella sua risurrezione e pienamente alla fine dei tempi «quando verrà nella sua gloria» (Mt 25,31), è già adesso realmente presente in lui, anche se ancora nascosta. Anticipando all'Annunciazione i temi della potenza, della nube, della gloria e della filiazione divina, Luca intende affermare che la gloria di Cristo non è specifica né degli ultimi tempi né della risurrezione, ma che essa è già presente in Gesù fin dall'inizio della sua esistenza terrena. Il Gesù «nato dalla stirpe di Davide secondo la carne», è lo stesso che è stato «costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti» (cfr. Rm 1,1-7). La filiazione divina di Gesù proclamata nel mistero dell'Incarnazione è la stessa del Cristo risorto, tuttavia non più nella condizione di debolezza della carne ma nella forza e nella potenza dello Spirito. In questo modo, pur essendo Figlio prima della risurrezione, può dirsi che Gesù è stato «costituito Figlio di Dio con potenza» dopo di essa.

Coerenti con l'impostazione lucana, i testi della liturgia ci invitano a celebrare il Natale nella luce e nella realtà della Pasqua. La teologia dell'Incarnazione presente nei testi dell'ufficio e delle Messe natalizie si può riassumere così: il Figlio di Dio è venuto sulla terra e ha assunto la nostra natura per portar a termine la nostra salvezza nel mistero della sua morte e risurrezione. Nell'inno dei Vespri del tempo di Natale cantiamo: «Nel gaudio del Natale ti salutiamo, Cristo, redentore del mondo». E l'orazione sulle offerte della Messa vespertina della vigilia presenta il Natale come il «grande giorno che ha dato inizio alla nostra redenzione». Il Natale è già l'inizio della redenzione nella assunzione della natura umana da parte del Figlio nella quale potrà consumare la sua passione e si renderà efficace e perpetua, sempre per opera dello Spirito, la risurrezione secondo la carne. Nel ritornello del salmo responsoriale della Messa del giorno di Natale, ispirato al Sal. 97, ripetiamo: «Tutta la terra ha veduto la salvezza del Signore». Nel bambino di Betlemme questa salvezza si è manifestata, e tutti gli uomini della terra sono invitati a contemplarla e ad accoglierla. È lo Spirito che ci rende capaci di contemplare ed accogliere questa salvezza. Perché è lui che attualizza e compie dal di dentro l'opera salvifica di Cristo (cfr. AG 4). Come dice Pio XII nella Mystici Corporis, «senza lo Spirito non si può produrre neppure un minimo atto che conduca alla salvezza».

Il brano di Is. 62,1-5, letto nella medesima Messa della vigilia di Natale, illustra il tema dell'unione sponsale tra Dio e Gerusalemme, che è figura della Chiesa. Questa unione ha la sua prima grande manifestazione nel mistero dell'Incarnazione: l'eterno Figlio di Dio appare nel tempo, indissolubilmente unito alla natura umana, nella persona di Gesù Cristo. Così pure l'antifona al Magnificat dei Vespri della solennità natalizia riprende il tema sponsale: «[...] come lo sposo dalla stanza nuziale egli viene dal Padre». Artefice di questa unione sponsale è lo Spirito Santo. San Francesco di Sales afferma in una delle sue lettere che «siamo sposi, quando per lo Spirito Santo l'anima del fedele si unisce a Gesù Cristo». Il Cristo sposa la Chiesa nello Spirito, nel bacio divino del Padre e del Figlio, nella loro donazione di amore. Il Figlio sposando la Chiesa la porterà nella casa del Padre per farle godere la vita propria delle tre Persone divine. Come dice San Paolo, «l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). E San Pietro aggiunge: così siamo fatti «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4). Questo mistero iniziato nell'Incarnazione, partecipato da noi nei sacramenti del battesimo-confermazione, trova piena realizzazione nell'Eucaristia. La preghiera dopo la comunione della Messa del giorno di Natale afferma che il Salvatore nel mistero della sua nascita ci ha rigenerati come figli di Dio e «ci ha comunicato il dono della sua vita immortale». La stessa tematica la ritroviamo nel Prefazio III del tempo natalizio. Di questa vita immortale, lo Spirito è la primizia e la caparra (cfr. Ef 1,14; 2 Cor 1,22; 5,5).

Le due prime letture bibliche della Messa della domenica II dopo Natale mettono in rilievo il tema della Sapienza divina che «fissa la tenda in Giacobbe» (Sir 24,8) e quello della nostra predestinazione a figli di Dio per mezzo di Gesù Cristo (cfr. Ef. 1,3-6). È lo Spirito Santo che ci guida a scoprire i misteri della Sapienza di Dio e ci rende conformi all'immagine del Figlio (cfr. Ef. 1,17). Is. 63,14 attribuisce allo Spirito la funzione che nella storia del popolo d'Israele è stata esercitata dalla nube luminosa del deserto: «lo Spirito del Signore li guidava al riposo». E quello che nel libro di Isaia è attribuito allo Spirito di Dio, l'autore del libro della Sapienza lo attribuisce alla Sapienza di Dio (cfr. Sap. 10,15-21). Gesù si congeda dei suoi discepoli con questa promessa: «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà» (Gv 16,13-14; cfr. 14,26). È lo Spirito che ci dà la comprensione del mistero del Figlio di Dio fatto uomo. Come dice San Paolo, noi abbiamo ricevuto «lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato» (1Cor 2,12). Il dono supremo che il Padre ha fatto al mondo è il suo Figlio incarnato.

Riprendendo il tema della gloria sopra accennato, possiamo affermare che il Natale è la festa della gloria di Dio. Riecheggiando le parole dell'angelo di Betlemme, la Chiesa proclama: «gloria a Dio nel più alto dei cieli» (Lc 2,14). Ma la gloria di Dio, segno della sua presenza, è ormai sulla terra: il Natale è la manifestazione della gloria di Dio. L'antifona d'ingresso della Messa della vigilia annuncia: «Oggi sapete che il Signore viene a salvarci: domani vedrete la sua gloria». In modo simile si esprime l'antifona alla comunione della stessa Messa. Questa gloria del Signore la contempliamo nel Verbo incarnato (cfr. Gv 1,14). La gloria però che il Padre ha dato al Figlio, e che si manifesta già nel mistero dell'Incarnazione, ci viene data affinché noi diventiamo una sola cosa con il Padre per opera dello Spirito (cfr. Gv 17,20). Il dono dello Spirito è la presenza in noi della gloria del Signore che ci trasforma a sua immagine (cfr. 2 Cor 3,18).

Il Dio della creazione e dell'alleanza ha inviato nella pienezza dei tempi il Figlio suo e poi, perché ne venisse proseguita l'opera, ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio (cfr. Gal 4,4-6). Se eliminiamo lo Spirito Santo, Cristo è ridotto al rango di un maestro buono e sfortunato, il cui ricordo sbiadisce sempre più col tempo. Infatti, colui per il quale Gesù è il vivente in mezzo a noi è lo Spirito. L'evento dello Spirito non prescinde mai dall'evento-Cristo, ne è anzi la ripresentazione, l'attualizzazione nella varietà della vicenda umana. Per la presenza dello Spirito la Chiesa è una comunità viva e varia, che pur fissa nella parola del suo capo, Cristo, e protesa verso l'unica sua meta, il Regno, si muove nella storia con un dinamismo ricco di forme diverse e sempre nuove. La liturgia della Chiesa ci può guidare a riscoprire e vivere questa presenza vivificante dello Spirito Santo.

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