L’utopia possibile - Belisario Betancur
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SINODO DEI VESCOVI PER L'AMERICA

L'UTOPIA POSSIBILE

Belisario Betancour

Il sinodo dei Vescovi d'America, Canada e dei Caraibi culmina con un corpus di conclusioni che riempiono di speranza, perchè si richiamano sia al destino soprannaturale dell'essere umano americano e dei caraibi, sia alla soluzione dei problemi che lo opprimono. I vescovi, guidati dal Papa Giovanni Paolo II - il Santo Padre ha assistito mattina e sera a tutte le sessioni plenarie -, hanno ascoltato gli interventi del corpo sinodale ed anche gli interventi dei laici uditori. In alcune occasioni il linguaggio era scarno, in altre descrittivo, quasi sempre si chiamavano le cose col loro nome, vale a dire senza occultare la verità.

La verità è che una serie di situazioni ha causato la progressiva depressione della regione, ed ha aumentato le aree di accumulazione di capitale, mentre crescono nel contempo le sacche di povertà. Economie centrate in maniera esclusiva sulle cifre brillanti dei risultati, dimenticano i sacrifici che si nascondono dietro agli indici di crescita. Ai dirigenti del terzo mondo si è soliti attribuire responsabilità esclusive e che escludono la situazione dei propri paesi come se non vi fosse in essi un'alta dose di sovradeterminazione internazionale. Basti pensare ai prezzi bassi che i Paesi consumatori pagano ai produttori – ad eccezione della moderna malattia della droga che deve fare i conti con una domanda ricca – per rendersi conto che la ridistribuzione internazionale dei termini di scambio è sempre determinata dalle aree capitaliste. La globalizzazione dell'economia è un fatto ineluttabile. Ma invece che essere la battaglia tra David e Golia, dovrebbe tramutarsi nell'utopia possibile che si riempie di contenuto metafisico, vale a dire, di subordinazione delle teorie rigide agli interessi dell'essere umano, nel lavoro giustamente remunerato, nel benessere qui ed ora.

Dunque il Sinodo dei Vescovi ha messo il dito nella piaga delle lacerazioni che patiscono i nostri popoli. Ha richiamato alla protezione della madre terra. Ha parlato per le etnie che non hanno voce. Ha richiamato alla maggiore dignità della politica e ha segnalato la corruzione, laddove le risorse vengono stornate in acquisti inutili di armi invece che dedicarsi alla creazione di ricchezze e lavoro. È certo che le società del terzo mondo sono segnate da disuguaglianze, da enormi monopoli internazionali che rendono più costosi i servizi essenziali alla comunità. Sappiamo di essere in parte vittime e carnefici perchè siamo limitati dalla mancanza di educazione. Ma stiamo uscendo dal nodo del problema ed i padri sinodali sono stati espliciti nel segnalare mancanze e cure. In un'opera del premio Nobel Gabriel García Márques intitolata La hojarasca è descritta una casa dalla porta sempre aperta da parte a parte, nella quale il vento porta continuamente un cumulo di foglie secche, cosa che si verifica nel tropico perché non vi sono stagioni. Simile a questo ritratto sono le foglie secche della globalizzazione e il suo strumento prediletto, l'apertura. Ogni paese deve compiere il suo cammino inesorabile verso la globalizzazione, ma secondo il proprio ritmo. Gli ortodossi non lo accettano così, perché suppongono che è una tattica in più per rispettare l'appuntamento con la globalizzazione. Ma altre nazioni hanno effettuato cambi fruttuosi con gradualità che ha consentito di adeguarsi. Farlo con velocità e con la forza è disumano. E non si può accettare perché la nostra responsabilità è di umanizzare il mondo, non solo per coloro che hanno il privilegio di sopravvivere, ma anche per gli esclusi. Sarebbe come adottare teorie demografiche che sacrificano una generazione, col miraggio di salvarne altre.

Dunque per circa un mese il Santo Padre, i Vescovi, gli uditori e gli esperti, hanno cercato risposte non solo ecclesiali, ma anche puramente umane a situazioni crudeli che trovano risposta nella parola, come uno splendore, della Chiesa. Siamo arrivati al Sinodo con incertezza e tristezza. Partiamo dal Sinodo con speranza e gioia. E' un'utopia, è vero, ma un'utopia possibile.

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