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  Cava di Pietra la poesia “materia” di fede

I versi autobiografici del Papa sul duro lavoro in una cava di Pietra

A cura di Dario Busolini, Paolo Romano, Nicola Nicoletti e Massimo Tarantino

Si intitola “Cava di Pietra” il poemetto che Karol Wojtyla scrisse nel 1956, pubblicandolo l’anno successivo con uno pseudonimo. Ad ispirare i suoi versi non furono le suggestioni che, a volte, possono nascere da pure immagini, ma la condivisione del duro lavoro  degli spaccatori di pietra. Sarà lo stesso Giovanni Paolo II a ricordarlo nel suo recente “Dono e Mistero”, scritto in occasione del  50° anniversario di sacerdozio:” Lavorando manualmente, sapevo bene che cosa significasse la fatica fisica. Mi incontravo ogni giorno con gente che lavorava pesantemente. Conobbi l’ambiente di queste persone, le loro famiglie, i loro interessi, il loro valore umano e la loro dignità”.  La raccolta di poesie fa memoria dei giorni in cui l’autore, ancora giovane seminarista, lavorava nelle cave di Zakrzowek, presso Cracovia. Nel settembre del 1940 il giovane Karol dovette sottoporsi ad una così faticosa occupazione per evitare la deportazione in Germania. Anche da un’esperienza così drammatica riuscì a cogliere motivi d’intensa umanità.

Ispirazione

Il lavoro ha inizio dentro; fuori tanto si dilata

che presto prende le mani, raggiunge i confini del respiro.

Ecco, guarda: la volontà tocca nella pietra una profonda campana.

Quando il pensiero coglie una certezza,

cuore e mano insieme raggiungono la vetta più alta.

Questo filo a piombo, questa certezza della mente e certezza

degli occhi

devi pagarla generosamente.

La pietra ti dà la sua potenza, il lavoro matura l’uomo

che ne riceve ispirazione per un difficile bene.

Dal lavoro ha dunque inizio una crescita di cuore e di mente

che tante persone coinvolge e tanti eventi importanti

ed in mezzo ai martelli matura l’amore.

Nidiate di bambini lo porteranno in un domani cantando:

“Un immenso lavoro si è compiuto nel cuore dei nostri padri”.

L’ispirazione non si arresta nelle mani. Fino a radici di pietra

scende attraverso il cuore dell’uomo, sua radice.

Di lì si dirama nel suolo la storia delle pietre

e negli uomini l’equilibrio che l’amore, attraverso la rabbia, conquista.

Queste due forze guidano l’uomo, e negli uomini mai non si

esauriscono,

non si fermano alla tensione delle braccia né al moto segreto del

cuore.

Nascono l’una dall’altra, congiunte in una leva

che unisce moti e pensieri in un anello inscindibile.

Perciò se di lontano tu vuoi venire ed entrare negli uomini

ed in essi restare,

devi stringere entrambe le forze in parole semplicissime

(non spezzi il tuo linguaggio nella tensione della leva

formata dall’amore e dalla rabbia).

Nessuno allora potrà strapparti all’uomo,

nessuno da lui ti potrà mai separare.

In memoria di un compagno di lavoro

Non era solo. I suoi muscoli si diramavano

in una folla immensa

Finché alzavano il martello, finché vibravano

di energia-

ma questo durò solo finché egli sentì

il terreno sotto i piedi,

finché la pietra non gli squarciò la tempia

e non gli entrò nelle stanze del cuore.

Sollevarono il corpo. Sfilarono in silenzio.

Da lui ancora emanava fatica ed un senso d’ingiustizia.

avevano bluse grigie, scarpe infangate fin sopra la caviglia.

ed in quel modo rivelavano

che cosa tra la gente dovrebbe aver fine.

Il suo tempo si fermò con violenza.

Sui quadranti di bassa tensione

le lancette, liberate di colpo, scesero a zero.

La pietra bianca entrò in lui, corrose la sua essenza

E a sé l’assimilò tanto da farne pietra.

Chi alzerà quella lastra? Chi sdipanerà di nuovo i pensieri

in quelle tempie squarciate – come si squarcia l’intonaco di un muro?

Lo stesero supino su un lenzuolo di ghiaia.

Venne la moglie disfatta. Tornò il bambino da scuola. Tutto qui? La sua rabbia sola dovrà passare negli altri? Non maturava forse in lui verità con amore? Generazioni future devono forse sfruttarlo come grezza materia, privandola della sua essenza più intima ed unica? Le pietre di nuovo si smuovono. Il carrello sparisce tra i fiori. Di nuovo una scarica elettrica incide la cava. Ma l’uomo ha portato con sé la segreta struttura del mondo dove l’amore prorompe più alto se più lo impregna la rabbia.

I versi di Giovanni Paolo II, nelle traduzioni di Aleksandra Kurczab e Margherita Guidacci, sono tratti dal volume di S. Spartà, L’opera poetica completa di Karol Wojtyla, Libreria Editrice Vaticana, 1999.

 

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