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Il 2000, “Anno intensamente eucaristico”

Card. Roger Etchegaray

Il Papa ha chiesto che l’Anno 2000, l’Anno giubilare, sia “intensamente eucaristico” (T.M.A. n. 55), e che sia illustrato con un Congresso Eucaristico Internazionale sul tema “Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, pane per la nuova vita”. Più che mai, un mondo disincantato ha bisogno di sapere che Gesù Cristo è il suo unico Salvatore. Più che mai, un mondo roso dalla fame ha bisogno di sapere che il solo pane che possa saziarlo è un pane che dà una nuova vita. Ogni Eucaristia rivela l’alba di Pasqua, di quel mattino tutto nuovo in cui una tomba vuota è diventata la culla di una nuova umanità. Il Vangelo parla di una moltiplicazione di pani. Questo miracolo ha talmente colpito la Chiesa primitiva che ne abbiamo - caso unico - fino a sei racconti. Con le parole ed i gesti di Cristo che lo accompagnano, questo miracolo non poteva che ravvivare presso i primi cristiani il senso vero del pane eucaristico. “Chi mangia questo pane vivrà per sempre” (Gv. 6, 58): comunicandosi con “il pane spezzato per un mondo nuovo” il discepolo di Cristo partecipa già alla vita del Regno dei cieli che il Maestro gli ha promesso in eredità.

Aver fame di Dio

Non possiamo comprendere l’Eucarestia, se non abbiamo fame del suo pane vivente. Non sbagliamoci di fame: quando si parla di fame nel mondo si pensa soprattutto a quel terribile morso che distrugge sino allo sfinimento tanti corpi in tanti paesi: è una piaga vergognosa aperta nel fianco dell’umanità. Ma vi è altra fame di quella: viviamo in mezzo a gente che ha fame di danaro, di potere, di onore ed è pronta a tutto consumare, a tutto divorare, a correre non importa dove, verso non importa quale promessa. Queste folle che sono come pecore senza pastore, facevano piangere di compassione Cristo. (Mc 6, 34). Ma dove sono le genti che hanno fame di Dio? Siamo veramente il popolo che ha fame del Dio vivente, fame non solo della parola che esce dalla sua bocca, ma fame del suo corpo al tempo stesso crocifisso e glorioso? Questa fame di Dio può anche essere ingannevole, se abbiamo una falsa immagine dell’Eucarestia. Alla comunione, non accogliamo Dio a misura dei nostri desideri, dei nostri bisogni: la messa non è in primo luogo l’espressione delle nostre preoccupazioni e delle nostre speranze, il volto dei nostri sogni, ma la trasfigurazione e la divinizzazione delle nostre esistenze. L’Eucarestia è il pane di ciò che l’uomo non può darsi da se stesso e senza il quale non può essere pienamente uomo, tale che Dio l’ha foggiato. L’Eucarestia ci getta totalmente nelle mani del Padre dei cieli, dispensatore del nostro pane quotidiano. Come la manna nel deserto era il nutrimento deperibile, che sfuggiva al momento stesso in cui qualcuno voleva stoccarlo, egualmente il pane eucaristico, pure sceso dal cielo, significa la gratuità dell’amore di Dio, accolto giorno per giorno, nella freschezza della novità di ogni mattino.

Un pane che dà fame

Il Vangelo ci dice che la folla ha mangiato ed ha raccolto i resti; è, quindi, ripartita portandoli appresso. Questa sovrabbondanza ci insegna che il dono di Cristo è senza limiti. L’Eucarestia ricevuta ci aiuta a comprendere che Dio ha un cuore di povero poichè si è donato totalmente a noi. Comunichiamo con gli altri con la fame condivisa. La sazietà ci separa, la fame ci ravvicina. L’Eucarestia è un pane che dà fame: è un pane che scava, altrettanto che colma, la fame di Dio poichè eccita il gusto di una vita nuova, la vita di Dio in noi. La vera vita è condividere la vita di Dio ed il solo accesso a questa vita è condividere l’esistenza di Gesù. Ma non possiamo condividere l’esistenza di Gesù che ricevendo il suo corpo come nostro nutrimento, nello stesso senso in cui egli stesso ha detto un giorno: “Il mio nutrimento, è fare la volontà di Dio.” L’Anno Santo...un anno  “intensamente eucaristico”. Se sarà così, il Giubileo significherà proprio il giubilo dei cristiani e l’attesa del mondo per una “nuova vita” che solo può apportare il pane vivente Gesù Cristo.
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