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Alle radici della storia della salvezza

Massimo Tarantino

Un pellegrinaggio giubilare sulle orme di Abramo, “nostro padre nella fede”, vissuto non nei luoghi da dove è iniziato il grande cammino del Popolo di Dio, ma in una particolare celebrazione nell’Aula Paolo VI, con una appropriata proclamazione della parola, e intensa meditazione e preghiera. Il 23 febbraio, alla vigilia della partenza del Santo Padre per l’Egitto e il Monte Sinai, una significativa e originalissima commemorazione di Abramo ha preso il posto di quella prima tappa del pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza che, per varie circostanze, non è stato finora possibile a Giovanni Paolo II compiere: la visita a Ur dei Caldei, l’attuale Tal al Muqayyar nel sud dell’Iraq, luogo da dove, fedele alle parole del Signore, Abramo partì dal suo paese e dalla sua patria verso la terra promessa. Nell’aula gremita –erano presenti gruppi dall’Italia, Polonia, Francia, Svizzera, Belgio, Gran Bretagna e Irlanda, Svezia, Austria, Germania, Spagna, Stati Uniti, e anche da Hong Kong e Taiwan- il Santo Padre ha così compiuto il primo gesto di quello “speciale pellegrinaggio giubilare” del quale aveva parlato il 29 giugno 1999 nella “Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza”; un pellegrinaggio da compiere “sostando in alcuni dei luoghi che sono particolarmente legati all’Incarnazione del Verbo di Dio, evento a cui l’Anno Santo del 2000 direttamente si richiama”. Il punto di partenza era obbligato: alcuni luoghi tipici dell’Antico Testamento, iniziando da quelli legati alla promessa fatta ad Abramo. La celebrazione dedicata al “padre nella fede” si è svolta secondo la struttura di una Liturgia della Parola. Il Santo Padre ha pronunciato una omelia nella quale ha parlato di Ur come del luogo dove vanno cercati “i primordi dell’alleanza di Dio con l’uomo”, e dell’esperienza di Abramo come “un’analogia dell’evento salvifico della morte e della risurrezione di Cristo”. Così il sacrificio di Abramo “appare come annuncio profetico del sacrificio di Cristo”. Ma la particolarità della celebrazione è stata evidente, anche e soprattutto, dal punto di vista visivo. Per evocare i luoghi in cui Abramo ha vissuto la sua fede sono stati infatti messi scenograficamente in rilievo alcuni elementi: due piccole querce richiamanti le querce di Mamre, una roccia a ricordo della pietra-altare del sacrificio di Isacco, la raffigurazione dei tre Angeli apparsi ad Abramo. Inoltre alcuni momenti di meditazione, in particolare quelli dopo la proclamazione della prima lettura e l’omelia del Santo Padre, sono stati accompagnati dalla trasmissione su uno schermo di alcune immagini di Ur dei Caldei com’è oggi, e di altri luoghi in cui Abramo ha vissuto, nonché di raffigurazioni della sua vita espresse nell’arte di tutti i tempi, come gli affreschi nelle Catacombe romane, i mosaici di San Vitale a Ravenna, le ceramiche del pittore ebreo contemporaneo Marc Chagall, l’icona della Trinità di Andrei Rublev, opera del quindicesimo secolo che era anche visibile a fianco della cattedra papale, riprodotta a grandezza naturale. Le immagini, oltre che dalle parole della Scrittura, erano illustrate anche da testi della tradizione spirituale ebraica e islamica. L’ “animazione” audiovisiva, curata nei minimi dettagli, ha contribuito fortemente alla riuscita della celebrazione dedicata all’uomo che, come disse San Paolo nella lettera ai Romani, “ebbe fede sperando contro ogni speranza”.

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