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Il tempo della comunicazione

Emilio Rossi

Da Babele alla Pentecoste, dal progetto orgoglioso sfociato nella confusione delle lingue al dono delle lingue fatte mutuamente comprensibili nello Spirito: è il succo del Messaggio di Giovanni Paolo II per la 34 Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la giornata del Duemila. Anche questo, da Babele a Pentecoste, è, a pensarci, un pellegrinaggio. Dalla confusione alla trasparenza corre un itinerario di lunga distanza, che comporta qualcosa di diverso e di più di uno spostamento intercontinentale, piuttosto una fatica tutta interiore, quale è richiesta da ogni conversione presa sul serio. A questa fatica, o, meglio, al suo avvio il Papa ha dato il nome antico di “esame di coscienza ”. Vi sono chiamati quanti operano nel settore della comunicazione invitati al loro Giubileo mondiale:in giugno chi lavora nell’informazione, in dicembre chi lavora nello spettacolo. Diciamo tutti che il secolo nuovo sarà il tempo della comunicazione, che nel secolo nuovo la comunicazione sarà la risorsa delle risorse, con prospettive che insieme seducono ed impauriscono. Più appropriatamente Giovanni Paolo II ha parlato di “rivoluzione culturale”. La definizione ha uno spessore umanistico che va ben oltre il territorio del “business”, del potere possessivo e manipolatore, della stessa pur stimabile specializzazione professionale. Ne vengono coinvolti uomini e donne operanti nei media, ma anche destinatari quotidiani dei messaggi dei media: tutti chiamati anzitutto ad un rapporto di lealtà, quello che dovrebbe unire quanti al mattino hanno, se non altro, l’abitudine antica di dirsi “Buongiorno”, così dando corso alla più elementare delle forme di comunicazione. Uomini e donne che hanno crescente bisogno di capire, di farsi capire, ed in definitiva di tenersi per mano sul cammino verso la Notizia di salvezza. Di questa Notizia stiamo per l’appunto festeggiando il bimillenario.
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