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Il Giubileo viaggio nella storia - Il Giubileo del 1600, il secolo dei Giubilei

A cura di Vittorino Grossi

Il Giubileo del 1600 aprì la serie degli otto giubilei che si succedettero regolarmente ogni 25 anni, come stabilito dai papi precedenti. Fu Clemente VIII, eletto papa nel 1592, a gestire il primo Giubileo del nuovo secolo. Nell'insieme dei giubilei del 1600 prevalse l'elemento decorativo, anche sfarzoso e ricco di esteriorità coreografica, proprio dell'epoca barocca, tanto che alcuni studiosi li indicano come i "giubilei barocchi". In occasione dei Giubilei Roma divenne infatti il teatro religioso del mondo. I cortei papali e quelli delle famiglie nobili facevano così un tutt'uno con le processioni che si organizzavano per visitare le basiliche romane, le famose sette Chiese. Era una pia pratica medievale che da Filippo Neri venne proposta collettivamente in occasione dei Giubilei romani. La si compiva in due giorni percorrendo le trdici miglia -la distanza in cui erano dislocate le basiliche- in tredici ore. La si faceva in genere di carnevale come cammino penitenziale contropposto. Partendo da San Girolamo della Carità la sera del mercoledi grasso si proseguiva per la Chiesa Nuova, ponte Sant'Angelo, Borgo sino a San Pietro, luogo della prima visita. Il mattino successivo ci si dava appuntamento alla basilica di San Paolo per proseguire per San Sebastiano o, se l'affluenza era molto, per Santo Stefano Rotondo al Celio dove si celebrava l'Eucarestia. Dopo una pausa per il picnic a Villa Mattei (l'attuale Villa Celimontana) si raggiungeva San Giovanni in Laterano e la Scala Santa, quindi Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo per giungere ai vespri a Santa Maria Maggiore (vedi C.Gasbarri, La visita filippina alle sette chiese, Roma 1947). La coreografia quotidiana dei pellegrinaggi, organizzati dalle Confraternite "con croci, stendardi et immagini di corpi santi, sontuosissimi", raggiunse i livelli di uno spettacolo indimenticabile con la venuta a Roma della Compagnia della misericordia di Foligno. Essa entrò per porta del Popolo la notte del 9 maggio. "A lume di torcie percorse tutta la città, portando in giro i misteri rappresentanti la passione, morte e risurrezione di Cristo. Venivano prima a piedi molti figli vestiti da angeli che sostenevano l'istrumenti della passione; poi seguivano le zitelle con lor motti e un'altra caterva di putti con rami d'oliva. Procedeva quindi Gesù, sopra un asino, seguitato dagli apostoli, tutti i personaggi vivi con l'effigie di chi rappresentavano e tutte le scene della passione...altri fedeli a piedi che rappresentavano il resto che occorre in detti misteri". Lo spettacolo di una religiosità cittadina romana, che toccava emotivamente l'ambito pubblico, divenne ogni giorno più imponente, da attrarre pellegrini penitenti e turisti in genere. Religiosità, arte, giustizia popolare si fusero insieme nel delineare l'immagine di Roma, città santa. Nell'insieme tuttavia, anche se giudicato positivo per tutti i partecipanti e coloro che vi assistevano, stando alla descrizione delle cronache, prevaleva l'elemento spettacolo sul nudo aspetto penitenziale di un Anno Santo. La vita cittadina (Roma contava allora circa centomila persone) traeva d'altra parte sussistenza e svago dalla gerarchia ecclesiastica romana. L'interprete di tale spettacolare nuovo habitat di Roma fu l'artista Gian Lorenzo Bernini che, sintetizzando il rigore artistico toscano con la fantasia napoletana, fuse mirabilmente il religioso con il mondano. Egli, nel colonnato di San Pietro, offrì al forestiero l'immagine di una Roma che incantava per religiosità e grandiosità. Si deve al pontificato dei tredici anni di Clemente VIII, creatura di Sisto V, la creazione della buona immagine della Chiesa Cattolica agli inizi del seicento, nella linea dei suoi predecessori, rimasta nelle cronache del Giubileo del 1600. Lo avevano preceduto Sisto V (Felice Peretti nato il 13 dicembre del 1521 nelle Marche a Grotte a Mare di Fermo e divenuto papa il 24 aprile del 1585), Urbano VII (Gian Battista Castagna 1590, resse il pontificato per 13 giorni), Gregorio XIV (1590-1591), Innocenzo IX (1591). Di essi il papa Sisto V fu uno zelante propugnatore della riforma tridentina, un papa deciso in ogni settore pubblico dello Stato Pontificio, in particolare contro il brigantaggio e gli eccessi carnascialeschi. Sono rimaste proverbiali le sue forche innalzate prima di dare inizio alle feste. Si adoperò molto per gli ebrei, promosse la pubblicazione degli "Annali Ecclesiastici" di Cesare Baronio, inpiantò la Tipografia Vaticana, chiamò Domenico Fontana a dirigere la fabbrica di San Pietro, consacrò le colonne di Traiano e di Marco Aurelio ai principi degli apostoli facendovi porre in cima le due statue ancora in loco, installò a piazza San Pietro l'obelisco di 1500 quintali trasportato a Roma nell'antichità, servendosi di trecento rematori. Lui, sotto il pontificato di Gregorio XIII, vivendo con la sorella Camilla, aveva anche pubblicato un'edizione delle opere di S.Ambrogio (S.Ambrosii episcopi mediolanensis opera a Felice Peretto de Monte Alto edita, Roma 1579-1585). Il successore, Gregorio XIV (Niccolò Sfondrato milanese, 1590-1591), impiegò circa due anni per essere eletto papa. Nacque in quel tempo la profezia di Malachia (arcivescovo di Armagh in Irlanda, +1143) sui papi, scritta tuttavia a Roma. Centoundici motti latini parlano dei papi che vengono eletti dopo Celestino II (1143) sino alla fine del mondo, prevista come massimo per l'anno 2.000. Alla fine del mondo si raggiungerà il numero di 111 pontefici, chiudendosi con Pietro II. Gregorio XIV era un uomo d'intensa vita ascetica ma negato per organizzare la vita pratica quotidiana, scrisse perciò di lui il Muratori negli "Annali" (1591): "Convien ben concludere che questo buon papa avesse attorno a sé o degli sciocchi medici o dei  molto accorti ladri". Gli succedette Innocenzo IX (Gian Antonio Facchinetti bolognese, 1591), figura eminente di onestà, di amore alla causa della Chiesa e di capacità politica (aveva scritto "Adversus Macchiavellum" e "De recta gubernandi ratione", opere rimaste inedite). Divise tra l'altro la segreteria di Stato della Santa Sede in tre sezioni (Francia e Polonia, Italia e Spagna, Germania). A motivo della sua malferma salute morì dopo appena due mesi di pontificato. Clemente VIII, il card. Ippolito Aldobrandini che gli succedette nel 1592, portò avanti un'intensa azione di pacificazione politica tra i regnanti del tempo e promosse in Roma, particolarmente per l'Anno Santo, un'immagine di Chiesa dedita alle realtà dello spirito più che agli affari mondani. Sul piano politico religioso egli vide il 25 luglio del 1595 il re di Francia, Enrico IV, abbracciare il cattolicesimo, annullò di conseguenza la Bolla di Sisto V che lo aveva dichiarato eretico recidivo. Si scongiurò in tal modo il pericolo di un trionfo del protestantesimo in Francia. Con l'editto di Nantes del 30 aprile 1598 veniva infatti riorganizzata in Francia la politica religiosa ponendo al centro il cattolicesimo. Il Papa ebbe ancora un notevole successo diplomatico come intermediario tra Spagna e Francia, i cui rispettivi sovrani il 2 maggio del 1598 accettarono il trattato di pace di Cateau-Cambrésis dell'anno 1559. A Clemente VIII solo non riuscì, politicamente, il progetto di occupare Costantinopoli. Egli volle far leva sul capo del'esercito turco, Sinan Bassà Cicala, un genovese che all'età di 14 anni, rapito dai turchi, aveva dovuto rinnegare la fede cristiana. Quanto all'Anno Santo del 1600 l'eccessivo straripamento del Tevere, avvenuto negli ultimi giorni di dicembre del 1598, fece praticamente già iniziare i preparativi per il dodicesimo Giubileo dellla storia della Chiesa. Clemente VIII lo indisse il 19 maggio del 1599 con la Bolla "Annus Domini placabilis". Due giorni dopo sospese le altre indulgenze con la Bolla "Cum sancti iubilaei" e, il 30 ottobre, inviò a tutti i vescovi una lettera, il breve "Tempus acceptabile", per esortarli a prepararsi al Giubileo facendosi promotori di pellegrinaggi a Roma. L'apertura della Porta Santa venne rinviata di qualche giorno e, propriamente al 31 dicembre, per un forte attacco di gotta avuto dal Papa. Per lucrare l'indulgenza plenaria i forestieri dovevano visitare quindici volte le quattro basiliche romane, trenta volte se erano romani. Vennero a Roma circa tre milioni di pellegrini. Per la Pasqua del 1600 confluirono a Roma ben duecentomila persone, tra i quali molti dignitari delle corti italiane ed europee. Il viceré di Napoli si recò a Roma facendo al Papa l'omaggio di una splendida cavalcata di 800 cavalli tutti coperti a festa. Clemente VIII diede, durante l'Anno Santo, un continuo pubblico buon esempio servendo a tavola i pellegrini, ascoltando le confessioni durante la Settimana Santa, salendo in ginocchio la Scala Santa, mangiando ogni giorno con dodici poveri, mentre i cardinali, in segno di penitenza, rinunciarono ad indossare la porpora. Si mossero in tanti ad aiutare l'azione giubilare del Papa del 1600. Gli ebrei romani, tra gli altri, gli fecero giungere 500 schiavine per i pellegrini (erano delle coperte da letto). La Confraternita di San Filinpo Neri fu, come sempre, in prima linea coaduviata allora dall'opera infaticabile di San Camillo De Lellis. Clemente VIII diede inoltre un esempio di equità a favore delle classi più deboli sia nell'aver vietato, già l'anno precedente quello giubilare, l'aumento degli affitti e delle vettovaglie, sia nell'abolire l'ammenda di pene pecuniarie per i delitti di sangue che, naturalmente, erano possibili solo ai ricchi. La nuova legge rese possibile, alla vigilia dell'apertura dell'Anno Santo, di giustiziare la famiglia Cenci su un palco eretto sul ponte di Castel S. Angelo. Beatrice Cenci, decapitata all'età di 20 anni, suggestionò fortemente la fantasia popolare di allora, e divenne l'emblema di una legge uguale per tutti. Durante l'Anno Santo del 1600 venne anche bruciato vivo il frate domenicano Giordano Bruno che, nello scritto lo "Spaccio de la bestia trionfante"(1584), aveva mosso dure critiche alla Chiesa, al papato, al cristianesimo in gnerale, giungendo persino a dileggiare lo stesso Cristo nelll'opuscolo "De l'asino cillenico" (1585). Il frate, invitato a Venezia dal Mocenigo per apprendere l'arte della memoria, venne poi da lui denunciato al Santo Uffizio come eretico. Il processo, iniziato nel febbraio del 1593, si concluse dopo sei anni, il 9 febbraio del 1600, con la sentenza della consegna del frate al braccio secolare. Giordano Bruno morì sul rogo acceso in Campo dei Fiori la mattina del 17 febbraio del 1600. Il monumento erettogli nel 1889 sul luogo del supplizio, per onorare in lui l'eroe "vindice della libertà ed umano incivilimento", fu un'iniziativa dei liberi pensatori contro il papato e la Chiesa Cattolica. Dei documenti del suo processo finora non si è trovata traccia. Clemente VIII fu anche un notevole mecenate. Torquato Tasso, che gli aveva dedicato una canzone augurale per l'elezione a papa, fu il poeta della sua corte papale. Nella "Gerusalemme conquistata" il Tasso espresse l'auspicata integrale rinascenza cattolica promossa dal pontefice. La sala del Concistoro e la sala Clementina (che serve da anticamera all'appartamento pontificio), furono opera sua, come pure la Villa Aldobrandini di Frascati, residenza estiva del pontefice, costruita su disegno di Giacomo della Porta e portata a compimento da Carlo Maderno con gli abbellimenti dei giochi di acqua ideati da Giovanni Fontana. Clemente VIII morì il 3 marzo del 1605. Egli lasciò l'immagine di un Giubileo che esprimeva la restaurazione cattolica negli ordinamenti come negli edifici. Si ebbe con lui ad esempio la completa cristianizzazione degli obelischi orientali (in genere venuti dall'Egitto, dove erano nati come culto al dio sole) installati in tante piazze romane. A molti di essi Clemente VIII annesse una peculiare indulgenza. Il primo a beneficiarne fu naturalmente l'obelisco Vaticano. La Roma paganeggiante del Rinascimento era ormai lontana, la città eterna riacquistava il ruolo di punto referenziale di conversione per ogni cristiano. Iniziò ad affermarsi la pia pratica delle quarantore con l'esposizione del Santissimo Sacramento. Qualche anno più tardi anche i Riformati, sull'esempio del Giubileo del 1600, celebrarono un loro Giubileo in occasione della ricorrenza del centenario della ribellione di Lutero (1517-1617). Si conservano monete con la scritta "saeculum Lutheranorum" e il libro "Du jubilé des églises réformées avec l'examen du Jubilée de l'église romaine".

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