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  I Papi del Giubileo

Dario Busolini

Clemente VIII

(1592 - 1605)

Nato nel 1536, figlio di un celebre avvocato fiorentino che dovette lasciare la città in seguito a gravi controversie avute con la potente famiglia de’Medici, Ippolito Aldobrandini poté proseguire i suoi studi in diritto grazie all’appoggio del cardinale Alessandro Farnese. Nominato da Pio V avvocato concistoriale e, più tardi, uditore della Sacra Rota, fu ordinato prete solo alla fine del 1580. Dodici anni dopo veniva eletto pontefice a conclusione di un agitato conclave durato sedici mesi. Uomo pio e austero, fu grande amico di San Filippo Neri, l’ “Apostolo della città di Roma” e si circondò di eminenti figure, tra cui San Roberto Bellarmino, uno dei più importanti e abili teologi della Chiesa cattolica nel suo conflitto con il protestantesimo, e San Francesco di Sales, al quale Clemente VIII affidò la difficile diocesi di Ginevra. Difensore dell’ortodossia, si impegnò affinché fossero adottati tutti i decreti del Concilio di Trento. Nel 1592 fece pubblicare un’edizione corretta della Vulgata di Sisto V che costituì la Bibbia della Chiesa cattolica sin quasi ai nostri giorni. Nello stesso anno introdusse in tutte le chiese romane la preghiera delle quarant’ore per celebrare il riposo del Signore Gesù Cristo nel sepolcro. Nel 1596 pubblicò un nuovo Indice dei libri proibiti, che includeva tra l’altro numerosi testi ebraici. Nonostante il suo grande impegno e l’importante attività missionaria da lui promossa, le sue speranze di ristabilire il cattolicesimo in Gran Bretagna e Svezia andarono deluse.

Il Giubileo dei Vescovi

Il 30 ottobre 1599 Clemente VIII emanò un documento singolare, un’esortazione ai Vescovi di tutto il mondo perché si recassero a Roma per il Giubileo. Dando così l’esempio ai fedeli delle loro diocesi. L’esortazione è un esempio della maggiore importanza che la Chiesa tridentina attribuiva alle Chiese locali, prima provvedendole di Vescovi che le amministrassero e vi risiedessero effettivamente, e poi preoccupandosi di richiamare ogni tanto questi presuli a Roma per ascoltarne le esperienze e le proposte, controllando il loro operato: “Venerabile fratello, Il tempo favorevole, il tempo della salvezza, i giorni consacrati a dispensare i tesori celesti, i giorni dell’imminente anno del giubileo... ci esortano ad ammonire la tua ­fraternità, sebbene spontaneamente attenta all’ufficio pastorale del suo compito, a curare quanto è proprio dell’istituto del ­santissimo giubileo... Vogliamo che la tua Fraternità sia persuasa che quanta più applicazione e diligenza essa potrà investire nel prepararsi appropriatamente al giubileo e nel devotamente ­conseguirlo in questa santa città e con quanto più ardore si ­affaticherà con il suo esempio per sollecitare il gregge ad essa ­affidato ad ivi procurarsi i doni del medesimo giubileo, tanto più gradita a Dio e Noi sarà l’opera della stessa. Né c’è cosa che più distesamente Ci adoperiamo di ottenere dalla tua fraternità di ciò che lo zelo per la religione e la virtù per la loro stessa forza ­facilmente promettono in modo maggiore. Giustamente, infatti, sappiamo che la tua fraternità, che fino a questo giorno ha ­esercitato in modo integro il suo ufficio pastorale, non tralascerà affatto la medesima vantaggiosissima occasione di essere d’aiuto alla salvezza sia sua sia di coloro ai quali presiede. Dio benignissimo, che collocò la tua fraternità secondo la sua clemenza in questa sede di dignità pastorale, egli medesimo doni ad essa forza ed energia, affinché quelle cose che egli stabilì di garantire per la diffusione del suo nome divino e per la salvezza delle anime, le porti anche a compimento il più felicemente possibile”.

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