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Il Vangelo della sofferenza è nel cuore del Giubileo

+ Crescenzio Sepe

Il Giubileo degli ammalati e degli operatori sanitari rimarrà nella memoria di quanti vi hanno preso parte di persona o assistito grazie ai mezzi radiotelevisivi come uno dei momenti più forti e significativi lungo il cammino dell’Anno Santo.  Questa manifestazione di amore, di carità e di solidarietà cristiana costituisce una testimonianza altissima di fede: ogni istante del Giubileo è stato vissuto, tanto da parte degli ammalati, quanto dai loro familiari ed assistenti, in una tale atmosfera di serena accettazione della propria sofferenza - offerta al Signore partecipando, nel corpo e nello spirito, a quella di Gesù sulla croce – unita alla gioia di poter ritrovarsi e fare festa insieme con il Santo Padre che ogni commento rischia di apparire superfluo o addirittura di sminuire la bellezza spirituale dell’avvenimento. È il Vangelo delle beatitudini che, davanti ai nostri occhi, diviene concreta realtà. Coloro che la società della competizione e dell’efficienza considera ultimi, nascondendoli od emarginandoli, per la Chiesa di Cristo sono invece i primi. Il momento culminante del Giubileo degli Ammalati, come di quello di ogni altra categoria, è stato certamente la celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre. Le parole pronunciate venerdì da Giovanni Paolo II vanno ben oltre le espressioni di conforto che si usano di fronte ai sofferenti. Il Papa, parlando agli ammalati e agli operatori sanitari, ha impresso un segno indelebile su tutto il percorso del Grande Giubileo del 2000, rendendo ancor più chiara per tutti la sua natura di “esperienza di una visitazione di Dio quanto mai singolare”. Visitazione che può avvenire anche attraverso la sofferenza: “Il dolore e la malattia fanno parte del mistero dell’uomo sulla terra. Certo, è giusto lottare contro la malattia, perché la salute è un dono di Dio. Ma è importante anche saper leggere il disegno di Dio quando la sofferenza bussa alla nostra porta. La ‘chiave’ di tale lettura è costituita dalla Croce di Cristo. Il Verbo incarnato si è fatto incontro alla nostra debolezza assumendola su di sé nel mistero della Croce.  Da allora ogni sofferenza ha acquistato una possibilità di senso, che la rende singolarmente preziosa. Da duemila anni, dal giorno della Passione, la Croce brilla come somma manifestazione dell’amore che Iddio ha per noi. Chi sa accoglierla nella sua vita sperimenta come il dolore, illuminato dalla fede, diventi fonte di speranza e di salvezza”. Il Giubileo degli Ammalati lo ha dimostrato ancora una volta. La Croce, anche la più pesante, può essere veramente strumento di salvezza. Per gli ammalati e gli operatori sanitari che abbiamo visto ed incontrato nelle Basiliche, in Via della Conciliazione e in Piazza San Pietro, lo è stata e lo è certamente. Tutti noi non potevamo non accorgerci di loro; il Giubileo non poteva non accorgersi di loro; la Chiesa intera non poteva non fare dei malati e di tutti i sofferenti e gli emarginati i principali protagonisti dell’Anno Santo. Il Giubileo degli Ammalati, infatti, non è l’unico momento dell’Anno Santo riservato ai sofferenti: tutti i mesi la Basilica di Santa Maria Maggiore ospita una preghiera speciale per loro e con loro ed ogni giorno del Giubileo, in vari modi (durante le Messe, nella Liturgia delle ore o con il Rosario), la Chiesa prega incessantemente per chi soffre. Le parole che il Papa ha rivolto ai malati ed a coloro che con generosità e professionalità alleviano il peso delle loro sofferenze non valgono, però, solo per quanti sono costretti a letto o su di una carrozzina, o per chi veste un camice bianco. Costituiscono un richiamo per ognuno di noi, una bussola per tutti i cristiani. “La Chiesa entra nel nuovo millennio stringendo al suo cuore il Vangelo della sofferenza, che è annuncio di redenzione e di salvezza”, ha detto il Santo Padre. E noi vogliamo ribadire che anche il Giubileo stringe nel cuore il Vangelo della sofferenza ed invita i poveri, i malati, i sofferenti nel corpo o nello spirito del mondo intero ad accogliere con gioia il suo messaggio di liberazione, ben sapendo che “Dio è accanto a loro come Salvatore”.
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