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Giubileo, una pagina aperta sul futuro dell’informazione

Anno Santo e mass media: parla Dino Boffo Direttore di Avvenire

Massimo Tarantino

Come può essere nel complesso valutata l’attenzione che i principali mass-media hanno riservato all’apertura del Giubileo? Io darei un giudizio, tutto considerato, positivo. C’è da dire che l’apertura della Porta Santa rappresentava un autentico evento, difficilmente aggirabile, e tuttavia non c’è stata - mi pare - sottovalutazione né trascuratezza. Le varie testate hanno cercato di produrre il meglio di sé, mobilitando editorialisti e inviati, cercando di mettere in pagina interviste di prestigio, dando al fatto spazio considerevole sia in prima pagina che all’interno. Forse più alla vigilia che dopo l’evento. Ovviamente ciascun giornale si è mosso secondo la propria ottica, anche se uno sforzo per accostarsi con rispetto era evidente. Si è arrivati a dare attenzione soverchia persino alle minuzie, come il colore del piviale o affini. Non è mancata neppure la solita voce eccentrica che in nome della sobrietà impegnava lo spazio consegnatole da un grande quotidiano per piangere su una spettacolarizzazione che non c’era stata, il tutto in nome del politically incorrect che più corretto di così si muore. Come dire, neppure stavolta ci siamo fatti mancare nulla, e tuttavia sarebbe falso dire che la stampa in genere si è fatta cogliere distratta. Quali sono le principali differenze che ha riscontrato nell’approccio al Giubileo tra la stampa di matrice cattolica  e quella genericamente laica? Mi pare che fino ad oggi ci sia  un’insufficiente attenzione al Giubileo vissuto nelle Chiese locali. Pare quasi che per la stampa laica neppure esista quell’indicazione preziosa del Papa a vivere un Giubileo “diffuso” su tutta la terra, come movimento di popoli che si mette in strada per produrre segni di mutamento e conversione. Un tic insomma di romanocentrismo non per decisioni ecclesiastiche ma per deficit di rappresentazione massmediale, trappola questa in cui mi pare che i media cattolici abbiano cercato assolutamente di non cadere. Tra l’altro, se anche volessero, non potrebbero tacitarlo quest’altro Giubileo; se non raccontassero loro, griderebbero le pietre, o meglio le soglie di quelle basiliche che in ogni punto dell’universo cattolico sono raggiunte dai passi dei pellegrini umili e nascosti. A una prima impressione, le sembra che si stia avverando l’auspicio del Comitato centrale che il Giubileo venga vissuto e interpretato esclusivamente da un punto spirituale? Beh, la tentazione di fermarsi ai margini o su incagli periferici permane ancora evidente. Però, io tenderei a non sottovalutare le richieste che vengono da colleghi laici, se non addirittura laicisti, del tipo: cattolici, non vivete il Giubileo solo tra voi, coinvolgeteci. Francamente, mi pare una cosa rilevante che non va certo enfatizzata con ingenuità ma indagata con sapienza e gestita con garbo. Alla base di tutto, dobbiamo procurare che il fatto spirituale ci sia davvero e in modo diffuso, cioè che i credenti si propongano come pellegrini, e il Giubilo sia visibilmente vissuto anche nella sua dimensione - diciamo - drammatica, quale evento di conversione, oltre il contagio consumistico, e oltre le forme tipiche della secolarizzazione. Anche nei punti di grande incontro dobbiamo rendere più evidente che mai, in modo quasi provocatorio, la nostra umile fede in Cristo Signore, ragione unica ed esclusiva del Giubileo. A quel punto sarà più difficile per chiunque tacerlo.                              

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