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A Denver, con i miei due figli
Luigi Accattoli
Sono stato - da giornalista - a tutte le Giornate mondiali della gioventù. A quella di Denver 1993 cÂerano anche i miei due figli più grandi: e mi è risultata, per quel motivo, la più cara. Sono grato, infatti, a chi aiuta i miei figli a guardarsi intorno e avanti. E questo la Giornata lo fa. EÂ difficile, si sa, parlare ai ragazzi dÂoggi. Nessuno tra i genitori e gli educatori, ha una soluzione. E cÂè un timore a esporsi: spesso preferiamo evitare il confronto senza rete cui i nostri figli continuamente ci provocano. EÂ merito del Papa non aver ceduto al timore e aver osato convocarli, questi ragazzi. Essi rispondono volentieri, a quanto si vede, alla convocazione. Questo - è ovvio - non vuol dire molto, perché la Giornata è anche una festa e passa presto. Ma intanto alza un segno, getta un seme. Credo che per i miei figli sia stato importante vedere che in tutto il mondo ci sono giovani cristiani, anche nellÂAmerica più avveniristica. Che dunque non sono soli a interessarsi al Vangelo. Che il messaggio cristiano può avere eco nel vasto mondo. Non gli attribuisco altro valore a quellÂappuntamento, ma anche sono sicuro che quel segno e quel seme non siano gettati invano. E anche per me - in quanto papà - è venuto un insegnamento dalle Giornate: in particolare dalla fiducia dÂessere inteso con cui Giovanni Paolo si rivolge ai ragazzi. E insieme dallÂammirazione che il Papa ha per la gioventù. ÂAbbiamo bisogno della gioia di vivere che hanno i giovaniÂ, ha detto una volta, in risposta a Messori. EÂ una parola bellissima, che ora uso per replicare a tutti quelli che parlano con pessimismo dei ragazzi dÂoggi. |