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 “Nessuno tra tutti voi è sconosciuto a Cristo”

Massimo Aquili

Carissimi amici, perché all’inizio del vostro Giubileo ho voluto offrirvi questa testimonianza personale? L’ho fatto per chiarire che il cammino della fede passa attraverso tutto ciò che viviamo. Dio opera nelle vicende concrete e personali di ciascuno di noi: attraverso di esse, talvolta in modi veramente misteriosi, si presenta a noi il Verbo “fatto carne”, venuto ad abitare in mezzo a noi.

C’era il futuro in piazza San Pietro e oltre. Nuove generazioni di testimoni, nuove speranze di pace e di giustizia, i giovani dei cinque Continenti si sono raccolti intorno al Santo Padre per la festa dell’accoglienza alla GMG, come poco prima i loro coetanei romani e italiani avevano fatto a San Giovanni in Laterano. Mai così numerosi i giovani nella città degli apostoli e dei martiri, per “una giornata di ferragosto davvero indimenticabile”, come ha detto Mons. Cesare Nosiglia presidente del Comitato Italiano per la GMG.  In 700mila hanno gremito le piazze delle due basiliche, i vicoli e le strade intorno. Una partecipazione oltre le previsioni, in questa giornata inaugurale se ne aspettavano 400mila. Così a San Pietro l’abbraccio del colonnato del Bernini non è bastato e nemmeno via della Conciliazione e i borghi. Stanchi per il viaggio e il caldo - sono svenuti a centinaia -  i giovani di 160 nazioni non hanno mai smesso di sventolare le loro bandiere, di cantare, di agitare il cartoncino colorato simbolo del loro Continente. Ma anche di correre e di ballare. Come testimoniato dalle belle coreografie, i giovani pregano anche con il corpo. Il Santo Padre ha ricambiato il loro entusiasmo con la gioia, il sorriso, la verve, l’affetto paterno. E alcuni cambi di programma dell’ultima ora. Come l’aver voluto lui personalmente durante la celebrazione chiamare uno ad uno i Paesi di provenienza dei giovani per dare il benvenuto più caloroso possibile. E, sì, li avrebbe voluti abbracciare tutti. Per questo, nei modi e nel sentire, era oltre il gesto di circostanza il saluto ai fortunati rappresentanti di ogni Continente. E tutti avrebbero voluto abbracciare lui. Come la ragazza cilena che aggirando i controlli è riuscita a portare a Giovanni Paolo II la bandiera del suo Paese o i giovani arrampicati sulle grate delle finestre dei palazzi per “vedere Pietro” attraversare Via della Conciliazione. Ma c’è un altro grande dono che il Papa ha fatto ai suoi “giovani amici”: si è fatto primo testimone e con semplicità ha raccontato la propria, personale, esperienza di fede. “Oggi io per primo desidero dirvi che credo fermamente in Cristo Gesù Nostro Signore. Sì, io credo”. Il Papa ha lasciato che i suoi ricordi facessero breccia nel cuore dei giovani. Ha raccontato di aver imparato a pregare e a fidarsi di Dio in famiglia e nella sua parrocchia retta dai Salesiani. Ha rievocato l’esperienza della guerra, l’occupazione della Polonia, e l’impulso che questa tragedia diede alla sua vocazione: “In quel contesto si manifestava in me sempre più chiara una luce: il Signore vuole che io diventi sacerdote!”. Perché affermare il proprio “Credo” pubblicamente, perché dare questa testimonianza personale? “L’ho fatto – ha spiegato il Papa - per chiarire che il cammino di fede passa attraverso tutto ciò che viviamo. Dio opera nelle vicende concrete e personali di ciascuno di noi…Cari giovani e ragazzi, non permettete che il tempo che il Signore vi dona trascorra come se tutto fosse un caso”. Il Santo Padre ha consegnato così ai giovani l’orgoglio di una fede per la quale ogni uomo è “un essere per la vita”, in Cristo “chiamato alla gloria”. Ha offerto la speranza più dolce: “ognuno di voi è prezioso per Cristo, è conosciuto personalmente, è amato teneramente, anche quando non se ne rende conto”. E la soluzione alla domanda di sempre:  chi o che cosa sono venuti a cercare i giovani di tutto il mondo a Roma? “Gesù Cristo è la risposta”.
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