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Arcangelo Tadini (1846-1912)  

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ARCANGELO TADINI, sacerdote bresciano vissuto tra il 1846 e il 1912, è una figura limpida e affascinante. Uomo intraprendente, prete autentico, ha intrecciato sapientemente rischio e fede, amore per gli uomini e amore per Dio, austerità e tenerezza.

Nasce a Verolanuova (BS) il 12 ottobre 1846. Conclusi gli studi elementari nel paese natale, frequenta il ginnasio a Lovere (BG).

 Nel 1864 entra nel seminario di Brescia e nel 1870 è ordinato sacerdote. Dal 1871 al 1873 è nominato vicario-cooperatore a Lodrino (BS), piccolo paese di montagna, e dal 1873 cappellano al santuario di S. Maria della Noce, frazione di Brescia.

Nel 1885 inizia il suo servizio a Botticino Sera (BS) come  vicario-cooperatore; due anni dopo, è nominato Parroco e vi rimane fino al 1912, anno della sua morte. All’inizio del suo mandato, dal pulpito afferma con forza:  “Starò con voi, vivrò con voi, morirò con voi”.

Gli anni vissuti a Botticino sono certamente i più fecondi della vita di don Tadini. Egli ama i suoi parrocchiani come figli e non si risparmia in nulla. Dà inizio alla Schola Cantorum, alla banda musicale, a varie Confraternite, al Terz’ordine Francescano, alle Figlie di S. Angela; ristruttura la chiesa, offre ad ogni categoria di persone la catechesi più adatta, cura la liturgia. Ha una particolare attenzione per la celebrazione dei Sacramenti. Prepara le omelie tenendo presente da una parte la Parola di Dio e della Chiesa, dall’altra il cammino spirituale della sua gente. Quando parla dal pulpito, tutti rimangono stupiti per il calore e la forza che le sue parole sprigionano.

La sua attenzione pastorale è rivolta soprattutto alle povertà del difficile periodo della prima industrializzazione: egli avverte che la Chiesa è chiamata in causa da chi soffre nelle fabbriche, nelle filande, nelle campagne… Per i lavoratori dà inizio all’Associazione Operaia di Mutuo Soccorso e, per le giovani del paese che maggiormente vivono nell’incertezza e subiscono ingiustizie, costruisce una filanda per dare loro un lavoro.

Nel 1900 il Tadini fonda la Congregazione delle Suore Operaie della S. Casa di Nazareth: donne consacrate ma “operaie con le operaie” che educano le giovani lavoratrici non salendo in cattedra ma lavorando gomito a gomito con loro, non tenendo grandi discorsi ma dando l’esempio di guadagnarsi il pane con dignità e con il sudore della propria fronte. Uno scandalo per quel tempo in cui si pensava alle fabbriche come  luoghi pericolosi, immorali e fuorvianti.

Il Tadini affida alle sue Suore l’esempio di Gesù, Maria e Giuseppe che nella Casa di Nazareth, nel silenzio e nel nascondimento, hanno lavorato e vissuto con umiltà e semplicità. Indica l’esempio di Gesù  che non solo “ ha sacrificato se stesso sulla croce”  ma per trent’anni, a Nazareth, non si è vergognato di usare gli strumenti del carpentiere e di “avere le mani incallite e la fronte bagnata di sudore”. 

Per questa sua intraprendenza il Tadini ottiene calunnie e incomprensioni, anche da parte della Chiesa. In realtà egli precorre i tempi: egli intuisce che la Suora, operaia tra le operaie, può dare una comprensione più positiva del mondo del lavoro, visto non più come luogo avverso alla Chiesa, ma ambiente bisognoso di fermento evangelico, un mondo da incontrare più che da contrastare.

Egli stesso è consapevole che la sua Opera è anzitempo, ma è fermamente convinto che non è opera sua ma di Dio: “Dio l’ha voluta, la guida, la perfeziona, la porta al suo termine”. La morte lo coglie quando il sogno della sua vita è ancora incompiuto, ma come seme affidato alla terra, a suo tempo, porterà frutti abbondanti.

I parrocchiani di Botticino intuiscono la santità del loro parroco e imparano ben presto a conoscere e a scoprire, sotto la sua riservatezza e austerità, il cuore di un padre attento e sensibile alla loro vita di stenti e di duro lavoro. Alle sue doti naturali egli unisce una grande capacità di entrare nella vita e nella quotidianità della gente e ben presto si parla di lui come di un prete santo, un uomo eccezionale…   e,  nel tempo, si dirà di lui “E’ uno di noi” !

Uno di noi quando, molto presto, percorre le vie del paese e il suo passo risuona come sveglia per chi si prepara ad iniziare una giornata di lavoro. Tutti sanno che quel sacerdote, innamorato di Dio e dell’uomo, porterà nella preghiera la vita e le fatiche della sua gente.

Uno di noi quando raccoglie le lacrime delle mamme preoccupate per la precarietà del lavoro dei figli, quando sogna, progetta e costruisce la filanda per le ragazze del paese, perché possano riscoprire la loro dignità di donne.

Uno di noi quando inventa la famiglia delle Suore Operaie, donne consacrate che, nei luoghi di lavoro, siano testimoni di un Amore grande nella semplice quotidianità della vita.

Uno di noi perché ancora ci sorride, ci accompagna nella nostra quotidianità e con le sue parole ci invita a seguire le sue orme: “La santità che guida al cielo è nelle nostre mani. Se vogliamo possederla, una cosa sola dobbiamo fare: amare Dio”.

Con la canonizzazione il Papa Benedetto XVI lo offre come esempio ai sacerdoti, lo indica come intercessore alle famiglie, lo dona come protettore ai lavoratori.

Omelia del Santo Padre Benedetto XVI (26 aprile 2009)

 

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