Città del Vaticano, 11 luglio 1999 | Servizio sperimentale |
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La dedicazione della nuova chiesa del santuario romano del Divino Amore Con queste parole Giovanni Paolo II ha spiegato il senso della solenne cerimonia della dedicazione della nuova chiesa del santuario romano del Divino Amore. Pellegrino tra i pellegrini che da generazioni si incamminano verso la "casa" di Maria, domenica 4 luglio, il Papa ha voluto testimoniare in prima persona la profonda devozione mariana della città e nello stesso tempo sottolineare l'impegno di tutti i suoi abitanti a mantenere fino in fondo la promessa fatta nel 1944. «Oggi - ha detto il Santo Padre - il Santuario è una realtà e sta per essere completata anche l'opera di carità: una casa per anziani non lontana da qui. Ma il voto dei romani comprendeva una promessa a Maria Santissima che non termina e che è assai più difficile da realizzare: la correzione della condotta morale, il costante impegno, cioè, di rinnovare la vita e renderla sempre più conforme a quella di Cristo. Carissimi Fratelli e Sorelle, è questo il compito a cui richiama l'edificio sacro che oggi viene dedicato a Dio». «Queste mura che circoscrivono lo spazio sacro in cui siamo raccolti e, ancor più, l'altare, le grandi vetrate policrome e gli altri simboli religiosi si pongono - ha proseguito il Papa - come segni della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Una presenza che si rende manifesta in maniera reale nell'Eucaristia, celebrata ogni giorno e conservata nel Tabernacolo; una presenza che si rivela viva e vivificante nell'amministrazione dei Sacramenti; una presenza che si potrà continuamente sperimentare nella preghiera e nel raccoglimento. Che tale presenza sia per tutti di costante richiamo a conversione e fraterna riconciliazione!». |
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