Nel 1899 Emile Zola pubblicava «Fécondité»

La questione demografica
al centro di un romanzo dimenticato


di Lucetta Scaraffia

Il dibattito relativo alla questione demografica - e cioè la discussione se sia più utile allo sviluppo economico di un Paese un aumento delle nascite o una sua diminuzione; oppure se un basso numero di figli renda migliore la vita matrimoniale di una coppia e ne permetta la crescita sociale; o, ancora, se il controllo delle nascite sia o meno favorevole alle donne - non è solo un problema di oggi. A dimostrarlo è Fécondité, un romanzo quasi dimenticato di Emile Zola che uscì nel 1899, centodieci anni fa, tutto dedicato al tema della denatalità che caratterizzava la Francia di fine Ottocento, rendendola diversa dagli altri Paesi europei e soprattutto dalla Germania, sua nemica naturale, dove invece l'indice demografico era in costante aumento.
Si tratta di un romanzo molto lungo, uno dei più lunghi scritti dall'autore francese e, come tutte le sue opere, carico di vis polemica contro il pensiero dominante e contro la tendenza sociale in atto, un'opera insieme di denuncia e di proposta per l'avvenire:  il protagonista Mathieu Froment - che all'inizio del romanzo ha 27 anni, quattro figli ed è povero, e che alla fine di anni ne avrà 90 e di figli dodici, con una fertile e ampia azienda agricola - rappresenta l'utopista che crede nella fecondità della moglie e della terra, e che grazie alla sua tribù di figli e alla sua audacia come imprenditore agricolo raggiunge la ricchezza e la felicità. A testimoniare che è proprio la fecondità, della donna e della terra, il segreto di una buona armonia sociale ed economica. Di contorno una serie di altre famiglie che applicano le frodi coniugali, hanno cioè pochi figli, e all'inizio sono più ricche e più elevate socialmente di Mathieu, ma alla fine decadono proprio per colpa della loro scelta egoista.
Il romanzo è una risposta alle obiezioni maltusiane, che funziona nonostante una certa ingenuità dello schema narrativo, basato sull'ideologia della conquista:  i Froment migliorano costantemente la loro condizione perché sostituiscono coloro che li circondano. Il protagonista Mathieu - che, assieme al medico Boutan, rappresenta il punto di vista dello scrittore - si impegna in dibattiti appassionati contro i sostenitori del controllo delle nascite, prendendo posizione su molti problemi di attualità nella Francia di fine Ottocento, come l'allattamento naturale e l'ovariectomia, a cui molte donne si sottoponevano - dopo che l'asepsi aveva reso più sicure le operazioni - per risolvere radicalmente il problema della fecondità.
Fécondité, che si può definire un romanzo morale, incontrò certo molte critiche, ma fu anche bene accolto da intellettuali come Léon Daudet o Saint-Georges de Bouhélier, il teorico del movimento naturalista, che mise il romanzo tra i grandi testi profetici del XIX secolo, in continuità con le opere di Michelet, Lamartine e Hugo. Il romanzo colpì pure Sigmund Freud, che gli dedicò ben due conferenze, nel 1900 e nel 1907, sostenendo che era una delle più importanti opere con cui si fosse confrontato.
Data la posizione laica di Zola, tutta la questione viene trattata senza fare mai riferimento alla morale cattolica - tutti i personaggi sono atei - ma con una ottima consapevolezza dei problemi socio-politici che la questione demografica pone, visti da una angolatura socialista, quindi particolarmente attenta ai problemi delle classi subalterne. La religione traspare solo dal nome del protagonista, Mathieu, che risponde al progetto originale, poi non portato a termine, di scrivere quattro romanzi su temi sociali per comporre un insieme intitolato Les quatre évangiles. Gli altri nomi evocano la patria francese tornata feconda - così Marianne, moglie di Mathieu - o il modello femminile negativo:  Nora e Norine, che rinunciano alla maternità, evocano infatti la celebre Nora della Casa di bambola di Ibsen.
Anche se gli anticoncezionali sicuri e moderni non c'erano ancora, la mentalità era già quella di oggi:  nelle prime pagine del romanzo, la ricca Constance, madre di un figlio unico, rimprovera Mathieu per i quattro figli:  "Spero che Marianne si fermi là (...) veramente, questa volta sareste senza scuse, senza perdono".
Il protagonista riflette più volte sulla questione della natalità, considerandola "la questione madre, quella che decide dell'umanità e del mondo". Secondo lui, appassionato natalista, non si verifica progresso senza eccesso di figli, l'evoluzione del domani è assicurata solo da questo aumento costante della "fecondità rivoluzionaria dei lavoratori e dei poveri". Ma poi, vedendo la triste fine dei numerosi figli di un operaio, malati o privi di educazione, si rende conto di una verità brutale:  i capitalisti sono costretti a favorire la fecondità delle classi salariate al fine di assicurare la persistenza dei profitti.
Sono ancora solo le classi medio alte a frenare la natalità, o per conservare il patrimonio - come la coppia dei proprietari dell'officina, che poi perderà l'unico figlio ed erede - oppure per garantirsi l'ascesa sociale, come spiega la moglie dell'amministratore, la graziosa Valérie, che poi morirà per un aborto, secondo la quale "non bisognava appesantirsi di figli, se si voleva avere le mani libere, in questa guerra, per passare più facilmente sulla pancia degli altri".
Sicuro dal punto di vista sociale, Mathieu incontra invece una tentazione sessuale, quando la bella e ricca Séraphine - che poi finirà nevrotica dopo l'ovariectomia - gli si offre "con una fierezza sovrana, in cui non c'era nulla di vergognoso e di basso, libera di se stessa, proponendo arditamente un mercato di gioia, con l'assoluta certezza di restituire altrettanto, e di più, di quanto lui avrebbe dato". La tentazione - a cui il protagonista resisterà - è l'atto sessuale senza conseguenze, compiuto solo per il piacere di farlo, insomma una anticipazione della liberazione sessuale.
La separazione fra sessualità e procreazione è vissuta come prova d'amore da una giovane coppia di sposi innamorati, che decidono di godersi il loro amore fino ai 30 anni senza figli:  quando poi cercheranno di concepire un figlio, questo non verrà, con grande dolore di entrambi. Tutte le possibili motivazioni per rifiutare la procreazione sono testimoniate dai numerosi personaggi secondari:  come la ricca coppia dei Séguin, che vogliono pochi figli per godersi di più la ricchezza e fare vita mondana. La moglie anche per vanità, per mantenersi snella e giovanile, così come altre mogli timorose di perdere la passione del marito con l'ingrossamento della gravidanza e dell'allattamento. Proprio per questo Mathieu denuncia come sia nocivo il cambiamento del modello di bellezza muliebre, che passa da una immagine florida e materna alla secchezza di una figura per sempre adolescenziale. Compare anche uno scrittore di successo, "femminista", che scrive libri in cui le donne fuggono da mariti dipinti come grossolani perché vogliono figli.
Coloro che si contrappongono a Mathieu nella polemica adducono a loro favore il fatto che "i più forti, i più intelligenti, sono i meno fecondi", perché i Paesi più civilizzati sono i primi ad avere la saggezza "di correggere l'inutile e nocivo eccesso di fecondità". Invece, come ricorda il vecchio e saggio dottor Boutan, l'effetto delle frodi coniugali sul matrimonio è letale:  i mariti sono insaziati e arrabbiati, le spose malate, la famiglia si disgrega. Ma il male che ne deriva è ancora più generale:  "Si parla tanto della nostra nevrosi moderna, della nostra degenerazione, dei nostri figli sempre più deboli, messi al mondo da donne malate, rovinate, angosciate. Ma, prima di altre cause meno gravi, la frode è la prima, la grande causa, quella che avvelena alla sorgente!". E conclude il vecchio medico:  siamo noi che distruggiamo la società, "con il nostro ideale di famiglia ristretta, immolata alle furiose ambizioni del denaro e del potere". E Zola dipinge l'infelicità delle donne che non riescono a essere madri.
Sono passati 110 anni, e indubbiamente si nota qualche ingenuità nell'affresco sociale del romanziere francese. Colpisce però quanto egli avesse colto del problema demografico, sia dal punto di vista sociale ed economico sia da quello individuale e psicologico. Freud aveva ragione:  Zola parla di noi, anche oggi, e leggerlo ci fa riflettere. Anche perché non sono soltanto i cattolici ad avere intuito i pericoli di una società "del figlio unico".



(©L'Osservatore Romano 27 agosto 2009)
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