Presepi di carta tra Seicento e Novecento

Che ci fanno chiodi e tenaglie
vicino al bambino?


Pubblichiamo ampi stralci di uno dei saggi del catalogo che accompagna la mostra "Il Natale di carta tra spiritualità e fantasia" in corso a Corciano. L'esposizione e il catalogo (Perugia, Effe Fabrizio Fabbri Editore, 2009, pagine 96) sono a cura di Antonella Parlani.

di Stefania Colafranceschi

Sotto i nostri occhi le creazioni settecentesche e ottocentesche di Maria e il bambino nella greppia, san Giuseppe che si sporge con la  lampada,  gli animali inginocchiati  accanto a Gesù, i pastori, gli angeli e i Magi dintorno, testimoniano non  solo l'intento narrativo e rappresentativo,  quanto piuttosto la continuità  di  un  impianto arcaico di  temi e motivi, che si dipanano nelle molteplici componenti della scena, e in essa trovano valore e significato.
La struttura compositiva dei presepi tradizionali, dai tratti complessi, trae origine da un nucleo antico che vede innanzitutto, al centro, il gruppo della Natività, con Maria in adorazione del bambino che lo contempla e ne mostra il divino splendore ai convenuti, e san Giuseppe, pensoso, o in preghiera/adorazione, intento ad accogliere, oppure impegnato nelle incombenze pratiche, quali portare luce, fieno, pannicelli, cibo. Per antica tradizione, Maria è giacente, ovvero, nell'iconografia trecentesca, orante e contemplativa; a questa attitudine, che si afferma nell'arte rinascimentale, succede poi una diversa modalità rappresentativa, secondo cui Maria è assisa, e mostra il bambino con gesti espressivi di affettuosa premura. E la luce promanata dal bambino, riflessa sul volto degli astanti, ripropone il tema di Cristo "luce del mondo".
L'episodio dell'annuncio ai pastori figura costantemente, sul lato o in lontananza, a significare la buona novella giunta fra gli uomini; gli umili pastori, che condividono con gli animali i percorsi e le stagioni, simbolizzano coloro che riconobbero, nel Dio bambino, il Messia annunciato dai profeti dell'Antico Testamento. E vigilano contro le insidie del diavolo, nel mondo ottenebrato dal peccato, figurando i pastori del gregge dei credenti. Tra di loro, di cui antiche fonti ricordano la sepoltura nei pressi di Betlemme, ve n'è chi scruta l'orizzonte, chi è colto dall'eccezionalità del fulgore dell'annuncio, chi ascolta la voce divina, richiamando l'attitudine di ogni uomo, raggiunto dalla Parola. E simbolizzano le tre età, giacché figurano in sembianze di giovane, mezzano, e attempato, inoltre il pastore più giovane, rivestito  di pelli, richiama l'iconografia paleocristiana del profeta Balaam. Alcuni pastori, poi, suonano uno strumento; così la tradizione crea un parallelo tra il coro degli angeli, in cielo, e la loro musica, in terra.
E dopo di loro, giungono i Magi, i pagani. "I pastori - scrive Agostino (Sermones, 202) - erano israeliti, i Magi pagani. Quelli venivano da vicino, questi da lontano, ambedue tuttavia corsero verso la pietra angolare". Si sono avute nel mondo antico numerose testimonianze e interpretazioni sui Magi:  il loro numero, i nomi, la provenienza  e  l'aspetto  variano, come  dimostrano  le  diverse  raffigu- razioni  conosciute,  a partire dagli affreschi catacombali. A loro è associata la stella, che li guidò nel cammino.
Molti presepi mostrano questo tipo di abbinamento:  i pastori e i Magi in prossimità del bambino. Gli uomini dei dintorni, e quelli giunti da lontano, i più vili accanto ai sapienti, chiamati gli uni dall'annuncio, gli altri dall'evento prodigioso di una stella risplendente, profetizzata da secoli, portatrice di un messaggio celeste, la venuta del Dio bambino.
Derivato dal tema della luce, è l'elemento iconografico della lampada, che Giuseppe trattiene, o si individua al suo fianco. Nell'interno della capanna, accostati al bambino, scorgiamo nei presepi i profili di un asino e un bue, simbolo dei popoli che hanno riconosciuto il Signore, secondo il profeta Isaia, citato dagli autori ecclesiastici.
Ma nelle antiche leggende si precisano spunti narrativi, che vediamo sopravvivere nelle raffigurazioni presepiali. "Giuseppe aveva portato con sé un bove forse per venderlo - narra la Legenda aurea - aveva  con sé anche un asino per portarvi  sopra la Vergine Maria. Miracolosamente tanto il bove che l'asino riconobbero nell'infante il Signore, si inginocchiarono e l'adorarono":  vediamo infatti i due animali partecipi  dell'evento, adoranti, protesi sul Bambino, solitamente genuflessi.
Altri animali popolano la scena:  pecore, capre, il cane, volatili che spesso volgono lo sguardo in alto, esprimendo lo stupore del creato nel momento in cui, fermatosi il tempo, ogni cosa è sottomessa al disegno di Dio, presente in mezzo agli uomini. Questo momento straordinario è descritto in un brano dei vangeli apocrifi, ripreso nella Legenda aurea. La presenza di tutti questi animali sta a significare la ripristinata armonia del creato, con l'Incarnazione:  "gli animali che hanno in sé la vita e la capacità di sentire e discernere, manifestarono la nascita di Cristo".
La colomba, messaggero celeste simbolo di purezza, compare molto frequentemente nell'iconografia devozionale, insieme al bambino Gesù; gli reca doni di carattere allegorico, come le virtù inscritte in piccoli cartigli, o attributi simbologici, come la corona  di  spine. Le spine, in forma di corona, o rami di contorno, ricorrono anche nei presepi di carta, riprendendo un preciso tema iconografico, il motivo del presagio della Passione.
Le immaginette qui richiamate, ben illustrano un tema che ebbe particolare sviluppo, nell'iconografia devozionale del XVII-XIX secolo, il presagio della Passione, che ispirò una iconografia complessa, riconoscibile fin nei più minuti dettagli del traforo cartaceo che fa da contorno al Bambinello, nei santini detti del Bambino vestito.
I Bambinelli vestiti poi, rappresentano un filone a se stante della produzione claustrale, frutto di un accurato lavoro di intaglio, capace di trasmettere una pluralità di messaggi e di significati. Le figurazioni di Gesù bambino, all'interno dei monasteri, costituivano oggetto di particolare venerazione, per l'adorazione liturgica, e la devozione individuale; ai più antichi simulacri lignei, risalenti al Trecento, seguirono realizzazioni di cera o terracotta, che ancor oggi si producono. Il genere iconografico dei Bambinelli della Passione fa riferimento ai simulacri del XVI e XVII secolo, in cui si distinguono le tipologie dei Bambini della Culla, Bambini della Passione, Bambini della Passione addormentati. A questi sono ispirate le immaginette, variamente decorate, testimoni della diffusione e ricchezza della tradizione devozionale, i cui pregevoli esemplari - noti anche a seguito di recenti mostre - illustrano, grazie agli elementi nell'intaglio, le simbologie della Passione; dai grappoli d'uva, riferimento al vino eucaristico, agli strumenti della Passione minuziosamente descritti:  i dadi, la tunica, la colonna della flagellazione, martello, chiodi e tenaglia mentre il bambino dormiente richiama il sembiante di morte, evocativo della missione redentiva.



(©L'Osservatore Romano 2-3 gennaio 2010)
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