L'opera di Karl Erich Grözinger sul pensiero ebraico nei secoli

Da Abramo di Ur ad Abraham Geiger


di Mordechay Lewy

Nell'era del taglia e incolla, non siamo più tanto abituati ad affrontare l'opera genuina di uno studioso che illustra un intero campo della conoscenza quale è il pensiero ebraico nei secoli. L'opus magnum di Grözinger (Karl Erich Grözinger, Jüdisches Denken - Theologie, Philosophie Mystik, 3 volumi, Francoforte, Campus, 2004-2009, pagine 2249, euro 74) è un raro caso di erudizione e di mente innovativa che oggigiorno è raggiungibile quasi esclusivamente attraverso il lavoro di una squadra di studiosi.
Si tratta, infatti, di un tour de force di storia intellettuale, da Abramo il Patriarca ad Abraham Geiger e Hermann Cohen:  i tre volumi comprendono 2249 pagine con 6961 note a pie' di pagina. Karl Erich Grözinger, professore emerito di storia delle religioni e di studi ebraici alla Potsdam University, è fluente in ebraico e molto preparato nelle relative fonti e nella letteratura secondaria. Ciò che lo rende una rarità è che non è limitato ad un campo, ovvero il suo background luterano, ma mette in discussione i testi tralasciando qualsiasi zavorra teologica, come solo pochi studiosi ebrei farebbero.
Nella sua introduzione Grözinger presenta gli strumenti analitici che lo assisteranno nella disamina dei cambiamenti avvenuti nella teologia ebraica nel corso della storia:  l'immagine di Dio (teologia); l'immagine del mondo (cosmologia); l'immagine dell'uomo (antropologia); la redenzione (soteriologia); la condotta dell'uomo al fine di raggiungere tali scopi (etica, pietà). Grözinger pone l'accento sul doppio elemento chiave:  il concetto dell'imago dei, che comprende sia la concezione dell'immagine di Dio che quella dell'immagine dell'uomo (zelem elohim). Nell'ebraismo l'aspirazione del credente ad assomigliare a Dio è espressa già in Genesi, 1, 26-27, poiché l'umanità è stata creata ad immagine di Dio. Questa concezione di Dio e con essa, dell'imago dei, cambierà nella teologia ebraica nel corso di diversi periodi:  da interpretazioni naturali/corporee a spirituali e persino soprannaturali.
Tali cambiamenti saranno seguiti anche da una mutata immagine dell'uomo, poiché ogni religione si occupa di come l'uomo si relaziona a Dio. A dispetto del concetto ebraico che Dio non è pari a nessuno (Isaia, 40, 25), Grözinger cita il concetto mistico secondo cui la comunicazione può esistere solo tra eguali. Secondo lui la teologia ebraica si muove tra la tensione alla distanza e all'eguaglianza con Dio. È compito dell'ebreo ambire a questo scopo nel corso della sua vita. Grözinger traccia la differenza tra l'ebraismo e il cristianesimo nell'atto unico del battesimo che consente al cristiano di ricevere il dono di essere simile a Dio attraverso la comunione con suo figlio Gesù Cristo e anche di essere redento. Benché alcuni Padri della Chiesa esortino il credente a condurre la propria vita a imitatio dei, Grözinger pone in risalto la differenza in quanto gli ebrei, per tutta la vita, cercano la redenzione e l'imago dei attraverso l'imitatio. Non è loro assicurata. Dipende dalla loro fede e dalla loro condotta.
La questione scottante nella teologia ebraica durante i primi 2500 anni dalla nascita dell'ebraismo fino al Medioevo consisteva nel come seguire la Torah e quale fosse la sua corretta interpretazione. Grözinger mobilita Moses Mendelssohn per chiarire che, nonostante la gran varietà di teologie e filosofie ebraiche e il ruolo centrale dell'Halacha (la Legge ebraica) e della vasta letteratura rabbinica che la interpreta (dal Talmud, attraverso la Mishne Torah di Maimonides fino al Shulchan Aruch), l'ebraismo è rimasto più un'ortoprassia che un'ortodossia. La stretta osservanza della legge non si è mai sostituita alla fede nell'Altissimo.
Grözinger evidenzia che l'ebraismo rabbinico si è astenuto dai giudizi universali e cosmologici in quanto meno interessato alla validità universale della legge e dell'osservanza ebraica. I gentili, che non credevano nel Dio ebraico, non erano obbligati a seguire l'osservanza ebraica. Il posto occupato da Dio nell'ebraismo biblico e l'ammirazione e la fedeltà nei suoi riguardi erano giustificati dall'impresa storica che aveva compiuto quando salvò il popolo ebraico. Si tratta di una relazione contrattuale nella quale Dio ha agito come se fosse personificato.
Grözinger divide i tre volumi seguendo la cornice cronologica degli otto periodi della religione ebraica e della storia intellettuale. Ciò si traduce in un quadro di sviluppi dinamici che contraddicono ogni sforzo di pietrificare l'ebraismo nella sua antiquata versione rabbinica.
La prima è l'epoca dell'Israele Biblica (circa 1400-587 prima dell'era cristiana) fino alla distruzione del primo Tempio. Questo era il periodo dei patriarchi, dei giudici, dei re, dei profeti e dei sacerdoti. Il culto del Tempio, con i suoi sacrifici e la sua liturgia, era l'elemento centrale dell'espressione religiosa. La devozione individuale era indicata attraverso la pietà dei salmi. Il secondo periodo è il periodo persiano (507-332 prima dell'era cristiana) che terminò con la conquista della Terra d'Israele da parte di Alessandro Magno. Durante questo periodo furono scritti i grandi libri della Bibbia:  la Torah (i cinque libri di Mosè) e i Profeti. L'ebraismo si trasformò in una religione scritta e codificata. Il suo protagonista principale, secondo Grözinger, divenne non il sacerdote ma i saggi che potevano interpretare la Torah. Erano reclutati da tutte le classi sociali, tanto che l'ebraismo divenne una religione laica che officiava non in un tempio centrale ma in sinagoghe ampiamente sparse.
Il terzo periodo è quello dell'ellenizzazione e "europeizzazione" dell'ebraismo (dal 332 prima dell'era cristiana al 70) esposto alle influenze culturali del mediterraneo, siano esse greche, arabe o italiane, nel corso dell'antichità classica e dell'era medievale. L'Europa a nord delle Alpi ha lasciato il proprio segno sull'ebraismo solo in seguito. Grözinger pone sulla sua storia religiosa un nuovo e fresco accento mediterraneo e abbandona la tendenza centro-europea tradizionale che ha segnato il soggetto fino alla precedente generazione di studiosi. L'ellenizzazione della religione ebraica avvenne tramite l'adozione di generi letterari ellenici e l'utilizzo di concetti filosofici e modalità di pensiero ellenici. La resistenza dei Maccabei (intorno al 167 prima dell'era cristiana) contro tale assimilazione fu notevole ma non poté arrestarne lo sviluppo.
Il quarto periodo è quello dell'ebraismo rabbinico (dal 70 in poi) che enfatizzò l'osservanza della Torah e le preghiere quali sostituti dei sacrifici, dopo la totale scomparsa del Tempio e dei suoi culti. Grözinger non è chiaro nel delimitare questo periodo e così facendo implica che l'ebraismo rabbinico sia tuttora una forza impegnata a modellare l'ebraismo di oggi. Rabbini e saggi divennero l'elíte intellettuale che interpretò la Torah. La dispersione del popolo ebraico provocò un processo eclettico di codificazione di concetti religiosi nella Mishna e nel Talmud rappresentando tutte le correnti dell'ebraismo. Insieme a Neusner, Grözinger nega una particolare influenza dei Farisei in questo processo - convinzione errata sostenuta dai teologi cristiani fino a tempi recenti.
Il quinto periodo è chiamato ebraismo filosofico, il cui inizio è identificato con Saadia Gaon (882-942). Antichi concetti rabbinici furono messi in discussione dal razionalismo della filosofia greco-araba prevalente nella Baghdad degli Abbasidi e in seguito nella Cordoba degli Omayyadi e nel Cairo Fatimida. Questa apertura al razionalismo greco-arabo ha permesso ai concetti aristotelici e neoplatonici di permeare la teologia ebraica di nuove immagini di Dio, degli uomini e delle cosmologie. Questo approccio razionale è proseguito con i protagonisti dell'influenza aristotelica, Avraham Ibn Da'ud e Moses Maimonides. Tuttavia, la vera sorpresa è che Grözinger attribuisce eguale importanza alle influenze neoplatoniche all'interno del pensiero ebraico medievale. Tra i protagonisti affrontati da Grözinger figurano Isaac ben Salomon Yisraeli (855-955/6), Salomon Ibn Gevirol (circa 1021-1058), Shem Tov Ibn Josef Falaqera (circa 1225-ca. 1295). Alla fine Grözinger affronta Jehuda Abravanel (1460-1523) conosciuto in Italia come Leone Ebreo, con i suoi Dialoghi d'amore.
Contrariamente a Colette Sirat, Grözinger lo valuta non come un dialogo di filosofia profana ma come un trattato ebraico neoplatonico.
I primi cinque periodi vengono trattati nel primo volume di Grözinger. Il sesto periodo affronta la reazione al nuovo approccio razionalistico dell'ebraismo. È denominato ebraismo esoterico-mistico nel quale la Cabala e il Chassidismo (pietismo ebraico) poterono svilupparsi e prosperare.
L'intero secondo volume di Grözinger è dedicato al misticismo ebraico dai primi inizi della Cabala (prima del IX secolo) seguiti dal Sefer Jezira, attraverso Sefer Bahir e Sefer Zohar fino alla comparsa del Chassidismo nel XVIII secolo. La Cabala si può far risalire al 1150 quando un misto di elementi mitici gnostici e di filosofia medievale divenne teologia esoterica e misticismo. L'ampia trattazione di questo tema è giustificata dai commenti di Grözinger secondo il quale, oltre alla normale "osservanza e pietà", tutti i periodi attraversati dall'ebraismo sono stati testimoni della spinta verso il contatto diretto con la divinità. Grözinger cita qui, tra gli altri, la definizione di misticismo di Tommaso d'Aquino, cognitio dei experimentalis, che non è solo intesa come desiderio di unio mystica con Dio. Per Grözinger è egualmente importante includere sia l'esperienza ebraica raccolta nel tentativo di raggiungere la vicinanza divina, che le diverse espressioni che hanno articolato questa esperienza nei diversi periodi. Il giudizio di Grözinger sulla Cabala e sul Chassidismo è particolarmente valido e considerevolmente equilibrato tenendo conto del fatto che questi sono i suoi campi preferiti di studio. Questi argomenti suscitano molta attenzione da parte degli studiosi contemporanei.
Inoltre, nel trattare la Cabala egli pone il padre della ricerca moderna sulla Cabala, Gershom Sholem, come il "patrono del suo libro", per dirla con le parole di Thomas Mayer.
Sholem, che era radicato pienamente nella tradizione filologica tedesca compì uno sforzo enorme per razionalizzare il pensiero mistico nella Cabala; come già disse Amleto "c'è del metodo in questa follia". Gli allievi di Sholem, Josef Dan e Moshe Idel non rimasero sempre fedeli agli insegnamenti del loro maestro, ma esposero le molte facce del pensiero mistico a discapito di una Cabala troppo razionalizzata. L'impresa di Grözinger è stata di integrare entrambe le tendenze. Nel suo secondo volume egli ha illustrato un lavoro chiave molto lucido che sta già diventando il testo base per gli studiosi di misticismo ebraico. La svolta del Chassidismo ebbe inizio nell'Europa dell'Est dove vennero utilizzate nuove interpretazioni riguardo alla comunicazione con Dio, il credente e l'intermediario, lo Zaddik (il giusto). Il Chassidismo è un movimento religioso ancora attivo che ha qualche attinenza con l'ebraismo di oggi. Nel suo schema, Grözinger definisce il settimo periodo ebraismo della Haskala (illuminismo) attraverso il quale venne scossa l'unità tra il popolo e la religione intesa come marchio di identità dell'ebraismo. Non fu solo Moses Mendelssohn a dichiarare di essere un ebreo a casa e un cittadino fuori. L'ebraismo riformato e la neo ortodossia (Samson Rafael Hirsch) nel XIX secolo hanno cercato di plasmare l'ebraismo come una confessione e in questo modo permettere una piena assimilazione nella società gentile e nei suoi sentimenti nazionali. Nei cinque anni trascorsi tra l'apparizione del suo primo volume nel 2004 ed il terzo volume nel 2009, Grözinger ha cambiato opinione. Si è staccato dalla suddivisione convenzionale delle epoche che stabiliva il termine della storia ebraica medievale intorno al 1750 con l'illuminismo (così come addotto da Heinrich Graetz) o con la rivoluzione francese (come sosteneva Simon Dubnov). Egli, invece, ha fissato con il rinascimento (XVI secolo) l'inizio di un periodo sin qui meno visibile dell'era moderna per la storia intellettuale ebraica. A suo favore, porta a testimonianza il numero crescente di pensatori ebrei italiani che hanno preso parte alla rivoluzione scientifica ma che hanno anche espresso le proprie critiche riguardo alla religione e alla tradizione. Grözinger sceglie come protagonisti Asarja (Buonaiuto) dei Rossi (circa 1511-1578), Elija Delmedigo (1460-1497), Josef Salomo Delmedigo (1591-1655) e Leon Modena di Venezia (1571-1648). Questo movimento è culminato con Uriel da Costa e Baruch Spinosa. Grözinger riconduce proprio quest'ultimo al contesto ebraico nell'ambito della tradizione dei pensatori ebrei critici nei confronti della religione. In seguito alla Haskala, il XIX secolo si è dimostrato essere l'età del confessionalismo. I teologi ebrei hanno tentato di identificare l'ebraismo come la religione della Torah (Salomon Raphael Hirsch) come la religione dello spirito (Salomon Formstecher) la religione della scienza teologica (Abraham Geiger) e, infine, la religione della ragione (Hermann Cohen). Il terzo volume non poteva contenere l'ottavo periodo che tratta dell'ebraismo contemporaneo del XX secolo. In questo periodo la Haskala ebraica e l'assimilazione alla società gentile hanno fine. La Shoah e l'istituzione della sovranità ebraica nella Terra Promessa hanno riaperto nuove questioni riguardo all'identità ebraica e al confessionalismo. La ristabilita unità di popolo e di religione e la relazione alle sue diaspore sembra riflettere un sito in costruzione pronto a modellare nuove forme di ebraismo. Questo quarto volume è ora in fase di scrittura; come i precedenti sono stati una rivelazione, ci aspettiamo ora il compimento.



(©L'Osservatore Romano 19 agosto 2010)
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