Martha Argerich suona Prokofiev all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Niente divismo siamo musicisti



di MARCELLO FILOTEI

Quando qualcuno si avvicina a una tastiera in tenera età il sogno è quello di suonare un concerto per pianoforte e orchestra in una grande istituzione qualche decennio dopo. Si realizzerà per pochi. Quei pochi, però, avranno anche un altro momento di gloria: quello del bis. Finalmente soli davanti a un pubblico già conquistato da un'esibizione appena conclusa, una consacrazione annunciata.
Una della più grandi pianiste del mondo, Martha Argerich, rifiuta proprio questo rituale, e ne ha dato prova sabato scorso all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nel primo di tre concerti che la vedranno sul palco anche lunedì 28 febbraio alle 21 e martedì primo marzo alle 19.30.
Erano da poco risuonati gli accordi finali del Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra di Sergej Prokofiev, eseguito con un gusto raffinatissimo e una naturalezza che fa sembrare facili anche le cose molto difficili. Attraverso una conduzione delle parti eccezionale la pianista argentina era riuscita persino a rendere chiaro il disegno melodico del secondo movimento, quel tema con variazioni in cui il motivo principale spesso si perde in una scrittura quanto mai articolata. Insomma tutto da copione: una pianista eccezionale suona in modo eccezionale. Quasi tremila persone osannanti ritmavano l'applauso. Argerich poteva fare qualsiasi cosa, avesse eseguito come bis la scala di do maggiore nessuno avrebbe avuto niente da ridire.
Era il momento del tripudio. E proprio in quel momento, invece di prendersi tutto per sé il meritato plauso, la pianista mostra veramente la sua natura: niente divismo, siamo musicisti. Lo fa con un gesto semplice: invitando il direttore Yannick Nézet-Séguin a eseguire con lei a quattro mani un bis per un pubblico in delirio.
Tutto qui, un atto di generosità, ma soprattutto un messaggio: la musica non si fa per chi la suona ma per chi la ascolta. Idolatrare gli esecutori non serve a niente, serve invece riportare l'arte in primo piano. Il protagonista è l'opera e non chi la propone, anche quando lo fa ad altissimi livelli. Ogni esecutore è solo un medium, non può diventare il fine. Argerich si può permettere di sottolinearlo perché è una pianista dalle qualità tecniche ed espressive immense. Proprio per questo fa ancora più impressione notare che ha più cervello che tecnica.



(©L'Osservatore Romano 28 febbraio - 1 marzo 2011)
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